USA-Russia, il discorso di Putin

Nel suo discorso annuale al Parlamento russo, Wladimir Putin ha affrontato la questione dei missili intermedi e dei rapporti con Stati Uniti ed Europa. Ha definito “accuse immaginarie” quelle rivolte dall’America alla Russia di aver violato il Trattato del 1987, ma non mi pare che abbia molto insistito su questo. In realtà, non credo che a Mosca  dispiaccia che il mondo – e i russi – sappiano che il paese è tornato militarmente forte e il seguito del discorso lo dimostra.

In sostanza, Putin non ha detto “non abbiamo i missili INF”, ma “non abbiamo intenzione di dispiegarli”. E ha aggiunto minacciosamente (ma non senza una certa logica)  che se però gli USA e la NATO prendono pretesto dalla situazione per dispiegare in Europa i “loro” missili, “noi punteremo i nostri, non solo contro i luoghi dove saranno collocati, ma contro i centri dove le decisioni sono prese (leggi gli Stati Uniti). E allo stesso tempo ha offerto un ramoscello d’olivo, affermando di  non cercare una confrontazione con gli USA e di essere disposto a negoziare accordi di disarmo ma “in condizioni di parità”. E nel resto del discorso ha parlato da moderato, riferendosi alla priorità della crescita economica e della lotta alla povertà.

Con la consueta spregiudicata abilità, Putin ha in un certo senso capovolto la situazione perdente del 1979. Allora l’URSS aveva proceduto con tipica pesantezza, procedendo a dispiegare i missili SS20, e la NATO aveva avuto buon gioco nel dispiegare in risposta i Pershing II. Ora è Mosca a dire “Se voi schierate  (s’intende, per primi) missili INF in Europa, noi risponderemo schierando i nostri”. È un discorso in superficie accettabile, ma va visto nel contesto della generale strategia putiniana. Mira soltanto a garantire la sicurezza del paese e recuperare uno stato di parità con gli Stati Uniti, o punta a imporre supremazia e controllo in Europa? Putin non è Hitler o Stalin, ma è un nazionalista russo, a vocazione autoritaria e formazione KGB, ma molto più abile e “presentabile” della vecchia nomenclatura sovietica.

Comunque sia, mi pare che dalla discussione sulla fabbricazione e possesso di missili INF si sia scivolati in quella sulla loro effettiva collocazione. Era del resto improbabile che USA e Russia avrebbero per sempre rinunciato a un’arma efficace, specie considerando che la Cina la possiede da tempo. Come andrà a finire? Se da una parte c’è un avveduto giocatore di scacchi, dall’altra c’è un imprevedibile giocatore di poker, capace di tutto, il peggio e il meglio. Sono usciti in questi mesi vari libri su Trump e la Casa Bianca trumpiana, sia del grande Bob Woodward, sia del bravissimo Michael Wolff (tutti ben documentati e tutti allarmanti sul carattere del Presidente, sulla sua ignoranza e negazione della realtà, sugli odi che dividono i suoi collaboratori, sulle spinte che lo motivano). Trump era salito alla Casa Bianca come un ammiratore di Putin, del quale pareva corteggiare il favore, convinto della legittima esigenza russa di sicurezza e di una sfera d’influenza, e chiaramente disposto a un dialogo quasi illimitato. Poi è scoppiato il Russiagate e l’avvicinamento a Mosca si è fatto molto più difficile, e va tenuto conto che, quali che siano gli istinti del Presidente, l’establishment americano (FBI, CIA, militari, Partito Repubblicano e oltre) resta visceralmente diffidente della Russia. Ma niente è detto, quando si tratta di Trump.

Il fatto è che siamo di fronte a un complesso gioco di potere mondiale, con almeno tre protagonisti, USA, Russia e Cina. E l’Europa? Grazie alle sue carenze organiche e ai capricci del populismo nazionalista, rischia di essere il vaso di coccio.

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