L’uomo col cilindro (Film, 2020)

Stefano Simone ci sta abituando bene, perché cresce film dopo film. L’uomo col cilindro ci dimostra che cosa può fare un regista dotato di buona tecnica con molta fantasia e pochi capitali, facendo capire ai critici quanto poco conti il budget nell’economia di una pellicola. Ho visto sprecare decine di migliaia di euro da registi affermati, invitati a festival importanti, per mettere in scena la quintessenza del niente, speculando su realtà industriali in decadenza o su stucchevoli poetiche dei buoni sentimenti. Il buon cinema indipendente italiano esiste ancora, lo dimostrano film come questo che partono da una leggenda campestre per mettere in scena una sorta di noir meridionale, tra incubi di bambini e ricordi del passato, precipitando lo spettatore in un’atmosfera di terrore e mistero.

Simone parte da un antefatto che si ricollega al finale e che vede due bambini immersi nel sole della campagna pugliese mentre raccontano la storia di un uomo bruttissimo che compare dal niente per spaventare e rapire i ragazzini. La sagoma dell’uomo col cilindro – spettrale visione da incubo – è straordinaria, appare nello sfondo come nei migliori film di Dario Argento, spaventa e inquieta come nei lavori del Fulci più ardito. L’antefatto del passato si ricollega alla storia contemporanea di Rosa e Natalie, in cerca di fotografie per fare un reportage dalle parti di Villa Rosa, al termine della vecchia ferrovia abbandonata.

Soggettive misteriose, apparizioni inquietanti, affreschi alle pareti che sembrano prendere vita, rose che compaiono dal niente, sparizioni misteriose e su tutto l’uomo col cilindro che appare e scompare come un incubo ancestrale. Finale aperto, con un commissario che tenta di indagare, interroga pochi testimoni, apprende un misterioso evento del passato (che lo spettatore conosce), infine si reca a Villa Rosa e osserva il luogo dove si sono svolti i fatti, mentre il regista prima di far uscire i titoli di coda riesce ancora a dire che esistono cose chiamate mistero. Non anticipiamo altro sulla trama, perché tra le cose migliori del film c’è una suspense palpabile, un continuo stato di tensione che accompagna lo spettatore per oltre un’ora. Sceneggiatura perfetta, dialoghi ben scritti, montaggio compassato, idoneo al tema narrato, fotografia luminosa della campagna pugliese, regia ispirata e risolta.

Simone immortala la sua terra in tutta la selvaggia bellezza, riprende il vento che soffia tra gli olivi, i fichi d’india carichi di frutti, le melagrane mature, il mare in lontananza, le montagne sullo sfondo, le periferie degradate, le ferrovie dismesse e le ville abbandonate, lasciate cadere sulle loro rovine. Simone ha uno stile ben riconoscibile, quindi è un vero autore, persino la colonna sonora di Luca Auriemma ci fa capire che siamo in presenza di un film del regista pugliese, visto che accompagna le sue opere fin dai tempi di Cappuccetto Rosso.

Due parole sulle interpreti principali. Natalie La Torre sfoggia un volto pasoliniano, una bellezza androgina; Rosa Fariello ha un fascino femminile più tradizionale, molto meridionale, che ricorda Monica Bellucci; entrambe recitano benissimo, si danno il cambio (senza rubarsi mai la scena!) in dialoghi naturali scanditi da campi e controcampi gestiti al meglio – persino durante una telefonata (non facile) – da un regista maturo. Bene anche gli altri attori, i loro ruoli sono rapidi e non consentono voli pindarici, ma nell’economia di un film molto teatrale ogni ingranaggio deve essere ben oliato. L’atmosfera tra sogno e mistero è una delle cose migliori di una pellicola che gode di buoni effetti speciali (l’uomo col cilindro che appare improvvisamente), di soggettive angoscianti, di flashback intensi e di panoramiche suggestive.

L’uomo col cilindro è un film che sfoggia un mix ben dosato di cinema d’autore, mistery, horror, persino thriller, noir cupo e angosciante; forse lo vedremo nei circuiti televisivi dove sarà distribuito, ma sarebbe il caso di farlo circolare anche nei migliori festival del cinema fantastico. Una pellicola che riconcilia con il cinema indipendente, un film povero di mezzi ma ricco di inventiva. Prima nazionale: 5 ottobre 2020 a Manfredonia (FG). Consigliato.

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Regia: Stefano Simone. Sceneggiatura: Stefano Simone. Musiche: Luca Auriemma. Fotografia e montaggio: Stefano Simone. Origine: Italia. Produzione: Massimo Bezzati con la collaborazione di Indiemovie e Bee Creative. Anno: 2020. Formato: 16:9 (1.78:1). Durata: 80’. Genere: Mistery. Interpreti: Natalie La Torre, Rosa Fariello, Diego Carli, Antonio Del Nobile, Camilla Toso, Stefania Consiglia Troiano, Simone Balta, Alessandro Ognissanti, Michele Brigida, Giovanni La Tosa.

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[NdR – L’autore dell’articolo ha un suo blog “La Cineteca di Caino”]

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