L’attualità del messaggio di Ventotene

“Tutti gli uomini ragionevoli riconoscono ormai che non si può mantenere un equilibrio di stati europei indipendenti con la convivenza della Germania militarista a parità di condizioni con gli altri paesi, né si può spezzettare la Germania e tenerle il piede sul collo una volta che sia vinta. Alla prova, è apparso evidente che nessun paese d’Europa può restarsene da parte mentre gli altri si battono, a nulla valendo le dichiarazioni di neutralità e di patti di non aggressione”.

Sostituendo la parola Germania con Russia, ed anche togliendo il successivo militarista, le parole del Manifesto di Ventotene suonano ancora fresche ed attuali ad ottantuno anni da quando vennero scritte, quando era ancora ai suoi inizi la Seconda guerra mondiale e l’Italia fascista poneva al confino gli intellettuali che non erano in sintonia con il regime. Due di questi intellettuali, Altiero Spinelli con Ernesto Rossi e poi Eugenio Colorni, scrissero questo documento programmatico e quasi visionario con cui misero le basi dell’Unione Europea di cui è considerato una carta fondamentale.

Nel testo i suoi autori avvertono come la premessa del potenziamento della civiltà moderna deve essere “un’Europa libera e unita” che superasse i problemi posti dai regimi totalitari e, in Italia in particolare, si riuscisse a superare lo Stato corporativo che, già lo prevedevano gli autori, sarebbe crollato lasciando solo macerie.

I fatti degli ultimi mesi confermano che Rossi e Spinelli avevano avuto l’intuizione giusta e, del resto, dopo la fine del conflitto, gli Stati che avevano dato origine prima alla CEE e poi con gli altri che hanno successivamente aderito sono riusciti a creare l’attuale Unione, non sono stati più toccati dai conflitti che avevano caratterizzato il Continente europeo per tutti i secoli precedenti. Solo nella ormai ex Jugoslavia, vale a dire in una confederazione di Stati che poco avevano in comune e tenuti insieme con la forza e il carisma di una persona sola al comando, e comunque con un partito unico, si è assistito ad un conflitto che, per violenza e atrocità, ha ricordato quello generato dal nazifascismo al punto che, prima volta da Norimberga, venne istituito un Tribunale per i crimini di guerra commessi.

Si noti poi come già alcuni degli Stati sorti sia dalla dissoluzione della Jugoslavia, sia quelli che facevano parte del blocco orientale e del Patto di Varsavia, hanno chiesto immediatamente e liberi di aderire all’Unione, evidente segnale che dimostra come il singolo Stato oggi non possa più prescindere dalle istituzioni sovranazionali non solo per motivi economici.

L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia impone di rileggere con attenzione il testo di Ventotene e rivisitare la storia dell’Europa, continente che ha sempre avuto i suoi conflitti ma che, dalla nascita dell’Unione, ha visto un diverso sviluppo politico ed economico che ha portato ai Trattati di Maastricht e alla Carta di Nizza, giusto sviluppo del lavoro e del sogno non solo di Spinelli e Rossi, ma anche di De Gasperi, Adenauer, Schumann, i veri padri costituenti dell’Europa.

La richiesta di ingresso di Svezia e Finlandia nella Nato, inoltre, è un importante segnale di come le realtà sovranazionali siano sempre e comunque una necessità che non si limita al singolo gesto di aiuto o di soccorso, ma che permette di creare equilibri a fronte di situazioni anche prevedibili ma che, affrontate da un soggetto internazionale forte, sarebbero state gestite in maniera più decisa e probabilmente con risultati non cruenti.

L’adesione ad un’organizzazione internazionale rappresenta giuridicamente per ogni Stato una rinuncia a parte della sua autorità e del suo potere per demandarlo ad un altro soggetto superiore, ma i nostri padri costituenti non esitarono a prevederlo e inserirlo nell’articolo 10 della costituzione, forse già prevedendo la nascita dell’Europa unita ma comunque certi che solo la cooperazione tra Stati avrebbe evitato altri conflitti come quello che si era appena concluso.

Oggi l’Unione è, purtroppo, divisa al suo interno da movimenti sovranisti alla cui base si muovono, poco striscianti, idee che caratterizzarono passati totalitarismi. Una maggiore coesione non solo economica, ma anche politica e, purtroppo necessariamente, militare, non possono che rafforzare l’Europa e la sicurezza globale.

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