Italia delle Regioni

La Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, presieduta da Stefano Bonaccini, ha approvato un ordine del giorno sulla cosiddetta “Fase 2” dell’emergenza Covid-19. Il documento è stato illustrato e consegnato al Governo nel corso della Conferenza Stato-Regioni dal Presidente Bonaccini. “Si sta assistendo positivamente in questi giorni – si legge nel documento – alla ripresa graduale delle attività produttive che in forza di precedenti decreti avevano sospeso le attività”. Ma “Il DPCM 26 aprile 2020 nonostante le prime indicazioni per la riapertura non ha previsto un cronoprogramma relativamente alle numerose attività ancora sospese o chiuse”.

Secondo le Regioni c’è “il rischio” che “una sospensione prolungata” delle “attività economiche non contemplate nel decreto mette fortemente a rischio la sopravvivenza di migliaia di attività economiche, determinanti per le diverse economie regionali e per la tenuta del tessuto sociale del Paese”. “I dati epidemiologici sono in costante diminuzione in tutto il territorio nazionale ed è stato attivato un sistema di monitoraggio da parte del Ministero della Salute per verificare eventuali recrudescenze dell’epidemia e monitorare il rischio contagio” e “il livello di saturazione delle strutture ospedaliere è in costante diminuzione” ed è in corso “anche col sostegno del Governo attraverso ulteriori ed imminenti provvedimenti, il potenziamento strutturale della rete sanitaria”. Inoltre “sono stati sottoscritti e sono in corso di sottoscrizione i Protocolli per l’individuazione delle misure di sicurezza con le parti sociali a tutela dei lavoratori e delle lavoratrici in tutti i settori economici”.

Per questi motivi le Regioni chiedono che “entro il 17 maggio venga adottato un nuovo DPCM con il coinvolgimento delle Regioni per consentire alle Regioni stesse di procedere autonomamente, sulla base delle valutazioni delle strutture tecniche e scientifiche dei rispettivi territori, a regolare le riaperture delle attività previa adozione da parte delle imprese di tutte le misure per la tutela dei lavoratori ed il contenimento del contagio come definiti dagli specifici protocolli di sicurezza, fermo restando che la competenza sulla mobilità interregionale è di competenza nazionale”.

Inoltre le Regioni chiedono che dal prossimo 11 maggio “possano procedere ad anticipare la riapertura dei settori del Commercio al dettaglio fermo restando la necessaria sottoscrizione dei relativi protocolli di sicurezza con le parti sociali a tutela dei lavoratori”.

I comuni italiani associati nell’Anci stanno lavorando con il governo per rispondere alle esigenze dei bambini e dei ragazzi. Rispondere ai loro bisogni di socialità che, se inascoltati, rischiano di diventare un’emergenza sanitaria di secondo grado, e aiutare le famiglie sulla conciliazione con i tempi di lavoro, sono due macro obiettivi attorno ai quali comporre il quadro dei servizi”. Così Cristina Giachi responsabile Scuola Anci e vicesindaca di Firenze.

“I Comuni – precisa – hanno avanzato le loro proposte ai ministeri della Famiglia e dell’Istruzione per configurare a partire da giugno un’offerta di servizi educativi articolata, sostenibile e differenziata per le diverse fasce d’età: servizi educativi anche sperimentali per la fascia 0-6; centri estivi per la fascia 3-14”.

Secondo la vicesindaca di Firenze, “è necessario prima di tutto disporre di un protocollo nazionale condiviso sulla sicurezza sanitaria per operatori e bambini, di un quadro normativo che sblocchi le attuali sospensioni e di una messa a disposizione di risorse in misura sufficiente a organizzare servizi efficaci”.

Fin qui il disegno. Quindi Giachi parla di risorse e di riorganizzazione dei servizi. “Resta inteso – continua la responsabile Scuola dell’Anci – che ci sembra difficile poter sopperire completamente alla mancanza della scuola per l’infanzia, soprattutto in certe zone del Paese dove questa è interamente statale e difficilmente un’offerta organizzata dei Comuni, in collaborazione con i gestori del privato sociale, potrà far fronte alla domanda e al bisogno.

Tutta questa progettazione dovrà necessariamente obbedire al principio di eguaglianza, poiché la rarefazione della scuola rischia di scavare un abisso di diseguaglianze tra cittadini di diversa età e differenti aree del Paese”.

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