La veritaaaà (Film, 1982)

La veritaaaà è un vero e proprio testamento spirituale di Cesare Zavattini, che dopo aver collaborato a Il viaggio (1974) di De Sica non aveva più lavorato per il cinema, dedicandosi alla sola letteratura. Zavattini negli ultimi anni della sua vita diceva spesso di avere il rimpianto di non aver fatto il regista, limitandosi a scrivere soggetti e sceneggiature che rendevano il suo contributo zoppo, mancante della parte più importante.

Il sodalizio con De Sica aveva prodotto grandi capolavori, da Ladri di biciclette a Sciuscià, passando per La ciociara e Umberto D, ma il geniale scrittore non si sentiva appagato. Aveva visto Berlinguer ti voglio bene di Giuseppe Bertolucci ed era rimasto affascinato dalla spontaneità della pellicola e dall’interpretazione di Roberto Benigni. L’attore toscano gli sembrava perfetto per interpretare una vecchia idea che covava dal 1962, quando aveva depositato in Rai il soggetto di Assalto alla Tv, pensato per Jannacci, cantante diventato ribelle dopo un’audizione andata male. L’idea si modifica nel tempo, diventa prima una commedia musicale (mai fatta), quindi confluisce nella storia di Antonio (Zavattini), un pazzo in fuga dal manicomio, inseguito dalla polizia, che arringa la folla, parla in televisione nel nuovo canale della verità, infine incontra il Papa e lo intrattiene sui temi più importanti dell’umanità. Abbiamo persino l’incontro con la Morte, ma è presto per andarsene, Antonio deve restare sulla Terra e diffondere la buona novella a base di verità, pensiero, intelligenza e ricerca della pace. Benigni riferisce di essere stato interpellato da Zavattini per il ruolo di protagonista, di aver letto un copione di circa settecento pagine, pieno zeppo di idee e di metafore sulla vita, un vero e proprio compendio del pensiero di Zavattini. L’attore e il regista fanno diverse sedute di sceneggiatura insieme, poi Benigni viene chiamato da Ferreri come protagonista di Chiedo asilo e rinuncia al progetto, che – anche a suo giudizio – è perfetto per essere interpretato da Zavattini, ormai ottantenne. “Il protagonista sei tu”, dice Benigni “in questo film hai messo tutto te stesso, tutto il tuo modo di vedere la vita, tutto il tuo pensiero”.

Rivisto oggi La veritaaaà mostra la corda di un’eccessiva verbosità, è molto teatro e poco cinema, più metaforico e ideologico di quanto sia storia, ma conserva tutto il suo fascino. Trasgressivo nei dialoghi, ricco di riferimenti politici ed erotici, porta avanti un discorso basato sull’importanza del pensiero (Si passa tutta una vita senza pensare, ci sono miliardi di persone che non pensano …), critica il falso pensiero che produce guerre, invita a rigettare le vecchie parole del passato per produrne di nuove, critica la religione consolatoria e propugna una fede attiva che porti il mondo verso la pace. Straordinaria la fuga di Antonio dal manicomio: Oggi cominciamo a pensare!. Metaforica la nascita sull’autobus quando dal ventre di una donna escono colombe, quindi vediamo l’incontro tra un cattolico e un laico, le catacombe, il discorso dal balcone sul pensiero. Non pensare è peggio della fame! La guerra è frutto del non pensiero!

Antonio è un nuovo Gesù, un profeta che incita la folla a pensare, a liberarsi delle pastoie in cui il passato la rinchiude, vediamo parole vomitate da bocche aperte in un gesto liberatorio. Zavattini fa un discorso chiaro contro guerra e consumismo, mostra la necessità di dire la verità, invita gli uomini in televisione perché ognuno dica la sua verità, esprima il suo pensiero. La sfida rivolta al mondo è proprio quella di dire la verità, la cosa più difficile, perché anche l’autore si rende conto di non averla detta fino in fondo.

Un film ricco di comicità da cartone animato, quasi slapstick, inserita in una cornice drammatica, che sfrutta il linguaggio del corpo, il gesticolare eccessivo e il tono recitativo alto di Zavattini. Molto teatro dell’assurdo, da Beckett a Ionesco, è fonte ispiratrice di un lavoro a progetto, ideologico e metaforico, certo non didascalico, ma pieno zeppo di felici intuizioni e di apodittiche asserzioni sul senso della vita. La pace per Zavattini è una cospirazione alla luce del sole, mentre la sinistra non ha il coraggio della propria grandezza, infine quando si dice la verità non si deve mai chiedere scusa.

Basterebbero queste poche frasi a fare de La veritaaaà un film ancora oggi fondamentale e da rivedere. Ho fatto qualcosa in vita mia – dice il protagonista – sono diventato pazzo. Ed è proprio da un pazzo che parte la sfida alla ricerca della verità per insegnare al mondo l’importanza del pensiero e la necessità della pace. Piccolo gioiello dimenticato.

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Regia, Soggetto e Sceneggiatura: Cesare Zavattini. Produttore: Marina Piperno. Durata: 65’. Genere: Grottesco. Interpreti: Cesare Zavattini, Vittorio Amandola, Pietro Zardini, Pietro Barreca.

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[NdR – L’autore dell’articolo ha un suo blog “La Cineteca di Caino”]

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