Vittime e carnefici

«La storia delle baby squillo romane è davvero lo specchio dei tempi; tempi degenerati, promiscui, privi di valori. A me queste ragazzine non fanno pena, non le ritengo vittime ma carnefici. Sono state vittime per un periodo brevissimo della loro esistenza. Quando, poco più che bambine, chiedevano alle loro famiglie attenzione e affetto; quando dalla madre volevano ascoltare favole invece di sermoni sui soldi e sulla necessità di una vita migliore. Ci deve esser stato un punto del non ritorno: quando dall’orsacchiotto le bambine sono passate allo Smartphone, magari usato, magari della sorella maggiore.

Ecco, lì, in certi casi avrebbero potuto ancora essere recuperate; si sarebbe potuto insegnare loro la differenza tra lavoro onesto e soldi facili, tra diritti e doveri, tra apparire ed essere. Ma in quel caso specifico non c’è stato. La madre era intenta a inseguire una sua collocazione sociale, per nulla consapevole dell’impegno che si era presa nel momento del concepimento.

E quindi queste ragazze sono state , almeno per un po’, vittime. Ma poi hanno capito, con lo sbocciare delle loro forme, quanto si poteva ottenere con qualcosa in fondo normale: il sesso ormai è sdoganato, basta non rimanere incinta. Lo fanno tutti, ne parlano tutti. E non c’era nessuno vicino a loro per raccontare i veri significati di quell’atto, le sfaccettature di un’unione così intima, le conseguenze di un vero rapporto.

E non c’era nessuno a dir loro che avevano il diritto di pretendere di più, magari una vita normale, un fidanzato normale, litigi e bisticci di tutte le storie d’amore. Ma forse ci hanno ragionato per qualche secondo, il tempo di una sigaretta e hanno visto alla tv la pubblicità del nuovo tablet e avranno pensato “lo voglio”. E allora, perché no? Quando mai troverebbero un lavoro che permettesse loro di guadagnare così tanto?

Ora le pagine dei giornali si riempiono dei nomi dei clienti. Gente insospettabile, dicono. Come mai sono sempre gli insospettabili a essere sospettati? Forse andrebbe cambiato il parametro. Questa gente mi è indifferente; quelle baby squillo non sono bambine, sono mostri con la pelle liscia e le tettine acerbe; sono perverse e malate, ingranaggi del sistema del tutto subito, dell’apparire, dell’ottenere.

E quindi le mogli di questi uomini insospettabili, assidui clienti, possono solo farsi una domanda: “come mai non me ne ero accorta? Eppure sembravamo felici”. Forse anche questo parametro, quello della felicità coniugale, andrebbe rivisto.»

©Futuro Europa®

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