Infanticidio, tra cronaca e falsi profeti

A Cardito, in provincia di Napoli, è morto un bambino di sette anni mentre la sua sorellina di otto è stata ricoverata per le ferite riscontrate sul suo corpicino ed il volto tumefatto. Il fatto di cronaca è ormai noto e l’opinione pubblica si è già espressa. Ci sono ovviamente i giustizialisti che, seguendo il solco tracciato dalla recentissima opinione di politici avvezzi alle telecamere, parlano di “far marcire in carcere” colui che è già stato processato e condannato, ossia il compagno della mamma dei bambini.

Sta cominciando a girare anche la voce sempre più alta di condanna per la mamma, colpevole secondo i più di essere complice o comunque di omertà nei confronti del “mostro”. Poi ci sono i familiari, i vicini, quelli che hanno visto e sentito ed omesso di denunciare. Infine ci sono gli indignati dal fatto che “il mostro” tra pochi anni sarà già fuori e che otterrà un difensore di ufficio pagato dallo Stato. Confondendo la difesa di ufficio con il patrocinio a spese dello Stato per i non abbienti. Potenza dei film americani che la Tv ci propina ovunque ad ogni ora.

Da un punto di vista meramente emotivo, è anche comprensibile che persone non addentro la macchina giudiziaria possano esprimere reazioni “di pancia” ma quello che lascia perplessi ed anche leggermente preoccupati è la reazione di chi al contrario, professionista ed esperto dell’argomento, esprime opinioni senza ancora avere ben chiaro il quadro dell’accaduto e senza aver poter potuto leggere atti – ammesso ne abbia titolo – di indagine.

Si passa quindi dall’avvocato che dimentica di avere un ruolo, che non può e non deve confondere la reazione emotiva con la difesa tecnica; c’è poi chi ha già deciso che non si può parlare di mostro perché ci si trova di fronte una persona che non è stata in grado di controllare la propria rabbia.

Ecco, la rabbia: cosa mai può aver scatenato la rabbia di un uomo, tanto da massacrare di botte un bambino di sette anni ed una di otto? Qualcuno ha parlato di aggressività da stepfather, ricordando che testimonianze di vicini raccontano che “il mostro” ha picchiato i bambini anche in strada, incurante di tutto e tutti. Questa forma di aggressività pare sia biologicamente diretta verso il gene non proprio, almeno così sosterrebbero recentissimi studi soprattutto di origine statunitense. Allora, si conclude, le donne con figli dovrebbero pensarci mille e mille volte prima di portarsi in casa un uomo che non è il padre dei propri figli. La domanda che verrebbe da porre a questo punto è quale tipo di sindrome spinga i padri biologici a massacrare di botte i propri figli. Chissà la risposta quale potrebbe essere, ammesso ci fosse.

Ma no, ha sostenuto qualcun altro, tutto è da ricondurre alla violenza contro le donne perché un uomo che picchia i figli della propria compagna non fa altro che dimostrare il disprezzo verso di lei indirizzando però le botte che solitamente vengono date alle donne verso i loro figli. Anche questa, secondo qualcuno, sarebbe una forma di femminicidio perché verrebbe uccisa la proiezione fisica della femmina.

Da perderci la testa. Il fatto è che nessuno ha la verità in tasca e nessuno, a quarantotto ore da un fatto di sangue così tanto crudele, ha veramente in mano tutti gli elementi per poter esprimere un parere tecnico. Purtroppo gli imminenti processi televisivi non faranno altro che alimentare inutili chiacchiere e vanità già eccessivamente ipertrofiche. Sarebbe allora opportuno che ognuno, ferma restando la legittimità delle proprie opinioni e la libertà di esprimerle, prima di ergersi a depositario della conoscenza mettendo una pietra tombale su una questione così delicata, davanti ad una telecamera o un taccuino, si rendesse conto che responsabilità, moventi e motivazioni le decidono solo i magistrati, con l’eventuale ausilio diagnostico di periti e consulenti. Tutto questo, solo dopo aver letto atti, verbali ed eventuali relazioni peritali.

Tutto il resto è, appunto, vanità.

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