Patto di stabilità, sostenibile ma impegnativo

Raggiunta l’intesa tra i 27 Paesi sul nuovo Patto di Stabilità e Crescita, i contenuti dell’accordo verranno adesso sottoposti al vaglio del Parlamento Europeo. Per quanto riguarda l’Italia, il nuovo patto di stabilità è sostenibile ma certamente molto gravoso.

Cos’è il Patto di Stabilità – Un accordo del 1997 prevede specifici obblighi e sanzioni a carico di quei paesi che non rispettino determinati criteri di bilancio, quali ad esempio un rapporto deficit/Pil del 3% o un rapporto debito/Pil del 60%. Nel 2020, a seguito della crisi pandemica, le regole del Patto di Stabilità, che chiameremo “vecchio patto”, sono state sospese fino alla fine del 2023.

A questo punto non ci rimane che provare a fare un’analisi di punti di forza e punti di attenzione sul nuovo Patto di Stabilità.

Punti di forza – Elasticità: il nuovo Patto di Stabilità dovrebbe essere più elastico rispetto al precedente. È, infatti, prevista l’individuazione di specifiche traiettorie di rientro dal debito e dal deficit concordate preventivamente tra ciascuno Stato e la Commissione Europea. Gradualità: i citati piani di aggiustamento avranno una durata base di quattro anni, ma potranno essere allungati fino a sette anni. L’Italia ha ottenuto che i paesi che rispettino i loro impegni nel piano del PNRR in termini di investimenti e riforme possono accedere in maniera quasi automatica all’allungamento a sette anni.

Punti di attenzione – Germania e “accoliti” hanno ottenuto all’ultimo di inserire nel nuovo patto alcuni obblighi “addizionali”. 1 – I paesi con un rapporto debito/Pil superiore al 90% (Italia, Francia, Spagna, Grecia) dovranno comunque ridurre il debito dell’1% annuo durante il periodo concordato con la commissione fino a raggiungere il limite del 60%. 2- I paesi dovranno tendere, nel periodo concordato con la Commissione, a un rapporto deficit/Pil non più del 3% come previsto nel vecchio patto ma addirittura dell’1,5%. L’idea è di obbligare i paesi a crearsi delle riserve di deficit da utilizzare in casi di crisi e shock esterni. 3- I paesi con un rapporto deficit/Pil superiore al 3% (Italia, Francia, Spagna) dovranno prima rientrare a tappe forzate nei ranghi del 3% e solo dopo potranno attivare il piano concordato con la Commissione.

È evidente che il nuovo Patto di Stabilità, comunque più soft rispetto al precedente, sia il frutto di un compromesso tra rigore e crescita. Tuttavia, non c’è dubbio che i criteri quantitativi introdotti all’ultimo dalla Germania abbiano in buona parte vanificato l’idea di tarare gli aggiustamenti di bilancio sulla situazione di ciascun paese.

Per quanto riguarda l’Italia, il nuovo Patto di Stabilità è sostenibile, ma certamente molto gravoso. Basti pensare che le prime stime indicano che gli aggiustamenti di bilancio, che dovremmo affrontare per rispettare quanto previsto nel piano, valgono circa 12-15 miliardi l’anno e ovviamente di Leggi di bilancio con extra deficit non si potrà più nemmeno parlare.

[NdR – Fonte Teleborsa.it che si ringrazia per la collaborazione – Andrea Ferretti è docente al Master in Scienze economiche e bancarie europee LUISS Guido Carli]

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