
Cronache dai Palazzi
Palazzi chiusi e sguardo proiettato sull’incontro Trump-Putin in Alaska. L’accordo non c’è (ancora) e la pace non è alle porte. Tre ore di colloquio ma il cessate il fuoco in Ucraina sembra essere ancora lontano.
Terre rare, commercio internazionale, nucleare, Medio Oriente. Il planisfero trasformato in un Risiko. È la realpolitik che si materializza e la geopolitica globale che prende forma. Dopo tre anni di duro conflitto il mondo risulta comunque cambiato – oltre che aggravato da ulteriori conflitti in corso – e un accordo dovrà essere in qualche maniera definito, prima o poi. Il discorso ruota attorno ad almeno due binomi spinosi: resistenza-democrazia, globalizzazione-solidarietà. Una solidarietà non solo politica ed umanitaria ma anche economica e commerciale.
Dall’interno dello Studio Ovale, ai giornalisti americani il presidente americano ha anticipato che a questo primo incontro con Putin seguirà molto probabilmente un secondo incontro trilaterale con Volodymyr Zelesky al quale parteciperanno anche “alcuni dei leader europei, o forse no”. Nulla risulta essere definito, ne tantomeno chiaro anche per quanto riguarda i protagonisti di un’eventuale intesa.
L’accordo di pace è solo una proiezione, per adesso. La negoziazione necessaria è in corso e alla base vi è anche l’accordo sulle terre rare. Secondo il quotidiano britannico The Telegraph, gli Usa potrebbero proporre ai russi la possibilità di sfruttare i minerali in Ucraina e in Alaska, le cosiddette “terre rare”, in cambio della disponibilità a firmare un accordo di pace. Un dossier seguito dal segretario del Tesoro Scott Bessent. Donald Trump non ha negato tale presupposto ma ha anteposto la questione umanitaria alla questione economica e commerciale, celando le sorti di un eventuale accordo. “Le terre rare non sono una questione importante, stiamo cercando di salvare vite”, ha affermato Trump, sottolineando: “Lascerò che siano loro a negoziare, non negozierò io l’accordo”.
Un rapporto complesso quello tra Trump e Putin, fatto di luci e di ombre, fin dal primissimo incontro che i due leader ebbero nel corso del G20 di Amburgo nel 2017, un faccia a faccia senza collaboratori dal quale è scaturita un’intesa in ogni modo particolare che i due non hanno mai negato.
Nonostante non ci sia ancora un accordo Trump ha definito il vertice con Putin in Alaska “da 10 su 10”. “Voglio che la gente smetta di morire in Ucraina”, ha ribadito il tycoon sottolineando che Putin “ha parlato molto sinceramente del suo desiderio di mettere fine alla guerra in Ucraina”.
“Abbiamo fatto grandi progressi con Putin”, ha detto il presidente Usa a ridosso dell’incontro con lo zar, spiegando: “Abbiamo avuto un incontro estremamente produttivo e molti punti sono stati concordati. Ne mancano solo pochi. Alcuni non sono così significativi, uno è probabilmente il più significativo, ma abbiamo ottime possibilità di arrivarci”. Una situazione alquanto indefinita, in cui a dominare è la comunicazione impattante trasmessa dai due leader, la cui camminata sul tappetto rosso appena scesi dall’aereo ha praticamente raccontato tutto: passo deciso, busto eretto e torace in fuori; per Putin sguardo guardingo rivolto in avanti ma anche a destra e sinistra (come per guardarsi intorno), e a tratti in basso; per Trump sguardo rivolto in avanti e a brevi tratti verso il basso, saluto sull’attenti sostenuto per gran parte della camminata. Ed infine, stretta di mano di fronte alle telecamere con la mano di Putin sopra la mano di Trump come per dichiarare la volontà di guidare, in qualche modo, l’operazione “accordo”.
Ora sarà fondamentale che al tavolo delle trattative sieda anche Kiev. Lunedì Zelensky sarà a Washington. Il presidente ucraino chiede comunque il coinvolgimento dell’Europa nei negoziati di pace. La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, il presidente del Consiglio europeo Antonio Costa, il presidente della Francia Emmanuel Macron, il cancelliere della Germania Friedrich Merz, il primo ministro del Regno Unito Keir Starmer, il presidente della Finlandia Alexander Stubb, il primo ministro della Polonia Donald Tusk e la premier Giorgia Meloni hanno firmato una dichiarazione congiunta in cui viene ribadito che “la coalizione dei volenterosi è pronta a svolgere un ruolo attivo”. I leader Ue sottolineano inoltre che “non dovrebbero essere imposte limitazioni alle forze armate ucraine né alla loro cooperazione con Paesi terzi”. Per di più “è chiaro che l’Ucraina deve disporre di garanzie di sicurezza incondizionate per difendere efficacemente la propria sovranità e integrità territoriale”. In questo contesto “accogliamo con favore la dichiarazione del presidente Trump secondo cui gli Stati Uniti sono pronti a fornire garanzie di sicurezza”, affermano i leader Ue ribadendo che l’obiettivo è “raggiungere una pace giusta e duratura” e “il passo successivo deve ora essere un ulteriore dialogo con il Presidente Zelensky”.
“Finalmente si apre uno spiraglio per discutere di pace” afferma Giorgia Meloni, nonostante l’accordo sia ancora “complicato”. Il punto cruciale sono “le garanzie di sicurezza” ispirate all’articolo 5 della Nato. “L’Ucraina deve avere una pace giusta” ha dichiarato a sua volta il ministro degli Esteri Antonio Tajani ribadendo la necessità di garantire “sicurezza” all’Ucraina.
In definitiva l’immediato cessate il fuoco – sperato da Trump prima dell’incontro con Putin in Alaska – non si è concretizzato ma molto probabilmente inizia un percorso diverso del quale il presidente degli Stati Uniti sembra farsi garante ribadendo che l’effetto sanzioni ha dato i suoi frutti anche con la Russia. A proposito di sanzioni i leader europei a loro volta sottolineano: “Finché continueranno le uccisioni in Ucraina, saremo pronti a mantenere alta la pressione sulla Russia. Continueremo a rafforzare le sanzioni e le misure economiche più ampie per esercitare pressione sull’economia di guerra della Russia fino a quando non sarà raggiunta una pace giusta e duratura”.
Putin, invece, si aspetta che in un prossimo percorso per raggiungere un accordo (di pace) l’Europa non ostacoli i confini dell’intesa intavolata con Trump in Alaska, un’affermazione dello zar che tuona come una ammonizione, emersa in conferenza stampa a ridosso dell’incontro di Anchorage.
Dopo anni di contrasti e battibecchi con l’Europa, e con vari leader europei in particolare, la portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, ha sottolineato che per tre anni i media occidentali “hanno riferito che la Russia era isolata, e oggi hanno visto un tappeto rosso steso per accogliere il presidente russo negli Stati Uniti. Lo stesso tappeto rosso a causa del quale i cittadini e i media ucraini hanno definito “disgustoso e inutile” l’incontro tra Trump e Putin in Alaska.
“Spero in un incontro Putin-Zelensky”, ha dichiarato infine il presidente americano Trump nel corso di un’intervista straordinaria concessa ad una rete americana, convinto che “il modo migliore per porre fine alla terribile guerra tra Russia e Ucraina è giungere direttamente a un accordo di pace e non un semplice cessate il fuoco” che rischierebbe di non reggere, rendendo l’obiettivo di “una pace giusta e duratura” sempre più lontano.
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