L’utopia del disarmo

Un gruppo di Premi Nobel per la Pace ha firmato e reso pubblica una lettera ai governi del mondo, nella quale chiede di ridurre del 2% per dieci anni consecutivi (e quindi complessivamente del 20%) le spese militari, dedicando le somme così risparmiate a opere di pace, tra cui il trattamento della pandemia, la lotta alla fame nel mondo e così via. Si tratta di somme colossali, considerando che la spesa militare nel mondo supera un milione di miliardi di euro. In testa nella spesa sono ovviamente Stati Uniti, Russia, Cina e Gran Bretagna, ma tanti altri Paesi dedicano alla propria difesa cifre sproporzionate anche al loro reddito nazionale: Corea del Nord, India, Pakistan, Turchia, Israele e alcuni paesi europei (l’Italia è tra i più sobri).

Negli anni Ottanta dello scorso secolo, fu possibile raggiungere accordi di disarmo bilanciato e controllato, ma solo perché le superpotenze erano solo due (del resto, quasi tutti quegli accordi sono stati lasciati scadere), e perché una delle due, l’URSS, attraversava una tremenda crisi economica. Giocò anche il fattore personale: Gorbaciov, allora a capo dell’Unione Sovietica, voleva rilanciare l’industria di consumo e capì che ciò era possibile solo ridestinando risorse dedicate alla difesa. Ed ebbe la fortuna di incontrare un Presidente americano visionario e coraggioso come Reagan.

Oggi, le cose si sono enormemente complicate. La Russia è tornata ad una politica di aggressione, e sulla scena è apparso un nuovo protagonista, la Cina, decisa ad affermarsi come superpotenza, non solo economica, ma militare. E in certe aree del mondo sono emersi pericoli immaginabili in quegli anni: le ambizioni nucleari dell’Iran, la follia del dittatore nord-coreano etc.

In queste condizioni, è toppo chiedere agli Stati Uniti di ridurre spese e quindi capacità militari: se anche il Presidente lo volesse, il Congresso lo bloccherebbe. Certo, se tutti, o almeno le principali potenze, facessero un passo indietro simmetrico, come negli anni Ottanta, sulla carta una riduzione della spesa militare globale apparirebbe possibile, secondo una logica giusta e comune.

Però purtroppo vi si oppongono ostacoli insuperabili, come le ambizioni di alcuni e la diffidenza che regna tra i maggiori protagonisti. La proposta dei Nobel appare dunque e purtroppo, allo stato delle cose,  una generosa utopia.

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