Rinnovabili, estero chiama Italia

Le Rinnovabili italiane vanno all’estero. Dopo il boom degli ultimi anni, che hanno visto pannelli solari, impianti eolici ed idroelettrici istallati in tutti i Comuni d’Italia, da qualche mese le imprese che operano in questo promettente settore della green-economy guardano con interesse crescente al mercato internazionale. La causa determinante del cambio di rotta è la modifica dell’attuale regime degli incentivi per le Rinnovabili, incentivi che, va detto con chiarezza, non sono stati eccessivi nel complesso, ma sono stati distribuiti in maniera irregolare nel tempo: troppi nella fase di avvio, con un rischio di riduzione eccessivo ora, ad investimenti già avviati. Il cosiddetto ‘spalma incentivi’, il correttivo del Governo sostenuto dal Ministro dello Sviluppo Economico Guidi che dovrebbe ridurre l’entità degli incentivi alle Rinnovabili e prolungarne la durata da 20 a 25 anni, è un intervento in corso d’opera che le imprese non stanno digerendo bene per forti timori su tagli ed effetti retroattivi.

A rischio c’è un importante risultato raggiunto: nel 2013 in Italia la quota di energia elettrica prodotta in modo ecosostenibile ha raggiunto il 32,9 per cento, pari a 15 per cento di tutta l’energia prodotta nel Paese. E ci sono le politiche degli Enti locali: tutti gli 8.054 Comuni italiani sono oggi dotati almeno di un impianto di energia rinnovabile e molti ne sono dipendenti in maniera importante. Lo stallo legislativo ha portato ad una condizione di inerzia nel settore che, dopo la spinta iniziale, ha finito per arrestarsi. Anche se va registrato che proprio ieri il Viceministro De Vincenti, in audizione sulla Green Economy presso le Commissioni riunite Ambiente e Attività Produttive della Camera, ha dato rassicurazioni al settore confermando che il Governo sta valutando non un taglio e tanto meno effetti retroattivi ma solo una rimodulazione nel tempo degli incentivi alle Energie Rinnovabili: un impegno commentato positivamente dallo stesso Presidente della Commissione Ambiente, Ermete Realacci.

Detto questo, le imprese italiane si stanno spostando sui mercati esteri anche per un fattore positivo: l’alta qualità delle tecnologie ed in particolare il loro contenuto innovativo dovuto alla ricerca, che fanno di questo settore una nuova e promettente branca del Made in Italy apprezzata e ricercata da imprese estere e governi, in particolar modo da quelli emergenti. E questo, nonostante l’alto livello della ricerca nei Paesi asiatici: grazie anche agli incentivi le imprese italiane investono infatti in ricerca tanto da mantenere la leadership tecnologica sull’eolico rispetto a quelle orientali E quanto al solare, quelle italiane sono nella media delle società occidentali che spendono in ricerca quasi il triplo, rispetto al fatturato, di quelle orientali. Ecco perché le Rinnovabili italiane sono ricercate dai Paesi esteri, raggiunti anche grazie alle iniziative dell’Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane (ICE). Quali? La Cina innanzitutto, che sta reagendo in tempo reale al vertiginoso aumento dell’inquinamento dovuta alla crescita esponenziale della propria economia ed è in poco tempo diventato il primo investitore al mondo in energie rinnovabili.  Nel solo 2013 sono stati installati in Cina 16.000 megawatt di eolico e 12.000 di fotovoltaico. E proprio ieri l’annuncio dell’Ad di Enel Francesco Starace della joint venture di Enel con State Grid of China.

Il Giappone, che da una parte sta rivedendo lo stop al nucleare successivo al disastro di Fukushima, ma dall’altro sta investendo massicciamente sul solare, e dove è in corso una importante missione delle imprese italiane riunite dall’Associazione Nazionale Energia Solare Termica (ANEST), guidate dal Presidente Gianluigi Angelantoni. Poi l’India, dove i costi di realizzazione degli impianti di produzione da rinnovabili sono particolarmente invitanti. Poi il Sudafrica, dove le imprese italiane hanno stretto alleanze con i maggiori player locali. Poi ancora il Brasile, dove ha iniziato l’iter la prima gara per il fotovoltaico. Il Cile, dove l’eolico costa meno delle energie tradizionali. Il Marocco ed i Paesi del Nordafrica. Il Messico, che pur essendo produttore di idrocarburi ha da poco varato un Piano energetico nazionale che dà spazio alle Rinnovabili. L’Iran, altro produttore di idrocarburi ora attento alle Rinnovabili, fortemente sismico e dalle grandi potenzialità per l’energia geotermica, dove il gruppo italiano K.R. Energy ha partecipato a febbraio alla 13/a edizione di “Enviro”, esposizione internazionale dedicata all’ economia verde come chiave per lo sviluppo sostenibile. Abu Dhabi, negli Emirati, dove a metà dicembre lo stesso Gruppo ha siglato una joint venture con Khalid Al Hamed Group LLC per sperimentare la trasformazione di energia da moto ondoso in energia elettrica.

Ma tutti i Paesi Arabi, stanno puntando a coprire il fabbisogno di energia interno con le rinnovabili per esportare il petrolio a caro prezzo, anziché venderlo sul mercato interno a due dollari a barile. Lo scorso marzo, una missione italiana in Arabia Saudita guidata dal Ministero degli Affari Esteri e da quello per lo Sviluppo Economico in collaborazione con ICE e Confindustria, ha fatto registrare qualcosa come  800 incontri d’affari fra 70 aziende italiane e 120 saudite. Poi Turchia, Russia ma anche i vicini Paesi balcanici, dove grazie ad un’iniziativa realizzata dal  Ministero dello Sviluppo economico in collaborazione con l’ICE, il Gestore Servizi Energetici (GSE) e la Federazione Nazionale Imprese Elettrotecniche ed Elettroniche (ANIE) le imprese italiane hanno da poco presentato le loro tecnologie in Croazia, Slovenia e Bosnia Erzegovina.

Insomma, il mondo apprezza l’energia italiana, soprattutto se Rinnovabile. Un vanto per il Paese. Ed un buon biglietto da visita anche per il Governo Renzi, a Bruxelles per partecipare al G7 dove al centro dei colloqui c’è l’incerta sicurezza dell’approvvigionamento di idrocarburi dalla Russia: uno scenario nel quale il potenziamento delle Rinnovabili nelle quali Italia ed Europa sono leader gioca un ruolo non marginale ma di primissimo piano.

©Futuro Europa®

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