Dopo le Europee

Per l’Italia, le cose parlano da sole: la Lega, con il 34% dei voti, ha fatto uno straordinario balzo in avanti a livello nazionale. I 5Stelle hanno avuto una sonora batosta, perdendo 15 punti percentuali. Il PD ha avuto una incoraggiante, ma non clamorosa, rimonta. Come spiegare questi risultati? I voti della Lega sono voti di Salvini, il quale ha avuto, in un anno di governo, l’intelligenza e la costanza di puntare sul binomio immigrazione-sicurezza, fortemente sentito da tanti italiani. Ma ha saputo anche presentarsi come il sostegno dello sviluppo economico e dei lavori pubblici, TAV inclusa. I 5Stelle hanno pagato l’inconsistenza di Di Maio e il percepito appiattimento su Salvini. Non va dimenticato che, a differenza della Lega, il Movimento ha una composizione variegata. Non è strano che la componente naturalmente di sinistra fugga, ritornando al PD o scegliendo l’astensione. E il PD se ne è giovato, oltre che della normale “rendita di posizione” di chi sta all’opposizione, in una fase che non è positiva per economia e occupazione.

In Europa, l’assalto dei sovranisti non è riuscito. La Destra nazionalista ha avuto risultati buoni, non esaltanti. In Germania la destra estrema è restata al 10%. In Francia la Le Pen ha di poco superato un Macron messo in crisi dal movimento dei gilets jaunes, ma ha preso molti meno voti di quelli ricevuti nelle precedenti europee e nelle presidenziali del 2017. In Spagna e in Olanda hanno vinto i socialisti. E in molti paesi membri, i verdi e i liberaldemocratici hanno avuto notevoli successi. Il caso della Gran Bretagna è ovviamente atipico: il partito di Nigel Farage è arrivato in testa, cannibalizzando i conservatori e anche una parte dei laburisti pro-Brexit (cioè c’è stato uno spostamento di forze tra gruppi egualmente antieuropei) ma Liberal-Democratici, Laburisti e Verdi sommati lo superano. In ogni caso, i deputati di Farage non avranno alcuna importanza visto che dovranno lasciare il Parlamento Europeo con l’uscita della Gran Bretagna. Come risultato, nella composizione del PE una larga maggioranza, anche se frazionata tra Popolari, Socialisti, Liberal-Democratici e Verdi, resta solidamente europeista e il gruppo sovranista resterà emarginato (come aveva ripetutamente avvertito Mario Monti nei suoi interventi sul Corriere). Nel suo seno, la Lega avrà peso molto maggiore che nel passato, ma a poco servirà se il gruppo nel suo insieme non ha il peso sufficiente a imporre la sua linea.

Cosa può succedere a partire da adesso? In Italia, è difficile credere che non succederà nulla. Salvini ha dedicato le sue prime dichiarazioni a rassicurare l’alleato Di Maio, assicurando di non aver nessuna intenzione di far saltare il tavolo. Magari è sincero, ma la logica delle cose fa pensare altrimenti. Con i rapporti di forze nella maggioranza addirittura ribaltati, con una Destra che nel Paese ormai si avvicina al 50% dei voti, come non credere che la Lega si senta ora in posizione di imporre le proprie linee su TAV, opere pubbliche, autonomie, sicurezza, revisione del patto fiscale con l’Europa? Possono i 5Stelle accettarlo passivamente? Può non essere messa seriamente in crisi la guida politica di Di Maio? E d’altra parte, possono i grillini provocare una rottura che porterebbe a nuove elezioni?

Sulla carta, sono possibili vari scenari: il primo è che le cose vadano avanti più o meno come ora, con tensioni interne alla maggioranza via via superate da accordi di compromesso o da cedimenti grillini; il secondo è che Salvini punti a nuove elezioni in autunno, dalle quali la Destra potrebbe uscire largamente vincente e il suo passaggio a Palazzo Chigi inarrestabile; il terzo è che siano i 5Stelle a far saltare la coalizione, ma ciò sarebbe pensabile solo se il PD fosse disposto a fare da sponda, accettando una nuova alleanza che faccia da argine, per i prossimi quattro anni, alla marea di Destra. Questa era l’ipotesi che dopo le elezioni del 2018 fu portata avanti da Roberto Fico e silurata da Matteo Renzi.  Potrebbe tornare possibile se Fico prendesse la guida del Movimento. Ma parlarne adesso è poco più che fantapolitica.

E in Europa? Il grande terremoto non c’è stato, ma qualche seria scossa sì. Le Autorità di Bruxelles e i governi dei principali paesi membri devono rendersi conto che non è possibile continuare come prima. È ormai un luogo comune che l’UE deve sburocratizzarsi, concentrarsi su sviluppo, lavoro, salute, eguaglianza, ma anche protezione dei propri confini e affermazione della propria identità. Salvini stesso, nelle sue prime dichiarazioni post-elettorali, ha avuto una bella espressione, parlando di “Rinascimento dell’Europa”. II primo test sarà nelle prossime scelte per le presidenze del Consiglio e soprattutto della Commissione. L’Italia può contribuirvi attivamente e autorevolmente, però non dal seno di un gruppo parlamentare minoritario e isolato, ma a partire da un’azione di governo lucida, coerente e, se possibile, realistica.

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