Cronache dai Palazzi

“L’unità dell’Europa è stata un sogno per pochi, una speranza per tanti e oggi è una necessità per tutti”. Con queste parole di Konrad Adenauer la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha salutato il Campidoglio durante la sua visita a Roma. “Un luogo che ha un significato storico per la storia della nostra Unione; nel 1957, in questa stanza – ha affermato la presidente von der Leyen ricevuta dal sindaco Roberto Gualtieri – fu firmato il Trattato di Roma. Roma era allora il cuore dell’Ue, e lo è tuttora”. Precisamente nella Sala degli Orazi e Curiazi, 65 anni fa, vi era anche il padre della presidente von der Leyen, in quanto faceva parte della delegazione tedesca.

Ricevuta anche al Quirinale dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, in quasi un’ora di colloquio sono stati affrontati i temi più urgenti in questo frangente, primo fra tutti la crisi alimentare che “rischia di investire la sponda sud del Mediterraneo”, come ha osservato il capo dello Stato aggiungendo: “La Commissione davanti all’invasione dell’Ucraina da parte della Federazione russa, dimostri lo stesso nuovo atteggiamento mostrato nell’affrontare la crisi Covid”. Sulla stessa lunghezza d’onda il presidente del Consiglio, Mario Draghi, che da Parigi, dove ha incontrato il presidente Emmanuel Macron all’Eliseo – e dove l’Italia ha aperto il meeting dell’Ocse in quanto presidente di turno -, ha ribadito che la strada giusta è quella segnato dal Next Generation Ue; con il medesimo potenziale occorrerebbe affrontare la crisi ucraina e le criticità provocate dal conflitto in corso.

Macron e Draghi hanno usato la stessa lente di ingrandimento per inquadrare le esigenze di famiglie e imprese devastate dalla crisi economica e impoverite a causa del rialzo dei prezzi dell’energia. Gl alleati devono procedere di comune accordo con “responsabilità e solidarietà” e mettendo a disposizione “prestiti stabili a basso costo”, ha suggerito Draghi, prendendo come esempio il sostegno Sure “misurato all’energia”.

Dando il via al consiglio ministeriale dell’Ocse, il premier Draghi ha rimarcato che l’invasione dell’Ucraina ha “portato a un significativo peggioramento delle prospettive di crescita e a un forte aumento delle aspettative di inflazione”. La Banca centrale europea ha non a caso ha annunciato il rialzo di 25 punti base dei tassi di interesse dal prossimo 21 luglio, per la prima volta dal 2011, un rialzo che dal prossimo mese di settembre potrebbe essere anche maggiore, di mezzo punto percentuale, se l’inflazione non si placherà. Dopo il cospicuo piano di aiuti messi in campo per fronteggiare gli effetti della crisi pandemica, la Bce inverte quindi la rotta e pone le basi per un processo di normalizzazione monetaria per arrestare l’impennata dei prezzi.

Ad inizio anno la presidente della Bce, Christine Lagarde aveva scongiurato un rialzo dei tassi di interesse ma così non è stato. Le nuove stime economiche hanno fatto cambiare strada alla Banca centrale e ora Francoforte prevede che, quest’anno, nella zona euro l’inflazione salirà fino al 6,8% in media, rispetto al 3,3% ipotizzato pochi mesi fa, per poi scendere al 3,5% nel 2023 e al 2,1% nel 2024. Non considerando il settore dell’energia e il settore degli alimentari, l’inflazione raggiungerà il 3,3%. Il Pil nell’Eurozona, invece, quest’anno non supererà il 2,8% per poi indietreggiare al 2,1% nei due anni a seguire. “Faremo in modo che l’inflazione torni al nostro obiettivo del 2% nel medio termine”, ha dichiarato Christine Lagarde.

Il premier Draghi ha a sua volta rilanciato la proposta di un tetto massimo per quanto riguarda il prezzo del gas russo nonostante “la strada potrebbe essere lunga” e, per quanto riguarda il mercato del grano, l’interruzione delle catene di approvvigionamento hanno di certo provocato “un aumento dei prezzi” fino addirittura a “provocare una catastrofe umanitaria”. In questo contesto occorre studiare delle strategie per aiutare i Paesi più poveri dell’Africa, a partire dalle ingenti derrate di prodotto che sono ferme nei porti ucraini. “I nostri sforzi devono partire dai porti ucraini e dal Mar Nero, dobbiamo sbloccare milioni di tonnellate di cereali”, ha ribadito Draghi che ha aggiunto: “Gli sforzi di mediazione delle Nazioni Unite sono passi significativi e, purtroppo, credo siano gli unici”. Tutto ciò a ridosso del tentativo di mediazione da parte della Turchia, portatrice di un negoziato che rappresenta una strada tortuosa e tutta in salita.

“Ricostruiremo l’Ucraina: dobbiamo farlo e lo faremo, è un nostro obbligo morale”, ha affermato Ursula von der Leyen, mentre a proposito dell’allargamento dell’Unione il presidente Mattarella ha sottolineato che non ci deve essere nessuna “sordina” e nessun “ritardo” sui Paesi dei Balcani occidentali, in particolare la Moldova e la Georgia. A proposito di Ucraina, invece, “siamo chiamati a dare risposte politiche, uniti”, ha affermato Mario Draghi di ritorno da Parigi e ribadendo l’allargamento dell’Unione all’Ucraina. Secondo il premier italiano concedere a Kiev lo status di candidato sarebbe un “segnale politico forte” nei confronti del Cremlino. All’Eliseo il presidente Macron ha invece ribadito a Draghi la proposta di una Comunità politica europea della quale potrebbe entrare a far parte anche la nazione Ucraina. Tra le due vie tracciate dai due leader, Draghi e Macron, potrebbe quindi concretizzarsi uno spazio di mediazione partendo da un assunto fondamentale: “Il processo di allargamento è stato guidato dalla convinzione che ci volesse tempo a maturare i cambiamenti necessari a entrare nell’Unione”. A ridosso della guerra, Draghi e Macron vorrebbero indicare un percorso idoneo ai Paesi che non vedono di buon occhio l’ingresso di Kiev nell’Ue, come ad esempio la Germania. “I tempi sono cambiati, oggi le nostre società sono più rapide a trasformarsi. L’Ue deve essere in grado di seguire procedure più rapide”. E già dalla prossima settimana la Commissione europea potrebbe aprirsi ad un via libera (condizionato) per quanto riguarda la candidatura dell’Ucraina.

In vista del Consiglio europeo del 23 e 24 giugno, del vertice G7 di Elmau in Baviera ed infine del vertice Nato a Madrid a fine giugno, i Paesi membri devono prepararsi per discutere non solo di aiuti all’Ucraina e di crisi bellica e post bellica, ma anche di potenziamento dell’autonomia europea per quanto riguarda una difesa comune, un progetto che appare ancor più arduo in seguito al nuovo posizionamento della Nato nel mar Baltico e in Scandinavia. In materia di energia, inoltre, occorre supportare le misure di transizione verso l’energia verde, per concretizzare le quali sono necessari investimenti aggiuntivi in modo da svincolare i Paesi europei dalla dipendenza da forniture di gas e petrolio russo. L’idea dell’Italia consiste in un nuovo Recovery fund, il programma europeo finalizzato al rilancio delle economie del continente dopo il Covid, grazie al quale sono arrivate nel nostro Paese risorse per 190 miliardi di euro tra trasferimenti e prestiti, o un fondo sul modello di Sure studiato per fronteggiare la disoccupazione che ha invece erogato al nostro Paese oltre 27 miliardi di prestiti.

In definitiva, i problemi legati all’inflazione e alla guerra tra Russia e Ucraina non riguardano solo l’Italia ma tutti i Paesi europei quindi, come è avvenuto per la pandemia, è auspicabile una risposta comune. Forte l’asse franco-italiano, anche in virtù del Trattato del Quirinale firmato il 26 novembre scorso, ma non è affatto semplice raggiungere un’eventuale intesa in Europa. Dall’inizio della guerra Francia e Italia hanno dimostrato di essere d’accordo su varie questioni fondamentali, come le sanzioni contro la Russia e a proposito di un tetto da imporre al prezzo del gas a livello europeo, in modo da calmierare l’impatto del rincaro dell’energia sulle tasche dei cittadini. Francia, Italia e Germania, nonostante l’invio degli aiuti militari all’Ucraina, condividono infine la necessità di lavorare intensamente per arrivare al più presto ad un cessate il fuoco non abbandonando la strada del dialogo con Mosca.

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