La cospirazione antieuropea

Quando si tratta di definire il caotico percorso della Brexit in Gran Bretagna, gli aggettivi si esauriscono (allucinante? helzapoppiniano? assurdo?). Credo che ora il più appropriato sia “paradossale”, se non anche “grottesco”.

Nella guerriglia scatenatasi attorno all’accordo negoziato da Theresa May, in tutti i colpi bassi, le rese di conti, le ondulazioni, una cosa era apparsa chiara: nella Camera dei Comuni c’era una minoranza agguerrita, non soltanto a favore dell’uscita, ma di una rottura completa con l’odiatissima Europa. Si poteva biasimare questa posizione oltranzista, dettata da pregiudizi ideologici stantii, ma rispettarla, se rifletteva una convinzione reale – anche se sbagliata – degli interessi nazionali. Una posizione non condivisa dal resto dei parlamentari, però divisi tra loro su quasi tutto: modalità dell’uscita, futuri rapporti con l’Europa, fino alla volontà di rimettere tutto in gioco con un secondo referendum.

Perché la posizione estremista ha portato una maggioranza ai Comuni a votare due volte contro l’accordo? Appunto perché ciascun gruppo o gruppetto di deputati ha la sue idee, le sue proposte, realistiche o no, li unisce solo l’avversione al “deal” della May.  E su questo contano gli estremisti, il cui intento è di spingere le cose fino a un punto in cui anche l’Unione perda la pazienza e tutto salti. E salti il Governo, ormai odiato più di Bruxelles. Non era del resto un segreto che il nemico dei nemici dell’Europa fosse  ora Theresa May, non perché fosse anti-brexit (non lo è mai stata) ma perché ha negoziato e ottenuto un ragionevole accordo con l’UE anche sul tormentato problema delle frontiere irlandesi. Tanto lo ha capito la May che ora ha offerto di andarsene, in cambio di un terzo voto questa volta positivo, del suo “deal”. E qui viene il paradosso. Pare possibile che le fiere convinzioni degli “hardliners” si squaglino come neve al sole di fronte alla prospettiva di un cambio nella guida del conservatori e del governo, alla quale, per esempio aspira l’ebulliente e fieramente anti-europeo Boris Jonhson, ex-Ministro degli Esteri dimessosi per il suo disaccordo con la linea seguita dalla May. SI tratterebbe dunque di una squallida lotta interna di partito, quella che De Gaulle chiamava con disprezzo “la politica politicante” nella quale la visione, giusta o sbagliata, dell’interesse nazionale passa in seconda o terza linea di fronte a calcoli e interessi individuali. Intanto, quasi sei milioni di persone hanno chiesto on-line un nuovo referendum, ma il Governo ha risposto con un secco No, contro ai principi basici della sovranità popolare.

Può darsi che questo ultimo disperato tentativo della May riesca, e si chiuda questo tormentone. Che  Ma  se a Downing Street venisse davvero Johnson o uno dei suoi simili, per prima cosa cercherebbe di riaprire il tema e denunciare parti dell’accordo. Difficile che l’UE lo accetti, ma le sue reazioni n importano poco  a quella gente: anzi, più impazienti e negative sono, tanto meglio per loro, per i quali l’Europa è il demonio.

Non sono i soli, ovviamente: da tempo penso che sia in atto una vera cospirazione mondiale per frantumare l’Europa, nell’intento di sottometterne più facilmente i singoli membri. Ad essa partecipano la Russia putiniana e – cosa assai più grave – gli Stati Uniti trumpiani (Trump stesso si è sempre manifestato a favore della Brexit e di un preteso “recupero della sovranità nazionale”). Ora scopriamo che il suo ex-consigliere politico, Steve Bannon, (un superfalco) opera in Europa, anzi, per essere precisi, a Roma e da qui organizza la campagna antieuropea in vista delle elezioni di maggio. Non è un’ipotesi: egli stesso, in una lunga intervista a un giornale sudamericano, ha  chiaramente indicato le sue convinzioni e i suoi referenti tra i quali, assieme alla Le Pen e all’ungherese Orban, Salvini, con il quale egli dice di avere rapporti stretti e quasi bisettimanali. Bannon non ha una posizione ufficiale alla Casa Bianca, ne fu allontanato per le sue vanterie (faceva capire di essere lui il vero Presidente) ma indubbiamente rappresenta le idee di Trump.

Cospirazione, siamo chiari, non per farci recuperare margini utili di sovranità, ma per riportare l’Europa a un agglomerato di singoli Paesi, più o meno deboli e facili da manipolare, da Mosca, Washington e un giorno Pechino. Dare le spalle all’Europa non significa diventare liberi, ma dipendere da centri di potere extra-europei ai quali non partecipiamo (e fossero solo gli Stati Uniti!). Non spero che se ne rendano conto i vari Salvini e Di Maio, ma almeno ne siano coscienti e lo dicano, ripetutamente e chiaramente, ad alta voce, i nostri più seri formatori di opinione. Specie ora che si avvicinano le elezioni europee che vanno considerate forse risolutive.

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