Roberto Iseppi (Castello di Bevilacqua): la crisi dell’hôtellerie

Il Castello di Bevilacqua (VR) fu costruito nel 1336 da Guglielmo Bevilacqua e fu completato dal figlio Francesco per conto della Signoria Scaligera dell’epoca. Fu concepito come fortezza per difendersi dalle Signorie confinanti, i Carraresi e gli Estensi. La famiglia Bevilacqua trae le proprie origini dal paese di Ala in provincia di Trento e lo dimostra il disegno di un’ala al centro dello stemma. Abile commerciante di legname Guglielmo Bevilacqua, alla corte del Can Grande Mastino della Scala, aveva consolidato la sua passione economica all’interno della città scaligera di Verona, tanto da ricevere regolare investitura di Vassallo del vescovo. Nel 2009 il Castello di Bevilacqua è diventato Hotel Relais grazie alla realizzazione di sette Junior Suite pronte ad accogliere gli ospiti con i loro affreschi, tendaggi, arazzi, tappeti, antichi troni e scrittoi, ma anche con tutti i comfort moderni, compreso l’idromassaggio. Dal 2008 il Castello si è arricchito con la presenza di un ristorante, dal nome All’antica Ala, in virtù della sua posizione, nell’ala più antica del Castello, e dello stemma della famiglia Bevilacqua. Come tanti altre strutture del settore ha risentito dell’emergenza seguita alla pandemia Covid19 e, in merito agli effetti e gestione dell’emergenza, abbiamo intervistato Roberto Iseppi, proprietario e gestore con la moglie della struttura.

Buongiorno Roberto, il castello che gestite come hotel e ristorante è veramente splendido, ma a parte il discorso hôtellerie, dal punto di vista economico e gestionale, a causa della crisi Covid, come ha impattato su di voi e come l’avete affrontata?

Abbiamo subito il lockdown che ha implicato problematiche veramente pesanti per noi dal punto di vista finanziario. A fronte di incassi previsti con base 100 ci siamo trovati di fronte a una realtà pari a 20, e per fronteggiare i costi fissi e continuare a pagare i dipendenti abbiamo dovuto smobilizzare degli asset. Per fortuna avevamo delle auto d’epoca, e abbiamo dovuto venderne la metà, in alcuni casi al 50% del loro valore, per riuscire a sopravvivere. Mi viene da pensare ad altri colleghi, privi di questa possibilità, come possano esserne venuti fuori e dove si trovino adesso con le loro aziende. Molti che conosco so che si trovano in mezzo a problematiche di protesti e sofferenze, tutto questo poi ti porta a rivedere tutta la tua attività, andando a riconsiderare attività come il delivery o il take away. Piccoli palliativi che perlomeno possono dare un sollievo, per quanto minimale, al disastro in cui siamo stati catapultati. Con il personale in cassa integrazione, ci siamo trovati a operare io con mia moglie, che gestisce la struttura con me, e i nostri tre figli, che per fortuna sono grandi e hanno potuto lavorare all’interno del resort, dal ricevimento ad altri impieghi.

Rispetto il dramma che il settore del turismo si è trovato a vivere, il governo si è lungamente dilungato su quanto messo in campo, dai ristori alle garanzie bancarie, tutti questi annunci si sono effettivamente tradotti in realtà?

La verità è che a fronte di 1.000.000 di euro persi, ne abbiamo ricevuti 30.000 di ristoro. Non c’è stato nessun aiuto, questo è quanto, e nemmeno sul fronte bancario. Già il 13 marzo venne emesso un decreto sui crediti deteriorati, e basta essere indietro di 3 rate per ricadere in questa tipologia, per cui ti viene negato ulteriore credito e qualunque moratoria.

Prima accennava ai dipendenti in cig, tutto questo ha quindi influito anche sulla forza lavoro?

Noi avevamo 3 contratti a tempo determinato che vanno a termine a fine anno e non potremo rinnovare, quindi perderemo questi lavoratori. Ma per il clima di paura e insicurezza che regna sovrano, abbiamo perso anche 3 collaboratori di lungo corso, persone che erano qui da 20 anni, che sono passati alla concorrenza in un ambito di maggiore sicurezza, in quanto meno legati alla banchettistica. Oltre il numero abbiamo perso persone esperte, i rimanenti siamo riusciti a mantenerli integrando la cig, che nel nostro caso copre appena il 50-60%. Può immaginare come un lavoratore che percepisce € 1.300 al mese, con un mutuo da € 700, se sia possibile che vada avanti con la cig. A questo punto gli abbiamo fatto fare lavori utili, ma non necessari all’interno del castello, per potergli dare la possibilità di sopravvivere. In questa maniera siamo riusciti a mantenere con noi tutti quelli che non sono andati via volontariamente, ora bisogna vedere quanto durerà ancora questa situazione e quando finirà il blocco dei licenziamenti se riusciremo a mantenerli tutti in servizio, come ci auspichiamo.

Dovere adempiere agli obblighi di protezione dal virus comporta anche una serie di spese aggiuntive?

Mascherine, il gel, i divisori in plexiglass, abbiamo tutto quanto disposto, ma non sono costi particolarmente gravosi questi. Ci sono le pulizie ad-hoc, ma nel complesso non è questo che ci crea affanno, il nocciolo è che è venuto a mancare l’80% di lavoro e quindi occorre riadeguare questa situazione all’interno di una struttura complessa come questa. Basta pensare che anche durante il lockdown, con la chiusura totale abbiamo comunque pagato € 5.000 al mese di energia elettrica e gas. I costi fissi sono altissimi e presenti in ogni caso, ricadono completamente sulle spalle dell’azienda e non sono ristorati. Avevamo iniziato a riprenderci con l’estate e le cose potevano risollevarsi se non fosse intervenuto il secondo lockdown di fatto, con tutto il terrorismo mediatico che ne è stato la cornice. Questo clima ha di fatto azzerato tutto, perché anche con il ritorno alla possibilità di movimento intra-regionale, la gente è stata talmente impaurita che non si sposta lo stesso. Possiamo solo sperare nel 2021.

Qui tocca un punto su cui abbiamo già speso molti articoli, l’impossibilità di programmare. Come potete stilare un piano d’impresa senza sapere se potrete metterlo o meno in atto a causa di un nuovo, possibile, lockdown?

Esatto, tutto questo poi senza ristori adeguati. Ne siamo usciti finora solo alienando asset che avevamo e ora non abbiamo più. L’alternativa è di saltare, come già successo a tante altre attività imprenditoriali del settore. Possiamo solo augurarci che questo incubo possa finire quanto prima per riprenderci la vita di prima, che per quanto ci si lamentasse era certamente meglio di quella attuale.

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