Salute, commercio e ambiente: nuovo asse UE-ASEAN

L’UE sembra utilizzare gli insegnamenti della pandemia per capitalizzare i suoi obiettivi ambientali, intensificando la collaborazione con i paesi produttori ASEAN. Nell’ottica dello sforzo comune per un’economia più verde, entrambe le parti hanno convenuto sull’istituzione di un comitato congiunto, interamente dedicato alla riformulazione in chiave sostenibile di un’industria chiave come quella degli oli vegetali.

Il dialogo tra UE e ASEAN per il raggiungimento di un accordo sull’olio di palma va avanti da diverso tempo, con il primo meeting che si e’ tenuto per la prima volta online lo scorso gennaio, mentre il secondo meeting è previsto per il prossimo mese. L’incontro inaugurale è stato aperto dal Vice Ministro degli Affari Esteri dell’Indonesia, Mahendra Siregar, e dal Segretario Generale del Servizio d’Azione Esterno Europeo Stefano Sannino. Il gruppo di lavoro congiunto è stato organizzato nell’ambito dell’impegno raggiunto alla 23a riunione ministeriale tenutasi l’1 dicembre 2020 che ha elevato le relazioni UE-ASEAN a livello di un partenariato strategico. Il gruppo ha lavorato nella cornice del raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile globali, compresi quelli legati all’Agenda 2030 delle Nazione Unite.

L’esito della trattativa è stato però a lungo incerto visto che l’UE ha di fatto avviato un divieto all’importazione di olio di palma a partire dal 2030 al fine di ridurre la deforestazione in Asia, sottolineando le ripercussioni ambientali della sua produzione. L’olio di palma pero e’ un prodotto ancora essenziale per le economie di Malesia e Indonesia. Il problema di base rimane quello di un doppio standard. L’UE deve garantire la coerenza tra le sue relazioni con l’ASEAN e i singoli Stati membri dell’ASEAN., infatti Bruxelles ha spesso adottato posizioni nei confronti dei singoli stati dell’ASEAN su questioni specifiche che contrastano con i suoi rapporti con l’ASEAN come blocco, compresa la sospensione dei privilegi commerciali dell’UE della Cambogia a causa di preoccupazioni sui diritti umani e appunto conflitti con l’Indonesia e la Malesia sull’olio di palma. Il fine ultimo è anche quello di rivedere le politiche dell’UE che escludono le nazioni dell’ASEAN da importanti dibattiti sulla sostenibilità. Se l’UE cercasse di imprimere un’accelerazione su un accordo commerciale con l’ASEAN, potrebbe anche integrare standard sostenibili obbligatori, ad esempio usare schemi esistenti come lo standard malese per l’olio di palma sostenibile, applicando così regolamenti per produrre olio di palma in maniera sostenibile.

Le prove scientifiche in questo caso di fatto indicano che l’olio di palma coltivato in modo sostenibile è di gran lunga migliore di altre alternative all’olio di semi: colza, cocco, soia e girasole. Queste materie prime necessitano fino a dieci volte più terra per produrre la stessa quantità di petrolio. Pertanto, invece di arrestare la deforestazione, il divieto trasferisce semplicemente gli effetti del degrado ecologico altrove, vale a dire all’interno dell’UE sulla parte posteriore dei prodotti di produzione nazionale. Nel frattempo l’UE continua a importare carne di manzo e soia, i due principali fattori che contribuiscono alla deforestazione a livello globale, infatti la produzione di carne bovina richiede più del doppio della superficie forestale rispetto alla produzione di soia, olio di palma e prodotti a base di legno messi insieme. Inoltre, confermando il divieto dell’importazione dell’olio di palma indonesiano e malese, l’UE non farebbe nulla per fermarne la sua produzione, in quanto le due nazioni produttrici continuerebbero a produrlo senza aderire agli standard e ai regolamenti ambientali dell’UE e ciò comporterebbe non solo un danno per le foreste tropicali asiatiche, ma per la salute pubblica dell’umanità, una correlazione che la pandemia insegna non può essere separata dall’economia.

Un accordo invece significherebbe avere il meglio di entrambi i mondi: una rinnovata propensione al commercio che apre due potenti regioni commerciali a una nuova era di vitalità economica e cooperazione, garantendo la partecipazione a mercati etici e applicando pratiche sostenibili che mantengono la biodiversità attraverso un impegno rafforzato per proteggere ecosistemi incontaminati e in ultimo anche la salute pubblica globale.

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