Alberto Vacchi (IMA): condivisione, impresa e crescita

In occasione della presentazione del bilancio 2018 di IMA, azienda leader a livello mondiale nel settore delle macchine automatiche, la stampa ha avuto il piacere di porre una serie di domande sull’azienda e la situazione globale dell’economia e del mercato, in aggiunta ad alcune considerazione sull’evento del 1 maggio, al presidente Alberto Vacchi.  Laureato in Giurisprudenza, imprenditore, Vacchi ricopre la carica di Amministratore Delegato di IMA S.p.A. dal 1996 e quella di Presidente del Consiglio di Amministrazione dal 2007.

In IMA Alberto Vacchi ha guidato la crescita puntando su innovazione e qualità, imprimendo al Gruppo una forte crescita internazionale. IMA esprime oggi una vera e propria leadership mondiale nel settore delle macchine automatiche per il packaging, con ricavi pari a 1,44 miliardi di euro e oltre 6.000 dipendenti. Alberto Vacchi è stato Presidente di Unindustria Bologna per il quadriennio 2011-2015 e ha guidato il processo di fusione con Confindustria Modena e Unindustria Ferrara nel biennio 2015-2017. Alberto Vacchi è stato eletto Presidente di Confindustria Emilia Area Centro per il primo biennio. L’8 novembre 2018 ha ricevuto dalle mani del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, l’onorificenza di Cavaliere del Lavoro nel corso di una cerimonia tenutasi nella splendida cornice del Palazzo del Quirinale. Istituita nel 1901, l’onorificenza di Cavaliere del Lavoro viene conferita ogni anno in occasione della Festa della Repubblica a imprenditori italiani, che si sono distinti nei cinque settori dell’agricoltura, dell’industria, del commercio, dell’artigianato e dell’attività creditizia e assicurativa.

Presidente, siamo in sede di bilancio, quale è la sua valutazione?

Il 2018 è stato stabile, ed anche il 2019 rispetta quanto ipotizzato, una situazione decisamente positiva che rispecchia le nostre previsioni.

Per il 2019 oltre l’aumento di fatturato avete in previsione ulteriori acquisizioni?

Noi siamo sempre attenti a cogliere le eventuali opportunità di mercato, abbiamo già fatto un paio di acquisizioni piccole, continuiamo nella logica di guardarci attorno proprio seguendo la politica della crescita a piccoli passi. Le possibilità di crescita esterna rimangono interessanti.

La situazione italiana non vi preoccupa quindi più di tanto?

In realtà la situazione italiana preoccupa, gli influssi negativi di un paese instabile sono presenti, anche se il mercato azionario ora si è ripreso, il momento è abbastanza confuso. Speriamo che nel medio periodo si evidenzi la voglia di promuovere la crescita.

Come lo giudicate Il rallentamento della crescita registrato a marzo?

No, noi avevamo già messo dentro questo nel ragionamento di crescita complessiva di IMA, pur constatando un rallentamento marginale di GIMA, che però è largamente compensato da un guadagno netto altissimo. Ci sono solo alcuni problemi di assestamento sui prodotti di nuova generazione, mentre abbiamo un notevole incremento aziendale negli altri comparti che IMA presidia. L’obiettivo che stiamo perseguendo e che rientra nel trend attuale, è di un ulteriore aumento dell’utile netto per il 2019. Gli ordinativi stanno proseguendo molto bene e i programmi di crescita che abbiamo stilato sono rispettati.

Rispetto l’assenza degli imprenditori, lei è stato un caso unico nel 2013, sul palco del 1 maggio. Lei cosa ne pensa? Alcuni giornali hanno scritto che questa assenza è ‘strana’ nel contesto del modello emiliano.

Nel rispetto di ruoli diversi, credo che mai come ora gli obiettivi di aziende e sindacati siano collimanti, siamo partecipi dei bisogni dei lavoratori in questo momento congiunturale difficile. Sono argomenti che devono vedere mondo del lavoro e imprese coinvolte in un percorso comune. Non vedrei l’assenza sul palco nel senso che alcuni giornali hanno voluto assegnargli, è un gioco di ruoli, anche paradossalmente, corretto in questo momento. Mi pare che il modello emiliano rispetti quanto finora prodotto in questi anni e mantenga inalterato tutto il suo valore. Sinceramente non vedo cambiamenti particolari dal 2013 ad oggi, ipoteticamente potrei pensare che si siano voluti tenere separati i diversi ruoli, ma non mi pare un fatto particolarmente importante. Allora mi chiesero se avessi problemi a partecipare, accettai volentieri, ma non vedo posizioni alterate e differenze da allora. E’ giusto che il palco sia un luogo del mondo del lavoro e le imprese possono partecipare in tante maniere, i presupposti fondamentali del modello emiliano sono vincenti e non possono essere inficiati da queste supposizioni.

I dati Istat sulla crescita dell’occupazione come li valuta?

Dati di questo tipo sono sempre positivi, ma è sempre la crescita economica che trascina l’occupazione. La sfida sarà proprio quella di costruire e gestire questo nuovo modello industriale che sarà il patrimonio collettivo dei prossimi decenni. Questo per evitare impatti occupazioni negativi, il modello emiliano rimane particolarmente forte proprio su questi aspetti e ne ribadisco tutta la sua validità.

Le tre parole chiave che lei propone per il futuro?

Ripeterei quelle che dico da sempre, ovvero ‘condivisione’, il percorso va sempre condiviso assieme perché esplichi tutte le sue potenzialità. ‘Non demonizzazione dell’impresa’, che purtroppo ha subito attacchi nel corso degli anni, secondo me non a ragione e non a vantaggio dei lavoratori. Terzo ed ultimo, ‘crescita’, non si può pensare in una dinamica come quella che stiamo vivendo, con una contrazione a livello globale, che però è fisiologica, un paese come l’Italia deve poter crescere. Il nostro paese si trova paradossalmente in una situazione migliore di altri, in quanto presidia tipologie di prodotti che nei prossimi anni saranno particolarmente richiesti. Per assurdo certe dinamiche occupazionali che possono essere critiche per altri paesi, possono viceversa esserlo meno per l’Italia. Questi aspetti devono poter diventare un credo per qualsiasi governo, sia questo attuale che altri.

Rispetto la proposta di un salario minimo garantito che cosa ne pensa? In un settore come il vostro con un CCNL forse è meno importante che in altri?

Dove esistono contratti di categoria il problema penso non si ponga o comunque non sia incidente, in altri settori può essere diverso. Mi viene da dire che sarebbe più logico accorpare vari contratti in uno diminuendone il numero.

Alle criticità storiche della crisi Argentina e i dazi alla base della guerra commerciale USA-Cina, si aggiungono due problemi nuovi come l’aumento del prezzo del petrolio e, ristretto all’Italia, l’aumento dello spread conseguente la fine del QE da parte della BCE. Negli altri paesi lo spread è calato pur in assenza degli incentivi in liquidità della Banca Centrale, solo in Italia è aumentato e incide fortemente dato il nostro esorbitante debito pubblico, questo può portare ad ulteriori problemi per le aziende?

Certamente il discorso dello spread è assolutamente preoccupante in quanto porta a delle distonie sul versante del finanziamento e credito alle imprese. Per quanto riguarda il prezzo del petrolio è sicuramente incidente per i cittadini, così come per le imprese energivore, nel nostro caso è certamente meno importante (NdA – https://ima.it/it/csr/social-sustainability/ e https://ima.it/it/csr/). Più che il petrolio che è una criticità globale, mi preoccupa lo spread che è un problema tipicamente italiano e riflette una instabilità molto forte ed un grado di incertezza molto alto rispetto le dinamiche europee dell’Italia.  L’Europa non naviga nell’oro e questo è sicuramente un problema, ma è anche vero che l’Italia è sempre l’ultima del carro, e da italiano questo non mi fa molto piacere.

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