Il ministro (Film, 2015)

Giorgio Amato (1969) è un autore televisivo di stampo teatrale che dimostra un minimo di originalità e di impegno sociale girando un film che al cinema ci eravamo persi, recuperato grazie a Rai 5, il canale digitale che sarebbe piaciuto a Fellini perché trasmette film senza spot pubblicitari.

Il ministro presenta un sacco di difetti tipici del cinema italiano contemporaneo, ma gode di una sceneggiatura ben scritta, imprevedibile e con doppio colpo di scena finale. Non è poco di questi tempi, pure se la recitazione è sopra le righe, il rapporto moglie-marito molto stereotipato, i dialoghi sono irritanti e infarciti di luoghi comuni, l’amico di famiglia (fratello della moglie) è troppo sciocco per essere vero, la prostituta troppo colta e raffinata, le situazioni abbastanza grottesche. Amato gira una commedia teatrale, quasi tutta nel salotto di una casa borghese, che celebra il trionfo della corruzione politica, il malaffare a base di sesso e soldi, le tangenti elargite al potere per sopravvivere, i tentativi di insabbiare reati commessi dai potenti, insomma tutto il male possibile della classe politica italiana.

Franco (Gianmarco Tognazzi) è un imprenditore sul lastrico che tenta l’ultima carta per non fallire, corrompendo un ministro (Cerlino), invitandolo a una cena per offrire soldi e una notte d’amore con una escort di lusso. Non tutto va come dovrebbe, sin dalle prime sequenze quando la ragazza prescelta viene investita e resta a terra agonizzante senza che Michele – il cognato di Franco – (Pesce) faccia niente per salvarla. Viene reperita subito una sostituta, l’asiatica Zhen (Ichikawa), ma non sarà una scelta felice perché si rivolterà contro gli autori del piano. Finale da thriller, quindi da non svelare.

Non ci sono personaggi positivi in questo teatro degli italici orrori, neppure la domestica venezuelana Esmeralda (Fronten) che si presta al triangolo erotico con il ministro e sarebbe disposta a tradire tutti pur di non perdere il lavoro. La moglie Rita (Barela) non è meglio del marito, nonostante gli eccessi vegani e uno smodato amore per gli animali, ha un piano per sfruttare a suo vantaggio la situazione. Giorgio Amato si ritaglia un cameo hitchcockiano nel breve ruolo di un poliziotto. Il ministro è un lavoro insolito nel panorama italiano, da vedere, pur con i limiti citati che infastidiscono soprattutto a livello di recitazione, dove è possibile salvare i soli Gianmarco Tognazzi ed Edoardo Pesce.

Colonna sonora interessante composta da brani moderni di Eugenio Vicedomini, che per i titoli di coda inventa una divertente versione rap de La società dei magnaccioni. Girato a Roma e zone limitrofe. La forza del film sta tutta nel plot ben costruito con un meccanismo a orologeria e nel doppio finale che non ti aspetti. Si può vedere ancora su RaiPlay.

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Regia, Soggetto, Sceneggiatura: Giorgio Amato. Fotografia: Claudio Marceddu. Montaggio: Angelo D’Agata. Scenografia: Fabrizio Collalti. Musiche: Eugenio Vicedomini. Paese di Produzione: Italia, 2015. Durata: 90’. Genere: Black Comedy, Thriller. Casa di Produzione: Golden Production. Distribuzione: Europictures. Interpreti. Gianmarco Tognazzi (franco), Alessia Barela (Rita), Fortunato Cerlino (il ministro), Edoardo Pesce (Michele), Jun Ichikawa (Zhen), Ira Fronten (Esmeralda), Giulia Gualano (Laura), Gianluca D’Ercole (bodyguard), Giulia Di Quilio (escort), Stefano Zannini (Lello), Nino D’Agata (magistrato).

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[NdR – L’autore dell’articolo ha un suo blog “La Cineteca di Caino”]

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