Aiuti all’Afghanistan

La videoconferenza dei G20 presieduta da Mario Draghi ha affrontato, per la prima volta dal ritorno al potere dei talebani, la questione, spinosa ma necessaria, degli aiuti internazionali all’Afghanistan. Il Paese dipendeva per il 75% della sua economia da questi aiuti, il cui flusso si è bruscamente arrestato. Inoltre, gli Stati Uniti hanno bloccato fondi afghani per quasi 9 miliardi di dollari presso banche o istituzioni come il FMI negli USA.

Nel mondo, vi è certamente consapevolezza della necessità di aiutare il popolo afghano, possibilmente per il canale dell’ONU, ma ci sono almeno due questioni da risolvere: occorre aiutare la gente senza peraltro beneficiare il regime (non facile); ed è normale collegare gli aiuti a qualche condizione. Almeno al rispetto dei diritti delle donne. Su questo punto, i talebani fanno vaghe promesse, finora non mantenute. Vi è però la posizione contraria della Russia e della Cina (questi “campioni” dei diritti umani). Gli Stati Uniti restano in generale tiepidi, perché la faccenda ricorda troppo da vicino il recente disastro afghano. Poiché la Russia e l’Iran hanno indetto separate conferenze, a cui sono invitati India e Pakistan, alla fine è quasi inevitabile che a sostenere il maggiore sforzo saremo noi europei (la Commissione ha già previsto un esborso complessivo di 1 miliardo di euro).

Per parte loro, i talibani fanno grandi dichiarazioni di pace e volontà di buoni rapporti con il mondo, e dichiarano di essere in grado, essi solo, di controllare l’ISIS. Insomma, la questione è complicata, e va detto che Mario Draghi sta facendo quello che può per mettere insieme tanti interessi e tante voci discordanti.

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