Il nuovo Presidente dell’Europarlamento

Il ruolo di Presidente del Parlamento Europeo, che rappresenta l’Assemblea sia all’interno dell’Unione che a livello internazionale, si basa su un accordo tra le due maggiori delegazioni politiche rappresentate nell’assise, il Partito Popolare Europeo e l’Alleanza Progressista dei Socialisti e dei Democratici. Proprio in base a tale accordo il quinquennio parlamentare viene diviso in due e il Presidente viene quindi eletto per due anni e mezzo, il primo posto viene assegnato all’opposizione, il secondo allo schieramento vincente. L’uscente Presidente Antonio Tajani dei Popolari vede quindi l’avvicendamento nella carica con il rappresentante dei Socialisti David Sassoli, mantenendo peraltro la continuità nazionale.

Esponente del Partito Democratico, David Sassoli è stato eletto il 3 luglio scorso diventando il sedicesimo Presidente dell’Europarlamento dalla nascita, che vide come primo supremo rappresentante il francese Robert Schuman. E’ stato eletto con 345 voti, imponendosi sugli altri candidati, la tedesca Ska Keller (Verdi, 119 voti), la spagnola Sira Rego (Gue-Sinistra, 43 voti) e il ceco Jan Zahradil (Conservatori e riformisti, 160 voti).

Il neo-presidente è nato a Firenze e ha 63 anni, ha lavorato come giornalista per più di vent’anni: prima per il Giorno e poi al Tg3 e al Tg1, di cui è stato vicedirettore fra il 2006 e il 2009. Sassoli in particolare ha condotto per parecchi anni il Tg1 delle 20, a lungo il telegiornale più seguito in Italia. In seguito lasciò la RAI nel 2009 per candidarsi al Parlamento Europeo con il Partito Democratico: fu eletto con un numero altissimo di preferenze, circa 412mila. Nei dieci anni di carriera al Parlamento Europeo, Sassoli è stato impegnato soprattutto in attività istituzionali: dal 2014 era vicepresidente, ed era chiamato spesso a sostituire Tajani, anche in aula. Come membro della commissione Trasporti e turismo, Sassoli è stato relatore della riforma ferroviaria europea (IV pacchetto ferroviario) e del Cielo unico europeo.

La trattativa che ha portato all’elezione di David Sassoli è stata particolarmente complicata per l’accavallarsi del rinnovo delle più importanti cariche ai vertici europei. La negoziazione tra le diverse parti politiche e gli stati membri ha visto la necessità di trovare un equilibrio nella scelta del Presidente del Consiglio europeo, del Presidente della Banca centrale europea (BCE) e del Presidente del Parlamento europeo (su cui il Consiglio europeo comunque non ha potere di esprimersi). A complicare ulteriormente la tornata delle nomine il fatto che il ruolo principale, quello esecutivo di Presidente della Commissione, deve raccogliere il sì dal 72% dei Paesi UE (quindi almeno 21 paesi su 28) che rappresentino il 65% della popolazione UE.

Commentando la sua elezione dopo la votazione, il Presidente Sassoli così si è rivolto all’assemblea plenaria: “In questi mesi, in troppi, hanno scommesso sul declino di questo progetto, alimentando divisioni e conflitti che pensavamo essere un triste ricordo della nostra storia. I cittadini hanno dimostrato invece di credere ancora in questo straordinario percorso, l’unico in grado di dare risposte alle sfide globali che abbiamo davanti a noi. Dobbiamo avere la forza di rilanciare il nostro processo di integrazione, cambiando la nostra Unione per renderla capace di rispondere in modo più forte alle esigenze dei nostri cittadini e per dare risposte vere alle loro preoccupazioni, al loro sempre più diffuso senso di smarrimento. Siamo immersi in trasformazioni epocali: disoccupazione giovanile, migrazioni, cambiamenti climatici, rivoluzione digitale, nuovi equilibri mondiali, solo per citarne alcuni, che per essere governate hanno bisogno di nuove idee, del coraggio di saper coniugare grande saggezza e massimo d’audacia. L’Europa ha ancora molto da dire se noi, e voi, sapremo dirlo insieme. Se sapremo mettere le ragioni della lotta politica al servizio dei nostri cittadini, se il Parlamento ascolterà i loro desideri e le loro paure e le loro necessità”.

In un momento in cui il dibattito politico si incentra sulla gestione dei flussi migratori, il pensiero del neo-presidente, sicuramente antitetico rispetto le idee populiste e nazionaliste, si può riassumere in questa sua dichiarazione: “Sono figlio di un uomo che a vent’anni ha combattuto contro altri europei, e di una mamma che, anche lei ventenne, ha lasciato la propria casa e ha trovato rifugio presso altre famiglie. Io so che questa è la storia anche di tante vostre famiglie. E so anche che se mettessimo in comune le nostre storie e ce le raccontassimo davanti ad un bicchiere di birra, non diremmo mai che siamo figli o nipoti di un incidente della storia. Questo Parlamento crede che sia arrivato il momento di discutere la riforma del Regolamento di Dublino che quest’Aula, a stragrande maggioranza, ha proposto nella scorsa legislatura. L’Unione europea non è un incidente della Storia, siamo i figli e i nipoti di coloro che sono riusciti a trovare l’antidoto a quella degenerazione nazionalista che ha avvelenato la nostra storia”.

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