Terrorismo e Anni di piombo, una storia ancora aperta?

Proprio oggi Michele Tatulli avrebbe compiuto sessantasette anni e, probabilmente, sarebbe un tranquillo pensionato che, come altri, in compagnia della moglie accudiscono i nipotini; oppure trasferito in Portogallo dove con una pensione da ex dipendente pubblico italiano si vive meglio.

Ma non può farlo. Il suo è un nome che dice poco ma è parte della storia d’Italia, L’otto gennaio 1980, non ancora venticinquenne, venne ucciso insieme ai colleghi Antonio Cestari (50 anni) e Rocco Santoro (32) dalle Brigate Rosse a Milano nella Strage di Via Schievano, una delle tante compiute dai terroristi durante gli anni di piombo. La sua colpa? Quella di indossare una divisa e di avere incrociato una macchina in cui si trovavano, oltre ad altri due brigatisti, Barbara Balzerani e Mario Moretti che, scesi, spararono alle spalle dei tre agenti.

Il gesto voleva essere un messaggio di benvenuto al Generale Carlo Alberto dalla Chiesa, da poco chiamato a combattere il terrorismo. Le tre vittime non erano magistrati, personaggi politici, imprenditori o giornalisti. Erano tre agenti di polizia. Gravissima colpa per coloro che volevano sovvertire l’ordine democratico della Repubblica italiana attraverso la lotta armata e la propaganda, preparando la strada per una sollevazione marxista.

Terrorismo nero e rosso muovevano da idee forse non proprio dissimili e il nemico era comune, quell’ordinamento democratico da sovvertire e cambiare. Il modo? La violenza e il ricorso alle armi.

Se per l’omicidio di tre agenti di polizia scelti a caso alle BR era bastata la nomina di Dalla Chiesa, Ordine Nuovo, movimento neofascista era ricorso ad un “processo per decretare la condanna a morte del Magistrato Vittorio Occorsio. L’autore materiale dell’omicidio, Pierluigi Concutelli, firmò la rivendicazione con queste parole: «Il tribunale speciale del Mpon ha giudicato Vittorio Occorsio e lo ha ritenuto colpevole di avere, per opportunismo carrieristico, servito la dittatura democratica perseguitando i militanti di Ordine Nuovo e le idee di cui essi sono portatori. […] La sentenza emessa dal tribunale del Mpon è di morte e sarà eseguita da uno speciale nucleo operativo. Avanti per l’Ordine Nuovo!».

Un linguaggio non molto diverso, autoreferenziale e di accusa verso il sistema, di quello usato dalle Brigate Rosse nei comunicati con cui si definivano “prigione del popolo” e “tribunale del popolo” il luogo dove era tenuto Aldo Moro e chi lo avrebbe processato. Si sono voluti citare questi due esempi perché esaustivi di quello che era il quadro delle due fazioni che si ponevano gli stessi scopi e usavano gli stessi strumenti.

Molti di loro trovarono rifugio in Francia grazie alla “Dottrina Mitterand” che, con un andamento a dir poco altalenante ha prima garantito ai terroristi ampia protezione e impunità e poi è stata smentita concedendo alcune estradizioni ma che, recentemente sembra tornare sui suoi passi con il diniego ad altre estradizioni comprese quelle di Giorgio Pietrostefani, Marina Petrella. Tra le motivazioni utilizzate, alcune appaiono deboli (rispetto del radicamento e delle famiglie), rispetto a quelle a suo tempo addotte per concedere l’estradizione (indipendentemente dal fatto che non è di competenza del giudice francese ergersi a censore della procedura praticata davanti alle giurisdizioni straniere, si conviene sottolineare che il sistema procedurale italiano è vicino a quello applicato in Francia, che è sottoposto alle medesime regole convenzionali, e specialmente a quelle sull’estradizione e alle condizioni richieste per lo svolgimento d’un processo equo che hanno ugualmente valore costituzionale in Italia).

Da più parti si invoca una riflessione su quegli anni, sono state chieste amnistie o altri provvedimenti che, in questo contesto è difficile arrivino e impediscano un confronto per chi volesse davvero capire quel momento storico. E ci troviamo ancora oggi di fronte ad una Barbara Balzerani mai pentita che nell’anniversario di Via Fani voleva essere ospitata per celebrare i fasti e altri terroristi che hanno scontato pene per reati di cui si dichiarano innocenti pur avendone confessati altri gravi. Ne usciremo dagli Anni di piombo?

©Futuro Europa® Le immagini utilizzate sono tratte da Internet e valutate di pubblico dominio: per segnalarne l’eventuale uso improprio scrivere alla Redazione

Print Friendly, PDF & Email
Condividi

Sii il primo a commentare su "Terrorismo e Anni di piombo, una storia ancora aperta?"

Lascia un commento

Il tuo indirizzo mail non sarà pubblicato


*