Cronache dai Palazzi

La risoluzione riguardo al Meccanismo europeo di stabilità è stata approvata dal Senato con 165 Sì, 121 No e 2 astenuti. L’Aula di Palazzo Madama ha condiviso quindi la risoluzione presentata dal governo sulle comunicazioni del presidente del Consiglio Giuseppe Conte.

Il premier ha parlato prima a Montecitorio – dove i sì al Mes sono stati 291 contro i 341 che il Conte II aveva incassato il giorno della fiducia – poi in Senato ha esposto i contenuti da discutere al Consiglio europeo difendendo comunque la riforma del Mes. Il premier Conte ha puntualizzato che “la revisione del trattato sul Mes non apporta modifiche sostanziali al trattato già esistente e – in particolare – non introduce, ed è nostra ferma intenzione che questo non accada, alcun automatismo nella ristrutturazione del debito di uno Stato, ma lascia alla Commissione europea il fondamentale ruolo di valutarne la sostenibilità  e di assicurare la coerenza complessiva delle analisi macroeconomiche effettuate sui Paesi membri”.

Per il presidente del Consiglio “l’Italia non ha nulla da temere anche perché il suo debito è pienamente sostenibile, come dimostrano le valutazioni delle principali istituzioni internazionali”. Per di più Conte rassicura che “la posizione del governo in sede europea sarà sempre coerente con gli indirizzi definiti dalle Camere, nel caso di eventuale richiesta di attivazione del Mes il Parlamento sarà pienamente coinvolto, con una procedura chiara di coordinamento e di approvazione”. All’atto pratico il centrodestra ha presentato risoluzioni congiunte contro il progetto di riforma del Meccanismo europeo di stabilità che però in Aula sono state tutte respinte. In Parlamento si è registrato un clima alquanto burrascoso al punto che il premier Conte ha invitato “chi vuole l’Italia fuori dalla moneta unica” a uscire allo scoperto.

Nell’aria si respira un’eventuale crisi di governo ma è anche vero che sembra essere stata stesa una rete a difesa della legislatura. Dato l’imminente taglio dei parlamentari, molti di coloro che sono stati eletti nel 2018 sanno che in caso di voto anticipato potrebbero non tornare in Parlamento quindi, come ha osservato il leader di Forza Italia Silvio Berlusconi, è possibile “che da altri partiti ci siano supporti al governo affinché rimanga in carica tutta la legislatura”. Una sorta di “opposizione anti-voto”, non esplicitata.

Si teme in effetti una caduta del governo dopo l’Epifania. In particolare il leader del Carroccio e la leader di Fratelli d’Italia ventilano una crisi della maggioranza a gennaio, e un eventuale ritorno alle urne nella primavera del 2020.

Da Bruxelles il premier Conte avverte. “Chi vuole scommettere su Salvini lo faccia pure ma dovrà aspettare alcuni anni, se c’è un gruppo di responsabili pronto a rafforzare il governo non lo so e lo valuteremo ma di certo chi lavora con noi ha la possibilità di governare e contribuire a fare le riforme, dare il proprio apporto, chi sta con Salvini no”. Queste le parole lapidarie del premier a margine del Consiglio europeo per dare spiegazioni riguardo alle voci sui presunti cambi di casacca, o puntellamenti, a svantaggio della coesione dell’esecutivo. Pensando a governare nel presente, Giuseppe Conte afferma di non voler prefigurare “scenari futuri” e “di sicuro non mi auguro altre frammentazioni della maggioranza”, ha dichiarato il premier. E riguardo alla complessa situazione del Mes – per cui i partiti della maggioranza hanno trovato un accordo e dato mandato al premier Conte di discutere del Meccanismo europeo di stabilità al Consiglio europeo, cercando magari di provare a rinviarne l’approvazione – l’essenziale è che “alla fine sia alla Camera che al Senato abbiamo avuto un riscontro numerico che è quello che conta”, ha affermato Giuseppe Conte aggiungendo: “C’è stata una piena dimostrazione di coesione della maggioranza. Non entro nel merito della posizione dei singoli parlamentari”. Il presidente del Consiglio spiega inoltre di non essere “preoccupato per la tenuta del governo, e nel vertice di lunedì affronteremo non l’agenda dei prossimi anni – sottolinea Conte – ma le questioni più urgenti, il maxiemendamento, il merito dei provvedimenti sulla giustizia e di altri nodi da sciogliere subito, ma non del cronoprogramma, quello lo faremo a gennaio quando sarà chiusa e approvata la legge di Bilancio”.

Nel corso del Consiglio europeo si discute inoltre di clima e bilancio europeo; l’Italia punterebbe ad escludere dal patto di stabilità e crescita gli investimenti verdi, cercando per di più di ottenere una più “ampia” flessibilità. Altra questione della quale discutere con gli interlocutori europei, in primo luogo con Germania e Francia, è il fronte del Mediterraneo e quindi la situazione della Libia. Con Merkel e Macron, inoltre, Conte mirerebbe a costruire una posizione “europea” anche di fronte all’avanzata della Turchia in accordo con la Russia.

Uno degli obiettivi più importanti per il prossimo anno  è di certo l’incremento della crescita e nel contempo degli investimenti, creando ad esempio le condizioni affinché gli investitori stranieri prendano in considerazione il nostro territorio e la nostra economia. Quindi alcuni aspetti essenziali del cronoprogramma saranno “la giustizia civile e penale, quella tributaria” ed ancora, “interventi su cantieri e investimenti e sulla burocrazia”.

“Non bisogna fare l’errore di relegare al passato gli attacchi alla democrazia”, ha a sua volta affermato il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, da Milano, ricordando la strage di Piazza Fontana. Mattarella è il primo capo dello Stato che ha voluto partecipare alla commemorazione delle vittime del 12 dicembre 1969 quando una bomba esplose nella Banca dell’Agricoltura di piazza Fontana a Milano. Invitando a “non commettere l’errore di pensare che siano questioni relegate a un passato più o meno remoto”, il presidente Mattarella ha esortato l’intera società civile a “scongiurare che si possano rinnovare in Italia le fratture terribili in cui si inserirono criminalmente quei fatti”. Al bando inoltre pericolose operazioni “revisioniste” e “disinvolte manipolazioni, strumentali del passato”, che potrebbero magari favorire “interpretazioni oscure  entro le quali si pretende di attingere versioni a uso settario nel tentativo di convalidare, a posteriori, scelte di schieramento, opinioni di ieri”. Accogliendo le lungimiranti parole del capo dello Stato anche il sindaco di Milano, Beppe Sala, ha evidenziato che all’interno dell’attuale società “spira un vento gelido di rabbia” e “dobbiamo unirci per contrastarlo”.

Ricordare vuol dire quindi far tesoro della memoria anche per individuare colpe e responsabilità, che possono riguardare anche delle “strutture dello Stato” che depistando non hanno rispettato il patto di fedeltà con le istituzioni. Come ha ammonito il presidente Mattarella, “non si serve lo Stato se non si serve la Repubblica e, con  essa, la democrazia”.

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