La chiusura di Bagram

Il primo luglio, gli americani si sono ritirati dalla grande base militare di Bagram, in Afghanistan, cedendola al controllo del Governo afghano. Il passaggio precede di alcune settimane il ritiro totale delle forze USA e NATO dal Paese, dopo 20 anni di presenza, ma di per sé la cessione di Bagram significa la fine dell’attività militare americana in quel Paese, giacché la base era il centro da cui partivano ed erano dirette le operazioni della NATO.  Dopo l’11 settembre, a ritiro completato, resteranno a Kabul solo 650 militari USA per la protezione dell’Ambasciata. Inoltre, quando nelle prossime settimane il generale Miller, attuale comandante delle forze USA-NATO nel Paese, rientrerà negli Stati Uniti, la direzione delle operazioni passerà direttamente al Comando Centrale USA.

Cosa accadrà dopo il ritiro occidentale? Pochi pensano che Governo e Forze di Sicurezza afghane potranno resistere più di qualche mese ai Talebani, che controllano già buona parte del Paese al di fuori delle maggiori città. Il generale Miller, in una conferenza stampa a Kabul, ha previsto una guerra civile, visto che ritorneranno a formarsi e agire i vari clan, su base etnica o personale, che in passato si sono aspramente combattuti, favorendo in definitiva i Talebani.  Gli Stati Uniti mantengono, ovviamente, qualche capacità di intervento , ma solo dal di fuori, dalle basi in Qatar e Bahrein, e per via aerea. Niente però può sostituire la presenza di forze militari sul terreno. Ed è da pensare che gli interventi americani, anche se occasionalmente a mezzo di azioni di commandos, saranno diretti a colpire centri di terrorismo, non certo a proteggere gli abitanti dalle sopraffazioni di un regime estremista e oscuramente medioevale.

Insomma, il futuro di quel disgraziato Paese, che comunque nei venti anni di presenza occidentale aveva goduto di una certa stabilità, è tutt’altro che roseo. Ma il ritiro occidentale era ormai inevitabile, sia per i costi umani che per quelli finanziari, e nessun Paese, neppure il più grande, può sostenere per oltre vent’anni una guerra alla fine inutile. La lezione della Storia, prima e dopo il Vietnam, è in questo senso univoca.

E dal punto di vista politico, il Presidente Biden (e con lui gli altri governi della NATO, Italia compresa) non poteva che mettervi un termine, senza illusioni o fanfare. E se il costo è il ritorno alla barbarie che colpisce soprattutto le donne, alla sopraffazione e alla miseria, un Occidente distratto guarderà dall’altra parte, facendosi scudo dietro l’affermazione di Biden secondo cui “è ora che gli Afghani decidano del loro avvenire”. Come se, poveretti, avessero qualche  voce in capitolo.

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