Cronache dai Palazzi

L’Italia sta facendo la sua parte nel processo di decarbonizzazione in modo pragmatico”, ha affermato la premier Giorgia Meloni intervenendo nella sessione plenaria nell’ambito della seconda parte del segmento di alto livello dei capi di Stato e di governo della Cop28 di Dubai.

Il pragmatismo consiste nell’investimento in tecnologia e soprattutto rispettando la neutralità tecnologica, non cedendo ad alcuna forma di “radicalismo”. È auspicabile una transizione che sia “ecologica e non ideologica”. In sostanza “se vogliamo essere efficaci” è necessaria “una sostenibilità ambientale che non comprometta la sfera economica e sociale”, ha affermato Meloni ricordando l’importanza di investire in risorse biocombustibili, sostituendo “gradualmente” i combustibili fossili con fonti rinnovabili. “Abbiamo adottato un nuovo piano per l’energia e il clima e stiamo investendo risorse nei biocarburanti, siamo tra i fondatori dell’alleanza globale per i biocarburanti”, ha ricordato Meloni riferendosi all’Italia.

Di sicuro stiamo attraversando “un momento chiave del nostro sforzo di contenere le temperature entro 1,5 gradi” ma “anche se ci sono ragioni per essere ottimisti” l’obiettivo fissato dagli accordi di Parigi “è lontano”. In questo contesto la Cop28 deve rappresentare “una svolta”. L’obiettivo è raggiungere una riduzione considerevole delle emissioni entro il 2030.

“La transizione verde non deve impattare sulla sfera sociale ed economica”. Inoltre “l’Italia intende dirigere una quota molto significativa all’Africa. All’Africa non serve la beneficenza” e “l’energia è uno dei pilastri del Piano Mattei” per l’Africa. Meloni ha inoltre ricordato che tutti questi temi saranno anche al centro del prossimo G7 a guida italiana, un Paese, il nostro, che punta a diventare un “hub strategico per l’energia pulita, sviluppando le infrastrutture e la capacità di generazione necessarie” nella zona del Mediterraneo.

Nell’ambito della Conferenza sul clima la premier ricorda inoltre che l’Italia contribuirà con 100 milioni di euro al fondo strutturato per supportare i Paesi maggiormente colpiti dal riscaldamento globale. Un contributo che si inserisce all’interno di un progetto più ampio che comprende anche la Conferenza tra Italia e Africa di gennaio 2024, tantoché l’Italia destinerà il 70% del Fondo da 4 miliardi per il clima proprio ai Paesi del continente africano.

“Molti degli sforzi che facciamo oggi” produrranno “risultati visibili quando molti di noi non avranno più ruoli di responsabilità, ma siamo qui per chi verrà dopo di noi, questo definirà il valore della nostra leadership” ha affermato Meloni chiosando il proprio intervento e rivolgendosi a tutti i leader presenti e non. La premier, infine, citando Warren Buffet, uomo d’affari e filantropo americano ha aggiunto: “C’è qualcuno seduto all’ombra oggi perché qualcun altro ha piantato un albero tanto tempo fa”.

La Cop28 segnata dalla presidenza degli Emirati si è aperta con un minuto di silenzio per “tutti i civili morti nell’attuale conflitto a Gaza” e, proprio nel giorno dell’inaugurazione, è stato chiuso l’accordo per rendere operativo il fondo Loss and damage, che aveva avuto il via libera lo scorso anno dopo circa trent’anni di trattative.

Nel medesimo giorno in Italia il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha promulgato la legge che vieterebbe la commercializzazione in Italia della cosiddetta “carne coltivata”, definita comunemente carne sintetica (definizione scientificamente impropria). In maniera quasi sinergica, Giorgia Meloni da Dubai ha avvertito che non bisogna “andare verso un mondo dove si produce il cibo in laboratorio, un mondo in cui magari i ricchi possono mangiare alimenti naturali e gli alimenti sintetici sono destinati ai poveri con impatti sulla salute imprevedibili”. Meloni è intervenuta nel panel dedicato alla sicurezza alimentare proprio nel giorno in cui il presidente Mattarella ha firmato il ddl Lollobrigida che prevede lo stop a produzione e vendita della carne coltivata.

Meloni ha in pratica rilanciato in un contesto internazionale un tema caro al suo governo: la battaglia contro la carne “sintetica”, difendendo comunque la ricerca “per garantire colture resistenti alle malattie e resilienti ai cambiamenti climatici”; ed ancora per “ideare tecniche agricole sempre più moderne”. In sostanza la ricerca deve servire a “garantire la qualità e la salute dei cibi” e la loro sostenibilità ambientale.

Il presidente Mattarella ha comunque apposto la propria firma sulla base di una duplice riflessione: in primo luogo rispettando le scelte del Parlamento e quindi la doppia approvazione di Camera e Senato. In secondo luogo, in quanto la misura è risultata accompagnata da una lettera con la quale l’esecutivo, oltre ad informare l’Ue della nuova legge, assume “l’impegno a conformarsi a eventuali osservazioni che dovessero essere formulate dalla Commissione nell’ambito della procedura di notifica”.

Già in estate (luglio 2023) il governo Meloni aveva fatto pervenire una rapida notifica all’Unione europea, quando ancora non si era concluso l’iter parlamentare. Notifica però ritirata nel mese di ottobre (temendo magari una procedura d’infrazione), specificando comunque che sarebbe stato riavviato e completato l’iter legislativo, che si è quindi concluso il 16 novembre con il voto delle due Camere del Parlamento. Alla Commissione europea spetterà pronunciarsi sulla compatibilità o meno del provvedimento con le regole comunitarie in materia di libera circolazione delle merci. Compatibilità che sembra avvolta dal dubbio; si tratta di interrogativi che Bruxelles dovrà sciogliere applicando la cosiddetta procedura “Tris”. Nello specifico un portavoce della Commissione Ue ha spiegato che “la nuova notifica verrà analizzata nel merito, nella sostanza, a prescindere dalla procedura legislativa”. Ed ancora “la compatibilità con il diritto Ue non è influenzata dalla procedura. Per quanto riguarda la tempistica, l’obbligo è di notificare i progetti di legge. A quanto ne sappiamo la legge non è ancora vigente in Italia”, afferma la Commissione. In sostanza da parte dell’Ue “l’obiettivo è che i progetti vengano notificati, in modo che le leggi in contrasto con il diritto Ue non entrino in vigore negli Stati membri”. Si tratta per l’appunto del cosiddetto sistema Tris, Technical regulations informations system, che coinvolge la Commissione europea, gli Stati membri (per l’Italia è il ministero delle Imprese che provvede alla notifica) e i portatori di interesse. Ora che l’iter è stato avviato, inizia in pratica un periodo di sospensione della legge che dura 3 mesi e scade il 4 marzo prossimo. La Commissione europea, qualora lo ritenesse opportuno potrà prolungare di altri tre mesi la sospensione, per eventualmente approfondire la verifica in modo che la norma non crei nuovi ostacoli tecnici agli scambi tra Paesi, e delineando nel contempo le dovute obiezioni correttive.

In Europa la cosiddetta “carne coltivata” è considerata un “novel food” che, in quanto tale, deve ottenere l’approvazione dell’Efsa, dopo una rigorosa procedura di valutazione da parte dell’Autorità per la sicurezza alimentare europea (Efsa). L’Italia è il primo Paese ad aver vietato la produzione e la commercializzazione della carne coltivata. Qualora l’Efsa dovesse approvare un prodotto da carne coltivata, tale prodotto potrà essere venduto in tutti i 27 Paesi Ue, quindi anche in Italia. Secondo il parere di diversi esperti di diritto comunitario il divieto di commercializzare va contro la libera circolazione delle merci, Nel contempo un singolo Paese potrebbe invocare “esigenze imperative” appellandosi alla sicurezza alimentare che, in ogni modo, dovrebbe essere garantita dall’Efsa. L’iter europeo si preannuncia quindi non semplice e occorre aspettare l’esito della valutazione comunitaria, che non potrà pervenire prima di marzo 2024, preparandosi ad accogliere eventualmente una procedura d’infrazione. Il divieto di commercializzazione e quindi di importazione istituito dall’Italia, oltre a violare le norme europee sulla libera circolazione delle merci, sarebbe inoltre un divieto preventivo in quanto istituito prima ancora che l’Unione europea abbia legiferato a riguardo; anche per tale motivo il rischio è che venga considerato illegittimo.

Altro nodo da sciogliere è il premierato, considerando le voci che circolano non solo tra le opposizioni ma anche all’interno della maggioranza. Si tratta in ogni modo di una riforma complessa che dovrà essere affrontata con tutti i crismi, per di più siamo solo agli inizi. “Riforma indispensabile, così come è indispensabile un’intesa con l’opposizione”, avverte Giuliano Urbani, tra i fondatori di Forza Italia, e tra coloro che ritengono che la riforma possa indebolire o addirittura ridurre i poteri del Capo dello Stato.

“La figura del Presidente della Repubblica così come è disegnata e l’interpretazione così come è stata data dai singoli presidenti, e come tutti i costituzionalisti oggi riconoscono, sta bene così: non l’attenuerei, non la ridisegnerei, non toglierei nessuna delle prerogative così come attualmente sono state esercitate. I poteri del Capo dello Stato sono a ‘fisarmonica’, si possono estendere o restringere. Se la politica funziona bene, che il presidente faccia solo il notaio, usi la moral suasion; se non funziona, se ci sono crisi o sbandamenti, ci vuole interventismo”. In definitiva “la situazione sta bene così”, afferma Gianni Letta sempre dai banchi di Forza Italia. Letta inoltre aggiunge: “Il premierato ridurrebbe fatalmente i poteri del Presidente della Repubblica, anche se nella riforma non ci fosse scritto. Perché la forza che ti deriva dall’investitura popolare è certamente maggiore di quella che deriva dal Parlamento: non è scritto, ma è ovvio che poi nella dialettica chi è investito ha più forza”. Sempre da Forza Italia il vicepremier Antonio Tajani rassicura che le parole di Gianni Letta “si riferivano a valutazioni teoriche e non a giudizi sulla riforma”, il tutto per mantenere in equilibrio la nave e verificando se ci sono delle fessure che, facendo entrare acqua all’interno, potrebbero provocare un eventuale affondamento. Per tale riforma è comunque necessario attivare un fronte bipartisan cercando di coltivare un dialogo costruttivo tra maggioranza e opposizioni, affinché sia una riforma dell’intero Parlamento e al servizio del Paese e non di una sola parte politica. Per ora si tratta di un disegno di legge di riforma costituzionale in cinque articoli che dovrà affrontare, molto probabilmente, diverse trasformazioni, con solo sullo sfondo la possibilità di diventare legge dello Stato.

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