Bentornata politica

La citazione di Cavour nel discorso di Mario Draghi al Senato ha probabilmente fatto provare un fremito a chi era abituato agli slogan pubblicitari che, da alcuni anni, caratterizzano discorsi che dovrebbero avere ben altri contenuti. “Le riforme compiute a tempo, invece di indebolire l’autorità, la rafforzano”. Non solo una frase di un personaggio troppo spesso dimenticato e criticato, ma un messaggio che suona come una pesante tirata di orecchie ad un Parlamento che, già prima della pandemia, si era dedicato ad altro che non alle riforme strutturali di cui ha bisogno l’Italia. Draghi ha dimostrato essere anche consapevole della particolarità del momento quando ha menzionato l’inconsueto perimetro di collaborazione che dovrà accompagnare la sua esperienza governativa.

Altro aspetto fondamentale, non solo sotto l’aspetto del lessico, è come sia stato inserito più volte la parola “dovere”, cinque alla pari di “diritti” e che viene utilizzata da Draghi proprio nell’inizio del suo discorso; i diritti in ogni caso non mancano ma viene da riflettere su come il neo premier ne faccia uso per ricordare come in altri Paesi vengano negati e, in tal senso, l’esplicito richiamo alla Cina e alle crescenti tensioni in Asia spicca in quanto proveniente da un economista. Gli scenari asiatici devono essere tenuti in considerazione ad ogni livello; in tal senso il discorso di Draghi sembra si collochi nella scia delle prese di posizione contro il governo di Pechino già di Donald Trump e che difficilmente Biden potrà non seguire. La politica mondiale non può permettersi di lasciare da sole Hong Kong, Taiwan e forse addirittura il Giappone.

Tornando ai fatti di casa nostra è oltremodo forte come Draghi abbia parlato di Nuova Ricostruzione paragonando addirittura questo momento storico al dopoguerra per ricordare come le forze politiche dell’epoca, divise da odi ben più profondi di quelli attuali, seppero trovare punti di unione e coesione senza perdere un’identità che nulla ha a che vedere con quelle nate dai mal di pancia del momento e che continuano a sopravvivere nutrendosi di malumori e sembrano disposte a tutto pur di non perdere la visibilità e quel pezzo di potere che si sono guadagnate.

Non è mancato anche il richiamo al ruolo dell’Italia nella comunità globale; tra ambiente, energia, giovani e scuola è stato ricordato come l’Italia sia tra i fondatori dell’attuale Unione Europea e abbia un ruolo fondamentale nell’Alleanza Atlantica insieme alle altre democrazie occidentali: la presidenza del G7 e del G20 unitamente alla Gran Bretagna è un’importante occasione per assumere un ruolo che difficilmente sarebbe stato riconosciuto a governi non autorevoli e che si reggevano su maggioranze improponibili venute meno non appena un minimo loro tassello si è sfilato. Il peso di Draghi e gli incarichi ricoperti depongono a suo favore a dispetto dei deliri complottari che si muovono in Rete. Dichiarare irreversibile la scelta dell’Euro è un altro chiaro segnale.

Nel confidare che questo governo, destinato ad avere una durata pari a quella residua della presidenza di Sergio Mattarella riesca ad affrontare la pandemia e la ripresa, viene da sperare che il buon senso collettivo prevalga e dopo le esperienze non certo eclatanti di vedere al governo movimenti nati da malumori di piazza vi sia, fino alle prossime elezioni, il tempo per le attuali forze politiche di rivedere le loro posizioni e forse anche la loro stessa esistenza sulla base di una visione complessiva del futuro. Probabilmente l’Italia non è né pronta né matura per giungere ad un sistema bipartitico o quantomeno in cui poche formazioni politiche siano presenti e raccolgano consensi sulla base di programmi politici reali e non su singoli provvedimenti di natura più caritatevole che assistenziale. Draghi ha messo una prima pietra di quella che potrebbe essere davvero una nuova ricostruzione.

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