La battaglia per la libertà

In alcune parti del mondo, decine di migliaia di persone scendono in piazza e manifestano per reclamare libertà e democrazia contro regimi oppressivi, corrotti e afferrati al potere. Sono incendi che scoppiano senza preavviso, in luoghi spesso distanti tra loro, addirittura in continenti diversi: recentemente, in Venezuela e Hong Kong, oggi in Bielorussia e Tailandia. Purtroppo, dopo l’esito trionfale del movimento popolare in Ucraina nel 2014 (pretesto per l’aggressività russa), nessuno di questi movimenti ha avuto successo. La ragione è chiara: i regimi al potere dispongono della forza (polizia ed esercito) necessaria per contrastare e, alla fine, il più delle volte reprimere la rivolta popolare. Qua e là, ci sono esempi di membri delle forze repressive che si schierano con i manifestanti, ma sono casi isolati, che solo una stampa disinformata può magnificare. In quei regimi, i militari appartengono a una categoria privilegiata, ricevono quello che agli altri è negato e, perlomeno ai vertici, sono beneficiari della diffusa corruzione. A questo si aggiunge la paura: per la propria carriera, magari per la stessa vita.

Senza paura si dimostrano invece le decine, centinaia di migliaia di persone, giovani per lo più, che sfidano giorno dopo giorno una repressione che sanno essere brutale. Sapendo inoltre di essere isolate, in un mondo in cui nessuno è disposto (forse giustamente) a rischiare interventi e guerra per difendere libertà e democrazia a casa altrui, al di là delle declamazioni di condanna e magari di qualche inutile sanzione. Mentre i dimostranti sanno che i regimi di riferimento per quelli di casa loro (la Cina per Hong Kong, Cuba e la Russia per il Venezuela, Mosca per la Bielorussia) mancano di qualsiasi scrupolo e di qualsiasi esitazione al momento di usare assistenza militare e anche interventi armati diretti (forse lo vedremo in Bielorussia).

La tragedia sta, temo, nel fatto che questi generosi movimenti popolari sono destinati in genere a  spegnersi, per naturale stanchezza o per la riuscita dell’opera repressiva, lasciandosi dietro regimi sempre più diffidenti e oppressivi. Eppure la libertà, e la democrazia vera, senza la quale la libertà è solo un concetto vuoto, sono obiettivi per cui è non solo nobile ma giusto battersi con i mezzi di cui si dispone.

È una lezione che dovrebbe almeno servire nei Paesi, dagli Stati Uniti all’Europa (Italia inclusa) in cui la democrazia sostanziale è messa in discussione ogni giorno da personaggi o forze che si autoproclamano autoritarie. In questi paesi, fortunatamente, battersi per libertà e democrazia non richiede mettere a rischio la propria vita o incolumità, né affrontare arresti e torture, almeno finché ci sarà possibile usare la sola, vera arma consentita in democrazia: quella del voto. E finché il voto sarà dato a quelle forze politiche, a destra come a sinistra, che sono nel fondo garanzia di rispetto dei diritti individuali e guardiane della libertà.

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