Cronache dai Palazzi

Speso solo il 23% delle risorse per il Pnrr quindi occorre “accelerare”. Se la programmazione per il Piano nazionale di ripresa e resilienza risulta essere a questo punto occorrerà in effetti triplicare il ritmo della spesa e soprattutto della progettazione, affinché il nostro Paese riesca ad ottenere interamente i 194,4 miliardi disponibili. La relazione di attuazione del Pnrr presentata dal ministro degli Affari europei Raffaele Fitto rende noto che le varie amministrazioni hanno messo nero su bianco 45,6 miliardi di euro, contabilizzati dalla Ragioneria di Stato, e che corrispondono per l’appunto al 23% del totale, una percentuale che scende al 22% se si considera la rimodulazione del Piano tra spese in uscita e spese che devono essere ancora sostenute.

In pratica le amministrazioni hanno ancora due anni e mezzo, fino a metà del 2026, per spendere i restanti miliardi, con una media di sessanta miliardi all’anno. Si tratta di una sfida per il nostro Paese che da sempre fatica a mettere a terra dei progetti per poter spendere tutte le risorse dei fondi europei messi a disposizione, anche a causa di una evidente carenza di professionisti come geometri e ingegneri.

Molte delle risorse sotto forma di crediti d’imposta sono state assorbite dal Superbonus immobiliare e dalla Transizione 5.0 per gli investimenti delle imprese. Nel 2023 tali voci hanno rappresentato ben il 59% del totale speso ma ora tali voci di spesa dovranno necessariamente cambiare anche se per ora non è noto, nel dettaglio, quanto è stato assegnato o bandito nei diversi settori. Gli obiettivi del nuovo Piano di ripresa e resilienza sono sette: competitività; digitalizzazione e transizione ecologica; mobilità sostenibile; istruzione e ricerca; inclusione e coesione sociale; salute; sicurezza ed efficienza energetica. Occorrerà tenere sotto controllo la gestione dei conti cercando di evitare ritardi nella rendicontazione, in quanto “il dato potrebbe risultare in certi casi incompleto se le amministrazioni non registrano le singole operazioni”, ha sottolineato il ministro Fitto.

Leggendo i dati della Presidenza del Consiglio, in testa alla rendicontazione vi è il ministero delle Imprese e del Made in Italy con il 70 per cento della spesa rendicontata al 31 dicembre 2023; al secondo posto la presidenza del Consiglio dei ministri – Politiche giovanili con il 49,80 per cento delle risorse dedicate al Pnrr nel periodo di programmazione 2020-2026. Seguono il ministero degli Esteri (49%); il ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica (40,40%). Percentuali di rendicontazione più basse per il ministero dell’Economia e delle Finanze (30,30%) e il ministero della Giustizia (25%). Ben al di sotto della soglia del 20 per cento vi sono inoltre il ministro dell’Istruzione e del Merito (16,90%); il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (15,30%); il ministero dell’Università e della Ricerca (11,80%). Al di sotto del 10 per cento le risorse rendicontate per la Trasformazione Digitale (9,60%) e la Funzione pubblica (8,90%). Addirittura al di sotto del 5 per cento la rendicontazione a carico del ministero della Salute (3,70%) e del ministero della Cultura (3,40%). Appena lo 0,80% per quanto riguarda il tasso di spesa rendicontato dal ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.

Sul fronte delle riforme la maggioranza continua a portare avanti la riforma costituzionale che introdurrebbe l’elezione diretta del presidente del Consiglio, da finalizzare possibilmente prima delle Europee di giugno. Agli oppositori la premier Meloni risponde: “Ma quale rischio deriva autoritaria, il premierato è una grandissima occasione, un’occasione storica: diranno che è un referendum sul governo ma non è un voto su di me, è un voto su quello che succede dopo”. Il disegno di legge, il cui iter di approvazione è in corso, potrebbe nello specifico prevedere il tetto di due mandati ma non definirà una soglia per assicurarsi il premio di maggioranza che dovrebbe invece essere definito dalla prossima legge elettorale.

Ancor più scottante la questione della sicurezza sul lavoro, argomento tornato in auge a causa della strage di Firenze. In generale oltre il 76% di irregolari rilevati nei cantieri, percentuale che raggiunge addirittura l’85,2% quando si tratta di aziende che svolgono lavori legati al Superbonus. In questo contesto il governo ha annunciato un nuovo pacchetto per potenziare la salute e la sicurezza sui luoghi di lavoro, rendere più concreta la sicurezza nei cantieri, ma anche regole più ferree per quanto riguarda appalti e subappalti con un aumento dei controlli (+40%), sanzioni più rigide per contrastare il lavoro nero e le imprese non in regola per le quali si prevede la sospensione e la decadenza dai benefici fiscali e contributivi.

Per mettere in atto controlli più efficaci la ministra del Lavoro Calderone ha per l’appunto annunciato il potenziamento delle unità per verificare appalti e subappalti, e anche un maggiore coordinamento delle Procure per quanto riguarda le attività di indagine. Escluso però l’omicidio sul lavoro. “Sono abbastanza contrario alla sua introduzione”, ha dichiarato il ministro Nordio, aggiungendo: “Abbiamo l’esperienza dell’omicidio stradale che ha aumentato a dismisura la pena, gli incidenti però non sono diminuiti ma aumentati”. Contrari i sindacati, soprattutto dopo la morte dei 5 operai a Firenze. “Avete approvato l’omicidio nautico e non riuscite a parlare di quello sul lavoro?”, afferma infatti il segretario della Uil Pierpaolo Bombardieri. A proposito di subappalto il segretario della Cgil Maurizio Landini attacca: “È una bugia dire che il subappalto a cascata ce lo chiede l’Europa lo ha reintrodotto questo governo”.

A proposito di norme tra pubblico e privato la premier Meloni ha dichiarato di essere favorevole all’estensione delle suddette norme sugli appalti pubblici al settore privato: “Sono d’accordo ma sopra una determinata soglia, sennò si crea una situazione insostenibile”, afferma Meloni. Prospettiva condivisa dal segretario della Cisl Luigi Sbarra che, considerando l’apertura del governo, chiede “subito misure e provvedimenti finalizzati a centrare l’obiettivo”.

Le organizzazioni sindacali sono state convocate a Palazzo Chigi il 26 febbraio, insieme alle imprese, proprio per discutere di sicurezza sul lavoro. Secondo l’Inail sarebbero oltre 585 mila (per l’esattezza 585.356) le denunce di infortuni sul lavoro (-16,1% rispetto al 2022) di cui 1.041 mortali.

L’esecutivo nel contempo ha varato nuove norme per il Fisco tagliando alcune sanzioni. Il viceministro dell’Economia Maurizio Leo parla di “rivoluzione fiscale del governo, mirata a costruire un sistema più equo e giusto”, mentre per le opposizioni non è altro che “l’ennesimo condono”. Si tratta di un decreto legislativo che “provvede alla complessiva revisione del sistema sanzionatorio tributario”, spiega Leo, con l’obiettivo di “venire incontro ai contribuenti onesti” e comunque senza “abbassare la guardia nei confronti di coloro che fanno i furbi”. Si prevedono quindi sanzioni più leggere per chi è rimasto indietro con il pagamento delle tasse o per coloro che oggettivamente non possono pagare per cause di forza maggiore non imputabili al contribuente come ad esempio crisi di liquidità, oppure mancato pagamento di crediti certi, liquidi e inesigibili da parte della Pa. È previsto inoltre un meccanismo di sospensione o di compensazione nel caso in cui il contribuente abbia un credito con l’amministrazione finanziaria o con la Pubblica amministrazione. Le sanzioni amministrative subiranno nello specifico una riduzione “da un quinto a un terzo – spiega il viceministro – avvicinandole ai parametri europei e introducendo un principio di maggiore proporzionalità”. La punibilità è inoltre esclusa nel caso in cui “sussistono condizioni di obiettiva incertezza” e il contribuente provvede a presentare una dichiarazione integrativa e un versamento entro 60 giorni. Non sarebbero invece punibili gli omessi versamenti delle ritenute dell’Iva nel caso in cui il debito venga rateizzato ma il contribuente deve essere in regola con i pagamenti. Resta invece punibile con la reclusione da 6 mesi a 2 anni chi non versa entro il 31 dicembre dell’anno successivo le ritenute per oltre 150 mila euro ad anno d’imposta, o 250 mila in caso di Iva.

In definitiva, il clima politico e sociale appare alquanto surriscaldato a causa di varie questioni, sia sul piano nazionale sia per le influenze dovute ad eventi internazionali come ad esempio i conflitti in corso che provocano manifestazioni a volte molto violente. Si manifesta riversando sulla piazza un esasperato malessere sociale.

In questo contesto è forte, e come sempre puntuale ed opportuno, il monito del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Il Capo dello Stato ha ribadito la necessità di abbassare i toni in quanto, in sostanza, la violenza genera solamente altra violenza e la violenza non è mai produttiva; anche in campagna elettorale dove l’atmosfera risulta essere incandescente a proposito delle Regionali ormai alle porte e, in seguito, le Europee di giugno. La competizione elettorale perde in effetti il proprio valore se assume dei toni esasperati, litigiosi, e se la contrapposizione risulta essere improduttiva invece che essere sana dialettica politica.

“Si assiste a una intollerabile serie di manifestazioni di violenza: insulti, volgarità di linguaggio, interventi privi di contenuto ma colmi di aggressività verbale, perfino effigi bruciate o vilipese, più volte della stessa Presidente del Consiglio, alla quale va espressa piena solidarietà”, ha ammonito il Capo dello Stato.

Invece che sul piano dell’aggressività e della violenza la democrazia si dovrebbe discutere sul piano delle idee e delle proposte e, soprattutto, all’insegna della civiltà, uno stato di equilibrio fondato sul rispetto reciproco e delle istituzioni. Certi atti, anche all’interno della stessa classe politica, deturpano “la dignità” e la rispettabilità della politica che, prima di tutto, vuol dire prestare ‘servizio’ in funzione del ‘bene comune’.

“Il confronto politico, la contrapposizione delle idee e delle proposte, la competizione, anche elettorale – ha sottolineato il Presidente della Repubblica – ne risultano mortificate e distorte. Ne viene travolta la dignità della politica che scompare, soppiantata da manifestazioni che ne rappresentano la negazione. Mi auguro che la politica riaffermi sempre e al più presto la sua autenticità, nelle sue forme migliori”, ha auspicato il Capo dello Stato.

Il messaggio del presidente Mattarella risuona forte e chiaro e, di certo, si estende oltre le piazze per abbracciare per l’appunto l’intero sistema politico e sociale, alla luce di una campagna elettorale che si preannuncia esasperata nonché importantissima per il futuro non solo dell’Italia ma della stessa Europa. Un’Italia concentrata sul mero conteggio delle percentuali nazionali dei singoli partiti invece che guardare oltre, abbracciando le dinamiche europee di più ampio respiro.

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