Cronache dai Palazzi

La Banca centrale europea rilancia gli acquisti di debito per l’emergenza pandemica: Francoforte ha potenziato la dotazione del programma temporaneo di acquisti di titoli pubblici e privati, il cosiddetto Pepp (Pandemic emergency purchase programme), lanciato nel mese di marzo per fronteggiare l’impatto della pandemia sulla politica finanziaria della zona euro.

La Bce ha messo a disposizione altri 600 miliardi, oltre ai 750 già stanziati, quindi ora il Pepp vale ben 1.350 miliardi e la sua durata è stata prolungata almeno fino alla metà del 2021, in ogni modo fino a che “non riterrà conclusa la fase critica legata al Coronavirus”. Una sorta di scudo anche per il debito pubblico italiano, che consente di spendere per ricucire le falle provocate dalla pandemia senza dover temere una devastante crisi di debito. Francoforte ha in pratica ampliato il proprio ombrello protettivo nei confronti dei Paesi maggiormente colpiti dall’emergenza sanitaria, cercando di tenere a bada le tensioni dei mercati, in attesa che il Recovery Fund diventi operativo.

La Bce sta cercando di monetizzare gran parte del debito pubblico causato dal Covid-19 e la presidente Lagarde ha sottolineato di voler ricondurre l’inflazione “al sentiero pre-Covid”, anche se il percorso si preannuncia lungo e tortuoso e occorrerà del tempo prima di poter tornare a parlare concretamente di ripresa.

La situazione non è delle più rosee. Viene registrata “una crescita in calo a un ritmo senza precedenti nel secondo trimestre, prima di una ripresa nella seconda metà attraverso il sostegno cruciale offerto dalla politica fiscale e monetaria”, ha spiegato Lagarde. Il recupero sarà “tiepido” e la crisi economica si può dire “stia toccando il fondo”. Il Pil 2020 crollerà dell’8,7% ma si tratta dello “scenario di base”, come ha affermato Lagarde precisando che vi sono altri due scenari alternativi. Si prevede infatti una ripresa pari ad un +5,2% nel 2021 e un +3,3% nel 2022.

In sostanza per “fronteggiare i rischi di frammentazione” la Bce ha ampliato lo spazio per comprare Btp italiani e Bonos spagnoli, deviando dalla regola che impone un tetto agli acquisti di titoli di un singolo Paese in base alla sua quota di capitale nell’istituzione europea. Francoforte ha assicurato di reinvestire i bond che scadono almeno per tutto il 2022 e di portare avanti acquisti flessibili “per tutta la durata del Pepp”.

Di fatto, in questo frangente l’Europa sembra esserci. C’è una risposta politica alla gestione urgente della crisi con “Sure”, il prestito agevolato fino a 20 miliardi per la cassa integrazione, e disponibile a settembre; è stata approvata la nuova linea di credito “sanitaria” e, a quanto pare, senza condizioni del Meccanismo europeo di stabilità, disponibile a fine giugno; uno stato di cose che dovrebbe valere fino a 40 miliardi per l’Italia con interessi pari allo 0,08 per cento per dieci anni. Il Recovery Fund, anch’esso disponibile a fine giugno, dovrebbe infine essere dedicato alla ricostruzione con 172 miliardi per l’Italia da investire nel corso dei prossimi anni. Palazzo Chigi sottolinea che “i fondi Ue sono un’occasione storica” e preannuncia che richiederà “anticipazioni più consistenti”. I soldi del Recovery Fund, nello specifico, non sono spendibili nell’immediato e ciò rappresenta un impedimento: “Stiamo lavorando con la Commissione europea per avere delle anticipazioni”, ha spiegato il premier Conte.

Adesso serve un piano per la ripresa per l’Italia. La Bce ha fatto la sua parte. Di fronte al Pil che scende vertiginosamente il premier Conte chiede uno “sforzo corale” e prepara gli “Stati generali dell’Economia”. Da Via XX Settembre, il ministro Roberto Gualtieri ribadisce a sua volta che il Mes è conveniente.

Molto attese le misure dell’esecutivo per rilanciare e sostenere il sistema economico del Paese, soprattutto per quanto riguarda le condizioni di politica monetaria affinché alle imprese pervenga la liquidità necessaria per fronteggiare le conseguenze dell’emergenza Covid. Il ministro Gualtieri ha anticipato che la crisi riporterà il Pil ai livelli del 2000, è necessario quindi “uno sforzo corale” per colmare un gap ventennale. Le misure del decreto Liquidità come ad esempio i prestiti con garanzia statale al 100% fino a 30 mila euro, oppure i prestiti fino a 800 mila euro con garanzia pubblica fino all’80% (e con Confidi fino al 100% con restituzione in 30 anni) sarebbero solo alcuni degli strumenti per favorire la ripresa. Il calo dello spread sembra supportare lo sforzo corale ma sono altresì necessari agili strumenti di erogazione del credito e quindi una chiara risposta da parte del sistema bancario. Anche il ministro dell’Economia ha ammesso che per quanto riguarda i prestiti non tutte le banche adottano procedure rapide.

Il governo sta comunque preparando il “piano di rinascita per l’Italia” e nel contempo un documento di indirizzo per la legge di Bilancio da affrontare in autunno. L’obiettivo è stabilire una “visione” più a lungo termine, anche in collaborazione con le opposizioni e con le parti sociali, all’insegna del “dialogo” come ha sottolineato il ministro dell’Economia Gualtieri, auspicando un lavoro corale per la “costruzione” del piano. “Noi dobbiamo ascoltare: le proposte intelligenti sono state accolte nel decreto Liquidità. Questa è la fase della costruzione non della rissa”, ha ammonito Gualtieri. In sostanza, i miliardi messi a disposizione dall’Ue non rappresentano “un tesoretto di cui deve disporre il governo in carica”, come ha spiegato il presidente del Consiglio, bensì una “risorsa dell’intero Paese”.

Le opposizioni però incalzano: “Il cambio di passo non si può declinare al futuro”, ha affermato Mariastella Gelmini di Forza Italia, “se Conte fa sul serio lo dimostri con la disponibilità ad accogliere le idee delle opposizioni”. Anche Giorgia Meloni sottolinea il “farà” del governo che declina le proprie azioni al futuro: “Con quale coraggio si fanno nuove promesse quando non sono ancora arrivate le risorse promesse da due mesi?”, ha dichiarato la leader di Fratelli d’Italia. Mentre per Matteo Renzi “gli impegni vanno nella giusta direzione” ma “adesso bisogna passare dalle parole ai fatti. Cominciando dal piano Shock su infrastrutture e scuole”.

Dai banchi della maggioranza si ribadisce che “è il momento di mettersi al tavolo e decidere insieme quello che si può fare. Credo ci siano le condizioni perché questo accada”, ha affermato Andrea Orlando del Pd. Il capo dei 5 Stelle Vittorio Crimi, invece, descrive le parole di Conte “lungimiranti e che ben rappresentano il Paese che vogliamo ricostruire: moderno, all’insegna della digitalizzazione, della semplificazione, di infrastrutture e opere realmente utili, di una giustizia rapida ed efficace, di investimenti in ricerca e sostenibilità ambientale”.

Occorre necessariamente “guardare avanti” afferma il ministro dell’Economia mettendo in evidenza che comunque c’è stata “una linea di tenuta: il 4,5% del Pil. Ora dobbiamo andare all’attacco. Possiamo farlo con risorse importanti e farlo insieme per costruire un piano ambizioso”, spiega Gualtieri. Al primo posto vi è la semplificazione della macchina amministrativa e quindi l’alleggerimento dell’apparato burocratico anche per rendere più agili gli investimenti pubblici e privati.

Per quanto riguarda il Mes “non ci sono condizionalità, ma c’è l’impegno a realizzare riforme”, ha ricordato il ministro Gualtieri. “Non riforme che ci impone qualcuno, ma che noi riteniamo utili. E le condizioni sono estremamente favorevoli”. Dove “riforme” non vuol dire ridimensionamento della spesa sociale, bensì, ad esempio, l’esigenza di investire in grandi strutture pubbliche di tutela della salute, ciò che, come ci ha insegnato la pandemia, rappresenta una precondizione per lo sviluppo di un sistema Paese efficiente. Gualtieri accenna anche ad “una riforma verso una società cashless”, ossia senza contanti, e poi “finanziare una riforma fiscale che riduca la pressione sulle imprese”. Nel contempo il premier Giuseppe Conte preannuncia incentivi per i pagamenti elettronici per consentire “l’emersione del sommerso e l’interconnessione delle banche con i dati pubblici”.

I circa diecimila emendamenti depositati in commissione alla Camera per il decreto legge Rilancio fotografano però le storture della classe politica, che neppure il Coronavirus è riuscito a ridimensionare. Tutto ciò fa parte ovviamente del buon funzionamento della democrazia, che prevede un ampio dibattito attorno ai provvedimenti lanciati dal governo ma, di certo, comporta un drastico rallentamento delle decisioni e un penalizzante arresto per quanto riguarda la realizzazione dei provvedimenti più urgenti e di assoluta necessità per risolvere la crisi in corso. Come ha ricordato il premier Conte se l’emergenza sanitaria si può considerare alle spalle ora l’emergenza è “economica e sociale” e, in questo contesto, si prevede un autunno rovente ma “abbiamo l’occasione di rinnovare l’Italia dalle fondamenta e superare problemi strutturali”.

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