Lorena Stella Martini (ECCO): il “Piano Mattei”

Lavora come Analista Politica Estera in ECCO, il think tank italiano, indipendente e senza fini di lucro dedicato alla transizione energetica e al cambiamento climatico con una vocazione nazionale, europea e globale. La sua missione è quella di accelerare l’azione climatica in Italia e nel mondo. Il nome italiano “ECCO” contiene in sé le iniziali dei suoi temi principali, l’energia, il cambiamento climatico, e allo stesso tempo richiama l’attenzione sull’urgenza e l’importanza di innovare e agire per il clima. La dott.ssa Lorena Stella Martini, prima di entrare in ECCO a ottobre 2023, ha lavorato per tre anni presso lo European Council in Foreign Relations (ECFR), dove ha supportato e coordinato le attività dell’ufficio di Roma in ambito di ricerca, advocacy e comunicazione, ha collaborato a più riprese con l’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) e ha maturato esperienza professionale presso ONG. Negli ultimi anni, Lorena ha inoltre firmato diverse pubblicazioni in ambito di politica internazionale, con un focus sull’area MENA e un crescente interesse al legame tra geopolitica e politica estera da un lato, e transizione, sicurezza energetica e cambiamento climatico dall’altro. Ha conseguito una Doppia Laurea Magistrale in Scienze Internazionali e Analyse Comparée des Sociétés Méditerranées presso l’Università di Torino e l’Université Polytechnique Mohammed 6 – UMP6 (Marocco), un Master in Middle Eastern Studies presso l’Alta Scuola di Economia e Relazioni Internazionali (ASERI) e una Laurea Triennale in Scienze Linguistiche per le Relazioni Internazionali presso l’Università Cattolica di Milano. L’abbiamo intervistata sul “nuovo” Piano Mattei.

Buongiorno dott.ssa Martini, del Piano Mattei se ne parla tanto sui media, ma se dovesse dire di cosa si tratta al cittadino medio della strada, che definizione userebbe?

Il Piano Mattei è la rinnovata strategia del governo Meloni indirizzata al continente africano. È stato presentato per la prima volta in occasione dell’insediamento del governo Meloni, quindi parliamo di ottobre 2022, sono seguite varie menzioni nel corso del 2023 con vari adeguamenti. L’obiettivo è rivolto a creare prosperità e dare stabilità al continente africano al fine poi di agire sulle cause che sottendono l’immigrazione dall’Africa verso l’Europa. Come dice il nome, il Piano prende il nome da Enrico Mattei, fondatore di ENI, questo porta a pensare che l’approvvigionamento delle fonti energetiche sia tra i pilastri del piano. L’approccio dovrebbe essere di stampo diverso dal passato non predatorio, che apra una nuova pagina nei rapporti tra l’Italia e i paesi del continente africano. In questi mesi si è parlato molto di cosa contenesse in concreto questo piano Mattei, che poi avrebbe dovuto essere svelato nei suoi contorni dalla premier nel corso del summit Italia-Africa. Quello che sappiamo oggi del Piano Mattei è che si tratta di una piattaforma aperta di cooperazione tra l’Italia e i paesi africani che al momento si concretizza in progetti pilota che si dovrebbero espandere successivamente. I pilastri del piano sono cinque: acqua, energia, agricoltura, salute, istruzione.

Nei progetti dei politici, questo non mi pare ne sia esente, ci sono sempre tante cose dentro volte a raccogliere consenso elettorale per la propria parte. Ad esempio, nel Piano Mattei si va dall’hub a “la prevenzione e il contrasto dell’immigrazione irregolare e la gestione dei flussi migratori legali”, è peccato pensare che ci sia un fondo dello storico “aiutiamoli a casa loro” che poi si trasforma in un muro per respingimenti? Ovviamente evitare che qualcuno debba essere sradicato da casa propria per fame o povertà sarebbe perfetto.

Sicuramente a livello semplificativo la narrativa è quella, ovvero “aiutiamoli a casa loro in modo che non abbiano la necessità di dovere migrare”, ma abbiano un environment nel proprio paese che gli consente di rimanere a vivere nel proprio territorio. Quello che non si dice mai abbastanza chiaramente è che in questa ottica si deve parlare necessariamente di progetti a lungo termine, in quanto nel breve e nel medio termine è più probabile che l’aumento dello sviluppo economico porti a un aumento, e non a una riduzione, del tasso migratorio. La questione dell’hub energetico esiste certamente come ormai consolidata ambizione di porre l’Italia al centro della politica mediterranea tra Europa e Africa. Questo va a coincidere con la retorica del gas, considerando anche le dichiarazioni dell’AD di ENI in più, di De Scalzi, che portano a ritenere che ci sarà una forte componente riguardante l’approvvigionamento da fonti fossili. Sappiamo bene che il discorso delle fonti fossili è stato supportato in maniera molto decisa dopo lo scoppio del conflitto Russia-Ucraina, basandosi sull’argomento della sicurezza delle forniture. È un discorso che oggi non regge più, gli accordi stipulati garantiscono già questa sicurezza, ma d’altra parte questi partenariati energetici sono motivati dalla volontà di portare sviluppo nei paesi africani. Si è però visto nei casi del Mozambico e della Repubblica del Congo, che uno sviluppo che si basi sulle fonti fossili non porta a quella crescita economica di cui i paesi africani hanno veramente bisogno in un’ottica di lungo periodo e che corrisponda agli obiettivi di politica estera italiana di cui parlavo precedentemente.

Sempre riguardo questa funzione di hub energetico, ho letto la sua dichiarazione rispetto le conclusioni del summit, in cui critica che non siano indicate le quote percentuali fossili-rinnovabili, anche qui abbiamo un punto indeterminato.

Durante il summit non è stata fatta menzione del gas, ma nel documento pubblicato sul sito del governo in cui si spiegano i cinque pilastri si parla di fonti fossili, e questo è supportato dalle dichiarazioni di De Scalzi e Pichetto Fratin, per cui il gas ci sarà di sicuro, non si sa in quale misura. La speranza è che la parte delle rinnovabili di cui hanno parlato sia la Meloni che Tajani al summit sia preponderante, se non l’unica (anche se è certo che così non sarà).

Tra i progetti pilota previsti vi è anche un “centro di eccellenza per la formazione professionale sul tema delle energie rinnovabili”, immagino che il fotovoltaico in Africa possa essere perfetto e avere sicuramente più stabilità rispetto, ad esempio, il vento che alimento l’eolico nel mare del Nord che, come l’anno scorso, può avere cali e interruzioni anche importanti.

Questo fa parte della grande potenzialità del continente africano e nell’ottica delle imprese italiane operanti nel green. Ovviamente va creata un sistema di accompagnamento e cambiato il paradigma di collaborazione tra Italia e paesi africani che, al momento, è fondato sui combustibili fossili.

Da parte italiana abbiamo tanti attori, dall’onnipresente Cdp a SACE ed ENI, ma rispetto al coinvolgimento dell’Europa nel Piano Mattei? La sua collega Silvia Francescon ha sottolineato come anche la società civile italiana e africana siano state lasciate fuori dal contesto.

Di questo piano sappiamo ancora poco, il summit è stata l’occasione per presentarlo, erano presenti i tre vertici dell’Unione Europa, Ursula von der Leyen, Roberta Metsola, Charles Michel, questo porta a pensare a un inquadramento più ampio del Piano Mattei. L’Europa è impegnata in maniera forte verso il continente africano attraverso il progetto Global Gateway, stanziando somme decisamente più alte rispetto quelle italiane. La modalità con cui l’Europa si ingaggerà rispetto al piano non è ancora chiara, anche se è sicuro il suo supporto, così come la volontà dell’Europa di accrescere il proprio impegno verso il continente africano. L’Italia non può agire da sola, serve un quadro europeo, si potrebbe pensare al Piano Mattei come un primo passo da cui iniziare un processo sistematico europeo. La società civile non era presente al summit, era riservato solo alle istituzioni, questo non coinvolgimento non è positivo, ma ora che si passa alla fase successiva nella cabina di regia che verrà creata dovrebbero essere presenti anche rappresentanti terzo settore italiano e meccanismi di consultazione e incontro con la società civile africana. E’ vero che servirebbe maggiormente un sistema strutturato di coinvolgimento della società civile africana, che dovrebbe accompagnare tutto il processo, dalla stesura dei progetti al follow up.

Vedo un paio di possibili criticità nel Piano Mattei, il primo è la sensazione di volere occupare lo spazio lasciato libero dalla Francia; il secondo che forse siamo arrivati tardi stante la già forte influenza di Russia, Cina ed Emirati Uniti su gran parte dei paesi africani?

Questa è una domanda complessa, la presenza degli altri attori importanti nel continente africano si fa sentire, la situazione è certamente multipolare rispetto al passato. Diciamo che l’Europa può avere un approccio diverso rispetto gli altri competitors internazionali, con incentivi di diversa natura, se riesce a mettere in campo un sistema di cooperazione pragmatico e teso allo sviluppo non solo economico ma anche democratico. Gli altri attori presenti hanno un sistema diverso e meno sostenibile rispetto l’Unione Europea, la Cina è certamente primaria nell’attivarsi per controllare le materie prime nobili, ma i suoi sistemi si è visto come poi si rivelino poco sostenibili nel medio periodo.

In un anno di elezioni le recenti mosse dell’Unione Europea rispetto l’immigrazione hanno visto irrigidimenti, politiche di chiusura e respingimenti, questo non va in contrasto con i principi esposti dal Piano Mattei?

Sicuramente tutto il discorso di aiutare i paesi africani in loco si deve necessariamente accompagnare a una politica diversa e più aperta rispetto ai flussi migratori legali. Questo oltretutto perché i flussi migratori andranno sicuramente ad aumentare, visto l’aumento della temperatura globale e l’alto tasso demografico del continente africano. Su questo l’Europa sta ragionando da anni, ma senza addivenire ad una politica veramente efficace in materia.

Uno dei cinque pilastri è l’acqua, fattore fondamentale per la vita umana.

Il sistema idrico si va ad intrecciare con il discorso agricoltura, quindi acqua e cibo, bisognerà capire quali progetti sono nuovi e quali solo ripresi dal passato. Possiamo temere che si possano vedere tante promesse e pochi fatti, tutto andrà verificato nei prossimi mesi.

Per chiudere, quali passi saranno fatti adesso rispetto il Piano Mattei?

A novembre 2023 è stato emesso un decreto che regolamenta la governance e le aree di lavoro, è diventato legge a inizio gennaio e ora la cabina di regia dovrebbe essere completata nei suoi membri e iniziare la sua attività. Vedremo quali progetti verranno ripresi o attivati, se saranno azioni singole o un progetto strutturato e solido.

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