Nuovo sistema quote emissioni inquinanti

L’Unione Europea è il terzo produttore al mondo di anidride carbonica, ma vuole ridurre in modo sostanziale le emissioni entro il 2030 fino a raggiungere l’obiettivo di zero emissioni nette entro il 2050. Dal 2006 la UE ha lanciato ETS (Emissions Trading System), il sistema di scambio delle emissioni, rivolto essenzialmente alle industrie, e questo è stato uno degli strumenti che l’Unione europea ha messo in pratica per raggiungere questo obiettivo. Il sistema di scambio delle emissioni obbliga più di 11.000 centrali elettriche e fabbriche a richiedere un permesso per ogni tonnellata di CO2 che emettono, meno si inquina, meno si paga. Le industrie devono comprare queste quote attraverso aste e il prezzo segue le regole della domanda e dell’offerta. Alcune quote sono state date gratuitamente, per evitare che, in alcuni casi limite, le industrie si trasferissero in regioni con meno restrizioni ambientali.

Al momento questi permessi sono molto poco costosi, in seguito alla crisi la domanda è scesa, ma l’offerta è rimasta invariata, il surplus ha generato la caduta della convenienza a non inquinare. La riforma ha l’obiettivo di ridefinire il mercato delle emissioni di gas serra per il periodo 2021-2030, inserendosi nel quadro degli accordi di Parigi sul clima. Per far salire i prezzi il PE propone di ridurre il numero delle licenze che devono essere messe all’asta, raddoppiando la capacità della Riserva stabilizzatrice del mercato di assorbire l’eccesso di licenze presenti sul mercato. La Riserva assorbirebbe il 24% del surplus, aiutando a bilanciare meglio domanda e offerta, mettendo da parte le licenze in più che possono essere reintrodotte in caso di carenza.

La nuova proposta introduce nuovi fondi per sostenere l’innovazione e accompagnare la transizione verso un’economia a basso uso di energie fossili, la ripresa economica post-pandemia ha rilanciato l’uso di centrali a carbone, come in Polonia. Il Fondo per l’innovazione offre supporto economico per progetti innovativi nel campo delle energie rinnovabili, ad esempio sistemi di cattura e immagazzinamento dell’anidride carbonica. Il Fondo per la modernizzazione invece ha come obiettivo quello di sostenere l’aggiornamento dei sistemi di produzione di energia nei paesi membri con meno risorse.

Per rispettare gli obiettivi “Fit for 55” previsti dalla riforma, la Commissione vorrebbe introdurre un Meccanismo di aggiustamento del carbonio alla frontiera (CBAM – dall’inglese Carbon Border Adjustment Mechanism). Tale meccanismo applicherebbe un prezzo del carbonio alle merci importate da paesi con leggi meno restrittive sul clima e impedirebbe la pratica della delocalizzazione della CO2, ossia quando le industrie dell’UE trasferiscono la produzione in un paese con normative meno severe sulle emissioni di gas serra. Il nuovo meccanismo dovrebbe allinearsi con le regole dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC) e incoraggiare la decarbonizzazione delle industrie europee e non, diventando così pietra miliare della futura Politica industriale dell’UE. Entro il 2023, il Meccanismo di aggiustamento del carbonio alla frontiera dovrebbe interessare i settori dell’energia e quelli industriali ad alta intensità energetica, che insieme contribuiscono al 94% delle emissioni industriali dell’UE e che, secondo gli eurodeputati, ricevono ancora ingenti assegnazioni gratuite. I membri del Parlamento europeo sottolineano che il Meccanismo dovrebbe essere progettato con l’unico scopo di perseguire gli obiettivi climatici e la parità di condizioni a livello globale, anziché essere impiegato come uno strumento utile a rafforzare il protezionismo. Gli eurodeputati hanno dato il loro appoggio alla proposta della Commissione di utilizzare i proventi generati dal Meccanismo come nuova fonte di entrata per il bilancio dell’UE, sottolineando al contempo la necessità che la Commissione garantisca la piena trasparenza sull’allocazione di tali entrate.

Ci sono altre misure che rendono effettivo l’impegno dell’Unione europea nel rispettare l’accordo di Parigi sul cambiamento climatico, il taglio delle emissioni in tutti i settori economici. Uno dei progetti è il regolamento sulla condivisione degli sforzi (Effort sharing regulation, ESR), lo strumento climatico più potente dell’Unione europea. L’obiettivo del Regolamento sulla condivisione degli sforzi è ridurre entro il 2030 del 30, rispetto ai livelli del 200, le emissioni causate da quei settori esclusi dal sistema di scambio di quote di emissione (ETS): trasporti, agricoltura, edifici e gestione dei rifiuti. L’altro è il LULUCF, acronimo dell’espressione inglese Land Use, Land Use Change and Forestry, in italiano uso del suolo, cambiamenti di uso del suolo e silvicoltura. I deputati vogliono evitare ulteriori emissioni causate dalla deforestazione. Per questo vogliono introdurre un obbligo per ogni Stato membro di compensare i cambiamenti nell’uso del suolo con il miglioramento o l’aumento della loro copertura forestale. In pratica nuove foreste dovrebbero controbilanciare la deforestazione.

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