Copyright, nuova normativa UE

La nuova normativa europea sul copyright è passata lo scorso 26 marzo al voto dell’Assemblea Plenaria di Strasburgo con 348 voti a favore, 274 contrari e 36 astenuti. Su questa nuova normativa si era scatenata una battaglia che probabilmente non si conclude con questo voto, tra editori da una parte, con un agguerritissimo Presidente del Parlamento Tajani, figura di rilievo nel panorama Mediaset in passato e presente, fra i maggiori sostenitore ed i grandi provider internet dall’altra, in mezzo i consumatori e fruitori del web.

Affossati nelle vendite dall’offerta di un prodotto sempre meno appetibile e gravato da una caduta di qualità verticale, resa ancora più grave dalla sempre maggiore vicinanza di alcune testate a partiti politici, con Il Fatto Quotidiano e Repubblica a scontare crolli per la loro contiguità a Movimento 5 Stelle e PD. Gli editori ed i grandi media hanno visto un’ancora di salvezza per i loro magri bilanci nella possibilità di ottenere un rimborso di uso da parte dei provider internet che utilizzano i loro prodotti sulle proprie piattaforme. Si sarebbe probabilmente potuta varare la famosa web tax a livello globale e redistribuire parte degli utili ai creatori, ma si è scelto invece di trasformare i provider in sceriffi, assegnandogli il compito di verificare a priori il caricamento di contenuti da parte dei propri utenti, dandogli quindi il potere di esercitare una forma di censura preventiva di cui è poi facile perdere il senso della misura.

Lodevole la volontà dell’Europarlamento di volere armonizzare le normative nazionali raggruppandole sotto un unico ombrello, così come indubbiamente Google, Facebook e simili debbano riconoscere ai creatori di contenuti, che sono poi alla base della vendita pubblicitaria da parte dei provider, un equo riconoscimento. Ma accordi in tal senso erano già stati fatti, in assenza di questi ed a causa di sentenze drastiche, si è avuta anche la chiusura di portali di news come in Spagna, portando in ultima analisi a penalizzare semplicemente i cittadini privandoli di una fonte e penalizzandoli rispetto quelli di altri stati viciniori. La difesa dei provider punta sul fatto che la pubblicazione delle anteprime porta il traffico verso gli editori, aumentandone la visibilità e quindi lo share pubblicitario o la vendita di abbonamenti ad hoc per la lettura degli articoli completi.

L’art. 15 (art. 11 nella prima stesura) della direttiva norma che ogni stato membro deve legiferare in modo che gli editori ricevano compensi “consoni ed equi” per l’uso dei loro materiali da parte dei “fornitori di servizi nella società dell’informazione”, cioè le aziende di Internet. Gli emendamenti hanno chiarito meglio che il principio riguarda le grandi piattaforme con fatturato superiore ai 10 milioni, restano esclusi gli utilizzi privati dei link e il loro impiego non commerciale, per esempio nei progetti di conoscenza condivisa (“wiki”) come Wikipedia. L’altro articolo al centro del dibattito è il 17 (art. 13 nella prima stesura), ove si prevede che i provider si dotino di una sorta di licenza acquistata presso gli editori ed esercitano una forma di controllo sui contenuti caricati per evitare abusi da parte degli utenti. Considerando il costo, la complessità e la sostanziale inefficienza dei sistemi di ‘Content ID’ finora sperimentati, non vi è da essere ottimisti sul risultato della trattativa che si dovrà fare da parte dei veicolatori internet con gli editori.

Le piattaforme di nuova costituzione (start-up) saranno soggette a obblighi più leggeri rispetto a quelle più consolidate, anche meme o GIF sono espressamente esclusi dalla direttiva. Resta poi da chiarire il diritto biennale dalla pubblicazione, non retroattivo, che identifica il prodotto con la dizione “protezione delle pubblicazioni di carattere giornalistico in caso di utilizzo online“; facile immaginare che sulla definizione si accenderanno ulteriori scontri. Quello che appare probabile è che alla fine saranno solo pochi grandi editori mondiali a beneficiare di pochi spiccioli, e la montagna avrà partorito il classico topolino.

La commissaria Ue al digitale Mariya Gabriel ha dichiarato: “La nuova direttiva permetterà di adeguare il diritto d’autore al Ventunesimo secolo, andando a vantaggio di autori, interpreti, giornalisti, editori, produttori di film e musicali. Il testo sosterrà la nostra stampa e il settore creativo. Gli autori si aspettano che l’Ue mantenga le sue promesse. Bisogna attrezzare meglio i nostri autori, e questo significa far vivere la nostra cultura, oltre che i nostri giornalisti e ciò comporta far vivere la nostra democrazia. Il testo dell’accordo politico sulla direttiva sul copyright è equilibrato e ambizioso e riconcilia i vari interessi in gioco. I creatori e gli altri detentori di diritti saranno equamente retribuiti e l’impatto sui prestatori di servizi rimarrà proporzionato e gli utenti e la loro libertà di espressione saranno protetti”.

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