Mario Deaglio: scenari economici in Italia ed Europa

Professore Emerito di Economia internazionale all’Università di Torino. Ha iniziato la sua attività di giornalista economico – parallela alla sua attività universitaria – lavorando a “The Economist” a Londra. Successivamente ha iniziato una collaborazione come editorialista con “La Stampa” che dura tuttora, tranne il periodo 1981-83 in cui diresse “Il Sole 24 Ore”. Stiamo parlando di Mario Deaglio, le cui ricerche hanno inizialmente riguardato la distribuzione dei redditi, il capitalismo moderno e la globalizzazione. Al di là dei suoi articoli più propriamente scientifici, si segnalano: La nuova borghesia e la sfida del capitalismo, 1991; Liberista? Liberale. Un progetto per l’Italia del Duemila, 1996; Postglobal, 2004. Dal 1996 al 2021 ha curato – e largamente scritto – l’annuale Rapporto sull’economia globale e l’Italia per il Centro di Ricerca e Documentazione Luigi Einaudi, pubblicati dall’Editore Guerini. Sempre per il Centro Einaudi nel 2022 e 2023 ha iniziato una nuova serie di Rapporti sull’Economia Post globale, il terzo dei quali sarà presentato al Festival dell’Economia di Torino (30 maggio – 2 giugno 2024). Lo abbiamo intervistato su globalizzazione e scenari economici per l’Italia e l’Europa.

Prof. Deaglio, i suoi rapporti annuali sull’economia globale e l’Italia sono diventati un appuntamento fisso nell’analisi economica italiana, partendo anche dal suo libro più recente, Il mondo post globale, parliamo proprio di globalizzazione. Siamo in anni in cui tutto cambia velocemente gli scenari prendono continuamente nuovi aspetti, ma parliamo delle elezioni americane, Trump, dopo la vittoria al super Tuesday, sarà il candidato repubblicano, con tutte le note problematiche che il suo approccio comporta. Dall’altra parte abbiamo un Biden, che appare debole e incerto. Valutando che stiamo parlando di quello che sarà l’uomo più potente del mondo, a quali rischi si va incontro secondo lei?

Possiamo aspettarci molta confusione, il vecchio sistema è sostanzialmente tramontato, avevamo un insieme di partiti strutturati che poggiavano su aree ben precise della società civile. Ad esempio, il partito dei lavoratori si riconosceva con precisione in una organizzata presenza sul territorio; un partito di operatori economici si distingueva per altre caratteristiche, ma sempre ben riconoscibili. Tutto questo oggi si è frantumato, in luogo dei partiti abbiamo dei movimenti, privi di un’organizzazione rigida, che si possono facilmente dissolvere, che si fondano soprattutto su emozioni. In sintesi, i sondaggi, che oramai arrivano a getto continuo, servono sostanzialmente a poco, gli unici utili sono quelli svolti due mesi prima delle elezioni. Quelli che vengono effettuati quasi giornalmente indicano, come dicono gli americani, un “sentiment”, ma non una previsione precisa e affidabile di come andranno le votazioni.

Trovo singolare, e anche preoccupante, che rispetto alle elezioni americane si stia parlando di figure ottuagenarie; possibile che non riesca a emergere un candidato più giovane? Evitando i problemi di demenza senile oltre che portando idee nuove.

Non si vede una figura nuova: prima delle convenzioni definitive in cui si ufficializzano i candidati, non mi stupirei se i democratici puntassero su un vicepresidente noto e gradito in grado di sostituire Biden nel caso di un aggravamento del suo stato di salute. Molti negli Stati Uniti, ritengono che Obama, dopo avere fatto il presidente, potrebbe fare il vicepresidente, i tempi sono ancora lunghi, vedremo.

Le catene di approvvigionamento globali continuano ad avere problemi di vulnerabilità, Panama e la siccità, gli Houthi che attaccano navi dirette al canale di Suez e adesso, almeno pare, tranciano i cavi sottomarini delle comunicazioni internet, la rotta artica sotto il controllo della Russia, pirati in Estremo Oriente. La pandemia non ha insegnato nulla? Siamo di fronte alla fine del Toyota mode con il just-in-time?

La vulnerabilità è molto forte. Abbiamo il problema del canale di Panama a causa della siccità in America centrale, al momento le navi che possono usufruire del passaggio nel canale sono un terzo del traffico normale. Per quanto riguarda i cavi sottomarini mi stupisco che finora non ci avesse pensato nessuno, sono connessioni digitali molto importanti che collegano l’Europa e l’America all’Asia. I segni di cedimento del Toyota mode sono evidenti, bisognerà ripensare l’utilizzo degli spazi, con il just-in-time il magazzino poteva anche non esserci, la componentistica veniva utilizzata subito. In un mondo in cui l’approvvigionamento diventa incerto, tutto il sistema deve essere rivisto.

Ci potrebbe essere un rilancio del trasporto ferroviario, l’idea alla base della Nuova Via della Seta, ovviamente non solo in mano cinese?

Non saprei dirlo, anche una linea ferroviaria può essere sabotata, non esiste una soluzione unica. L’Unione Europea ha cominciato a definire delle soluzioni che prevedono una quota di componenti e materiali base che devono provenire dall’interno della stessa Unione Europea. I prodotti non potranno essere importati nel mercato unico europeo se non rispetteranno tutte le normative di sostenibilità ambientali previste.

Fra tutti i conflitti di questi anni, la guerra Russia-Ucraina occupa il primo posto, le sanzioni alla Russia si sono rivelate finora alquanto inefficaci, hanno aderito Europa e Stati Uniti, ma tantissimi altri paesi no. Siamo in presenza di un mondo diviso che non trova una linea comune di fronte ad accadimenti globali?

Viviamo la teoria della contrapposizione tra il sud del mondo e il nord, i Bric sono diventati i Brics con l’aggiunta del Sud-Africa, e si stanno aggiungendo molti altri paesi. Non stiamo parlando di una guerra, ma di una dialettica in cui il sud intende pesare di più; è un mondo dove sono presenti spaccature sociali, strategiche, economiche.

Per concludere il discorso sul mondo globale, non pensa che gli stati abbiano lasciato crescere troppo queste grandi conglomerate, le FAANG, aziende come Meta, Ape, Alphabet, Amazon, Netflix, che hanno bilanci pari a quelli di stati nazionali, e un potere mediatico ed economico eccessivo? Non sarebbe bene un ribilanciamento?

Se parliamo delle Big Tech è sicuramente vero, ma è altrettanto vero che i governi hanno iniziato a prendere posizione, proprio in questi giorni la Commissione Europea ha inflitto una multa di 1,8mld ad Apple per abuso di posizione dominante. Una situazione analoga si verificò negli Stati Uniti con le sette sorelle che dominavano il mercato del petrolio negli anni ’20: venne introdotto l’obbligo di non superare certi limiti di grandezza con lo smembramento di alcune realtà divenute eccessivamente potenti. Io penso che su questa strada si proseguirà, magari in maniera meno veloce di allora.

Venendo allo scenario europeo, è un anno fondamentale viste le imminenti elezioni europee, avremo un parlamento più orientato a destra come prevedono i sondaggi? Il green deal previsto, sacrosanto nel fine, ma con tempi e modi che stanno impattando pesantemente nel tessuto industriale e sociale, sta spingendo i cittadini europei a votare partiti critici su questo tema? Un green deal che sta già perdendo pezzi importanti sulla spinta delle proteste di piccoli gruppi, ma molto coesi e ‘rumorosi’.

Io non faccio previsioni elettorali, dobbiamo capire se continua l’andamento seguito finora con un’Europa attenta al rispetto delle regole, alle norme sullo sforamento del deficit, proseguendo in una politica più burocratica e amministrativa che innovativa. Oppure, se si farà un deciso salto in avanti, con l’introduzione di politiche europee comuni effettivamente condivise, come è stato fatto con la sanità, ugualmente per si comincia a fare con la difesa e la politica estera, ad esempio, e non solo con accordi tra stati.

Sul tema sempre in prima pagina dei tassi, l’ultimo dato segna l’inflazione core al 3,2%, ritiene che questo basterà alla BCE per iniziare il calo dei tassi?

Bella domanda! L’inflazione core sta scendendo da sola, ma il virus è sempre presente, sopra il 2% la malattia permane, si tratta di una forma di virus che riappare sempre con nuove varianti, ma sostanzialmente infetta tutti i settori economici. Da questo punto di vista che il 3% piuttosto che il 4% non cambia lo scenario; abbiamo il problema del rinnovo del debito pubblico, che non scade tutto contemporaneamente. La durata media dei titoli a debito è settennale, quindi ogni anno viene rinnovato all’incirca un settimo del debito pubblico: un calo dei tassi non ha un effetto immediato, se non viene offerto un tasso adeguato il mercato non si presterà al rinnovo del debito statale. Il calo dell’inflazione “core” ossia escludendo i prezzi volatili di energia e generi alimentari, non comporta un ribasso automatico dei tassi, vi sono numerose variabili da considerare nel quadro generale economico.

Abbiamo parlato di politiche europee rispetto una difesa comune, come altri progetti da finanziare, l’idea è di ricorrere all’emissione di nuovo debito, ma il mercato riuscirà ad assorbire una nuova ondata di titoli?

Se i tassi restassero allettanti si dovrebbe riuscire, se la BCE venisse autorizzata, pur con dei limiti, ad assorbire almeno una parte dei nuovi titoli emessi tramite l’emissione di moneta il problema si presenterebbe molto attenuato. Chiaramente questo comporterebbe l’aumento dell’inflazione, è sempre necessario contemperare con attenzione le varie istanze che si propongono.

Arriviamo al nostro Paese, la politica economica dell’Italia vede al centro il PNRR, con molte polemiche e visioni diverse a seconda della posizione dei diversi economisti, lei cosa ne pensa?

Il PNRR prevede all’incirca 200 miliardi finanziati dall’UE per realizzare una vasta serie di progetti. Il PNRR riguarda anche l’alta tecnologia, come le reti internet, dove si sta procedendo bene; spesso si fanno titoli in prima pagina su quello che non funziona, ma c’è una componente molto valida. Se dovessi fare il punto sul PNRR, direi avremo un 20-30% di progetti che non rispetteranno i termini, ma penso che ci concederanno le proroghe necessarie senza particolari problemi.

Si parla molto di concorrenza e privatizzazioni, ma l’impressione è che questo governo sia molto sensibile alle pressioni di piccoli gruppi di soggetti economici, ma molto coesi e potenti nel fare sentire le proprie ragioni, come tassisti, balneari, frange di agricoltori. Tutto questo, alla fine, va a discapito dei cittadini.

Ho visto proprio ieri un servizio sui taxi a Milano in cui si riportava che il 40% delle chiamate resta inevaso, perché questi tassisti hanno comprato la licenza a valori di circa 160.000 euro e non accettano volentieri che altri entrino a far loro concorrenza. Bisognerà trovare una soluzione, che certamente appare molto complicata. Per le altre categorie che lei nomina, non vedo una ricetta unica, bisognerà studiare le problematiche una per una con molta attenzione. È consolante che l’Italia sta reggendo piuttosto bene la situazione, è come una nave che imbarca acqua, ha la stiva appesantiva, ma continua a navigare.

È la teoria del calabrone di cui lei parla nel suo libro.

Esatto, il calabrone vola impacciato, in maniera strana e imprevedibile, ma continua a volare.

In un recente convegno di Prometeia, parlando del pil, si faceva notare come il calo demografico stia già incidendo, molto prima del previsto, su questo versante.

Certamente, la soluzione consiste almeno parzialmente nel dare rapidamente la cittadinanza a chi studia e lavora qui in maniera stabile. L’agricoltura si sta già lamentando fortemente per la mancanza di addetti. Vedo nelle nostre scuole bianchi e neri che giocano assieme senza problemi, poi vediamo una politica che dice “no tu no”: se fai pesare il colore della pelle a una persona giovane, a un adolescente che è sempre andato in scuole italiane e che non ha mai pensato di non essere italiano, questo è un problema reale. Serve una soluzione inclusiva per risolvere il problema definitivamente.

Per concludere, da economista, quale soluzione introdurrebbe nel tessuto produttivo italiano?

Io partirei da una visione di lungo termine (10-20 anni), con due strutture portanti: la prima dovrebbe essere una filiera di agricoltura con prodotti nuovi collegata da un lato al turismo e dall’altro alla ricerca. La seconda puntando su una cinquantina di settori, a volte piccoli, ma con eccellenze a livello mondiale, soprattutto nel comparto dell’industria meccanica ad elevata tecnologia macchine utensili. Tutto questo si dovrebbe appoggiare su una scuola efficiente e un sistema meritocratico, individuando tutte le figure tecniche necessarie. Purtroppo, tutto questo sarà difficile da realizzare perché c’è sempre un’elezione imminente e non si riesce ad avere uno “sguardo lungo”.

©Futuro Europa® Riproduzione autorizzata citando la fonte. Le immagini utilizzate sono tratte da Internet e valutate di pubblico dominio: per segnalarne l’eventuale uso improprio scrivere alla Redazione

Print Friendly, PDF & Email
Condividi

Sii il primo a commentare su "Mario Deaglio: scenari economici in Italia ed Europa"

Lascia un commento

Il tuo indirizzo mail non sarà pubblicato


*