Cronache dai Palazzi

Dalla Commissione europea arriva un sostanziale via libera, mentre i sindacati rendono noto il loro malcontento. A ridosso dell’approvazione in Consiglio dei ministri del Def, il Documento di economia e finanza, che prevede un ulteriore taglio del cuneo fiscale di 3 miliardi per lavoratori dipendenti con redditi medio-bassi, i sindacati disapprovano la scelta dell’esecutivo ritenendola insufficiente e si tengono pronti per un’eventuale mobilitazione.

“La nostra richiesta è una riduzione di 5 punti, che vuol dire avere almeno un aumento di 100 euro medi al mese. Mi sembra che quelle risorse non siano sufficienti per risolvere l’emergenza salariale”, ammonisce il leader della Cgil, Maurizio Landini prevedendo delle azioni di mobilitazione: “C’è bisogno di risposte ai problemi. I giovani non possono continuare a essere precari sfruttati o al nero. Per questo noi scendiamo in piazza, per dare voce a chi non ce l’ha. E se le risposte arriveranno siamo pronti a fare la nostra parte; se non avvengono per quel che ci riguarda maggio non sarà che l’inizio della mobilitazione. Vogliamo essere ascoltati e rispettati”.

Il Documento di economia e finanza sembra non soddisfare nemmeno la Cisl. “Ci sembra un documento troppo difensivo, così si rischia di non agganciare la sfida della ripartenza”, ha affermato Luigi Sbarra, segretario generale della Cisl, preannunciando anch’egli azioni di mobilitazione “nelle prossime settimane in modo intransigente, costruttivo e responsabile avanzando proposte concrete. Il governo ascolti la voce del mondo del lavoro”, ha sottolineato Sbarra.

Pronta alla mobilitazione anche la Uil. “Al momento restano confermate tutte le ragioni della nostra mobilitazione”, ha infatti ribadito il segretario generale Pierpaolo Bombardieri. Dal fronte delle imprese e del commercio, Carlo Sangalli di Confcommercio ricorda a sua volta che l’obiettivo è “una crescita sostenibile, capace di ricondurre il debito verso un livello prudente”, ma per realizzare tutto ciò sono necessarie “coesione politica e collaborazione tra le istituzioni. Si tratta, in altri termini, di fare tesoro da quanto sta emergendo dal cantiere di lavoro del nostro Pnrr”.

Nel frattempo si è conclusa a Palazzo Madama la discussione generale sul Piano nazionale di ripresa e resilienza e il ministro per gli Affari europei, le politiche di coesione e il Pnrr, Raffaele Fitto, ha precisato: “A fronte di 126 miliardi assegnati all’Italia tra risorse Ue, nazionali e regionali e fondo di sviluppo e coesione, a due mesi fa la percentuale di spesa è pari al 34,5%, un dato che vogliamo far finta che non ci sia?”

Ribadendo la posizione dell’esecutivo, il ministro Fitto ha sottolineato: “È evidente che non c’è un tema di polemica e di scaricabarile, noi non vogliamo fare – dice Fitto – scaricabarile nei confronti di nessuno (governi precedenti, ndr), però è altrettanto palese che non si può pensare di fare scaricabarile su questo governo, non lo consentiremo in alcun modo”, ha ammonito Fitto.

Il ministro per gli Affari europei ha inoltre ribadito che per non perdere le risorse del Pnrr è auspicabile “spostarle nel fondo delle politiche di coesione, che scade nel 2029. Il tema sarà oggetto di un confronto con la Commissione europea”. Mentre dai vertici Ue il commissario agli Affari economici, Paolo Gentiloni, conferma l’erogazione da parte di Bruxelles della terza rata da 19 miliardi di euro del Piano: “Ci sarà, anche se in ritardo”. Per quanto riguarda il Def varato dal governo “ha un’impostazione realistica e prudente. Entreremo un po’ più nel merito quando lo riceveremo”, ha affermato Gentiloni.

In definitiva la prudenza del Documento di economia e finanza – stilato ogni anno ad aprile dal governo, in cui vengono messe nero su bianco le previsioni per l’economia del Paese – che entro il 30 aprile dovrà essere trasmesso all’Ue, rende le stime del Fondo monetario internazionale (Fmi) addirittura più elastiche rispetto alle previsioni di via XX Settembre. Per gli economisti di Washington il debito pubblico dell’Italia subirà una riduzione in rapporto al Pil dal 144,7% del 2022 al 140% del 2024, per poi scendere fino al 138,5% nel 2025. Dati quindi più ottimisti rispetto a quelli indicati dal ministero dell’Economia italiano nel Def, che attesta il debito al 140,4% nel 2026. Il Fondo monetario prevede un risultato migliore anche per quanto riguarda il deficit, definito in discesa quest’anno, ossia pari al 3,7% del prodotto interno lordo.

A proposito del taglio del cuneo fiscale di altri 3 miliardi nel 2023 “approveremo un decreto-legge”, afferma Maurizio Leo, viceministro dell’Economia con delega alle Finanze. “Questo ulteriore taglio scatterà dal mese di maggio e riguarderà i lavoratori dipendenti con retribuzioni medio-basse. Per questo scorcio d’anno – spiega Leo – i lavoratori otterranno un taglio ulteriore del prelievo: un intervento molto importante per tutelare il potere d’acquisto delle famiglie in una fase in cui l’inflazione resta ancora elevata”. In definitiva “per le riforme faremo affidamento anche su coperture che verranno dalla revisione della spesa. Per esempio sul fronte fiscale, riordinando deduzioni e detrazioni”, spiega Leo. È inoltre essenziale “la semplificazione delle procedure e quella dei rapporti tra Fisco e contribuente, che riguarda il contenzioso: misure che possono aumentare il gettito e contribuire al finanziamento della riforma stessa”. A proposito di pensioni il governo spinge “sulla previdenza complementare” e su un miglioramento del trattamento fiscale dei fondi pensione. Infine, con Bruxelles non è in corso alcun “negoziato” per ottenere una rimodulazione del Pnrr ma ci si impegna per “centrare gli obiettivi previsti”.

Altra questione spinosa i decreti Cutro e quindi la questione migranti. Carico di tutti gli emendamenti del governo dalla commissione Affari costituzionali di Palazzo Madama il decreto dovrebbe arrivare in Aula martedì prossimo, il 18 aprile. L’Organizzazione delle Nazioni Unite punta il dito contro “la intollerabile persistente crisi umanitaria”. Si sono registrati “più di 20.000 morti su questa rotta dal 2014 temo che queste morti si siano normalizzate”, ha dichiarato il capo dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni dell’Onu, Antonio Vittorino. L’Onu, nello specifico, registra che l’ultimo trimestre è stato quello con più morti nel Mediterraneo dal 2017, e chiede il ripristino di un considerevole ed efficace pattugliamento in mare. In pratica nel 2022 sarebbero approdati in Italia 105.131 migranti e gli sbarchi registrati sarebbero 2.539. Un aumento sostanziale del 55,80% dopo che era stata registrata una relativa diminuzione nel biennio 2017-2019. Si tratta di una situazione, afferma il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, della quale “difficilmente può farsi carico un solo Paese, al di fuori di un’azione congiunta, lucida e ben organizzata a livello europeo”. Mentre il capo della Polizia, Lamberto Giannini, mette in evidenza che dall’inizio del 2022 “sono stati arrestati 39 scafisti, segno dell’attenzione alla sponda Sud del Mediterraneo”. Un’operazione “tanto più straordinaria quanto più riesce a mantenere la normalità”, rileva il ministro. Il nostro Paese ha comunque compiuto uno sforzo, che di certo non è terminato, sottolineato anche dal capo dello Stato, Sergio Mattarella: “Coniugando rigore ed equilibrio, ogni giorno gli appartenenti alla Polizia di Stato sono interpreti dei valori costituzionali di solidarietà e di coesione sociale, come il contributo offerto in occasione di recenti eventi emergenziali e la complessa attività nel campo dell’immigrazione e dei servizi per l’integrazione degli stranieri”.

Bruxelles non condivide a sua volta la decisione dell’Italia di dichiarare lo stato di emergenza definita “misura di stampo nazionale e originata da una situazione molto difficile”. L’Ue respinge l’ulteriore richiesta di aiuto, sottolineando: “L’Italia ha chiesto assistenza finanziaria a causa dell’aumento degli arrivi di migranti in particolare per la situazione di Lampedusa”, hotspot costantemente in esubero. Ma, mette in evidenza l’Unione, l’Italia riceve supporto dall’Ue “con un’ampia gamma di misure”, tra cui “l’expertise sul campo” e il nostro Paese è uno dei “principali beneficiari del fondo per la migrazione e l’integrazione e del nuovo periodo di programmazione”.

In questo contesto è intervenuta anche la presidente della Corte Costituzionale, Silvana Sciarra, sottolineando che le decisioni a proposito di immigrazione al centro del dibattito pubblico in questo momento “rappresentano il cuore delle scelte politiche del Parlamento, che si muove nella piena consapevolezza dei vincoli internazionali e di cui non dubito che terrà conto”, ha chiosato la presidente della Consulta, ribadendo che al centro delle decisioni della Corte ci sono sempre i cittadini e il rispetto dei diritti garantiti loro dalla Costituzione e dal Diritto internazionale che, una volta sottoscritto, è direttamente vigente. “Quando c’è chiarezza esplicita nelle decisioni del giudice europeo il giudice italiano può disapplicare direttamente la norma contestata, e questo è molto importante”, spiega la presidente Sciarra.

Nel frattempo il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, si è recata in Africa, nello specifico in Etiopia, preannunciando che ad ottobre, in occasione del summit intergovernativo Italia-Africa, il governo italiano presenterà nel dettaglio il cosiddetto “Piano Mattei”, con l’obiettivo di fare di più per l’Africa. Un piano organico e non predatorio, che miri a ristabilire degli equilibri fondamentali sul suolo africano. L’Etiopia, nello specifico, ha subito per ben due anni l’assedio di una guerra civile durissima che ha provocato oltre 600mila morti e ha interrotto il percorso di crescita, anche infrastrutturale, del Paese. l’Italia, oggi, si impegna nella ricostruzione per risollevare il Paese africano e anche con l’obiettivo di limitare l’influenza cinese ben visibile attraverso i vari cantieri presenti nella capitale. Secondo l’Onu l’emergenza somala è “una delle peggiori crisi umanitarie al mondo”. Oltre all’Etiopia Meloni ha incontrato le autorità somale. Si tratta di Paesi instabili sul fronte sociale e deboli sul fronte economico, in cui senza un “ruolo forte” dell’Italia e dell’Europa si aprono inevitabilmente delle strade “all’ingresso di altri attori”.

Sottolineando “l’ottima amicizia con il primo ministro” etiope – che Giorgia Meloni incontra per la terza volta – la premier Meloni ribadisce che il Corno D’Africa “è per noi cruciale e sensibile”, e la collaborazione con il Paese africano è destinata ad avere degli “sviluppi anche in termini di stabilità complessiva della regione”. Legami solidi e storici che il governo italiano intende “rafforzare”. Si tratta di un territorio che ospita oltre 800mila rifugiati e circa 4,2 milioni di sfollati, molti dei quali attraverso Sudan e Libia sfidano la fortuna sui barconi, con l’obiettivo di arrivare in Italia e quindi in Europa. “Penso che il Piano Mattei – afferma la premier – produca molto più dello sforzo che richiede, per l’interesse nazionale italiano, per l’interesse europeo, per la stabilità di un continente sul quale forse negli ultimi anni non abbiamo fatto abbastanza”.

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