Robot Journalism, quando è il software a scrivere articoli

E se a scrivere gli articoli fosse un software anziché un giornalista in carne e ossa? Non si tratta di un’ipotesi irrealistica visto che ci sono già le prime esperienze sul campo. Il nome del fenomeno che rischia di mandare in pensione i professionisti del settore è “Robot Journalism” o “Computer-generated reporting”, che senza troppi sforzi di comprensione significa appunto il giornalismo dei calcolatori, dei robot.

I più scettici potrebbero ribattere che difficilmente una macchina può rimpiazzare lo stile narrativo e la sensibilità che un giornalista imprime nei suoi articoli. Eppure un esperimento condotto qualche settimana fa da Christer Clerwall, professore associato e ricercatore dell’Università di Karlstad in Svezia, ha dimostrato l’esatto contrario. Il ricercatore ha suddiviso alcuni studenti universitari in due gruppi: al primo è stato fatto leggere un articolo scritto da un giornalista del Los Angeles Time, mentre al secondo quello realizzato da un software. I risultati dell’esperimento hanno messo in evidenza che la maggior parte del campione non era in grado di riconoscere quale dei due testi fosse stato scritto da un umano e quale, invece, generato da un computer. In particolare, dei 18 studenti che avevano letto l’articolo del giornalista, 10 si sono detti sicuri che fosse stato originato da una macchina, mentre tra i 27 cui era stato sottoposto il pezzo scritto dal robot, ben 10 ne hanno attribuito la paternità al reporter del Los Angeles Time.

L’interesse verso il Robot Journalism è forte anche oltreoceano. Nella Northwestern University dell’Illinois (USA) è stato avviato un progetto di ricerca chiamato “Narrative Science” volto ad esplorare le potenzialità di “Quill”, un programma in grado di elaborare una grossa mole di dati e di convertirla in un testo narrativo di senso compiuto, corretto dal punto di vista grammaticale e sintattico. La qualità degli scritti realizzati dal software è talmente alta che Forbes, autorevole periodico di economia e finanza, pubblica regolarmente articoli “firmati” dal software di Narrative Science. Oltre a Forbes, la lista dei partner con cui l’ateneo americano collabora comprende altri nome noti dell’editoria come il Business Insider, l’Huffington Post e la rivista Sports Illustrated. Sulla falsariga della Northwestern University, anche un giornalista del Los Angeles Time ha sviluppato insieme al programmatore Ken SchwenckeSee un software chiamato “Quakebot”, capace di registrare le scosse sismiche sopra un certo livello e inserire le informazioni così raccolte in un template pronto per la pubblicazione così da avere aggiornamenti in tempo reale su una data situazione di gravità come può essere quella di un terremoto.

I recenti sviluppi nel campo della robotica hanno fatto interrogare molti sul futuro della professione giornalistica. Perché se da un lato il Robot Journalism si ferma di fronte a certe tipologie di articolo come i reportage di guerra, le inchieste o banalmente le recensioni critiche, dall’altro presenta indubbi vantaggi come la possibilità di analizzare enormi quantità di dati – inclusi quelli provenienti dai social networks – andando a ritroso nel tempo e consentendo di elaborare una storia altamente informativa, ricca di dettagli. I software si occupano, inoltre, di tutte le fasi editoriali – dalla stesura degli articoli alla loro pubblicazione – e altro aspetto non trascurabile possono lavorare ininterrottamente, 24 ore su 24, ad un costo – e qui già stridono le associazioni sindacali – nettamente inferiore rispetto a quello di un giornalista.

©Futuro Europa®

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