Cronache dai Palazzi

La reputazione del Paese “è un bene comune, collettivo, indisponibile, sottratto a interessi perché costruito, nel tempo con il contributo del nostro popolo”, ha affermato il presidente Sergio Mattarella durante la cerimonia per la consegna del Ventaglio da parte dell’Associazione stampa parlamentare. “E tutto ciò che intacca questo patrimonio ferisce l’intera comunità”, ha sottolineato il capo dello Stato. In particolar modo la “Repubblica vive dell’esercizio della responsabilità da parte di ciascun cittadino”.

In questo frangente il nostro Paese vive una stagione di disordine ma “l’Italia non può assomigliare al Far West dove un tale compra un fucile e spara dal balcone colpendo la bambina di un anno, rovinandone la salute e il futuro. Questa è barbarie – ha ammonito Mattarella – è deve suscitare indignazione”. Tutto ciò riferendosi ad un episodio verificatosi pochi giorni fa nella Capitale, dove è stata colpita da un’arma da fuoco una bambina rom di un anno che si trovava in strada in braccio alla mamma. La persona indagata è un ex dipendente di Palazzo Madama. Il senso di responsabilità “indistintamente appartiene a tutti”, a partire dal presidente della Repubblica, fino alle singole pubbliche amministrazioni “nell’imparzialità della loro funzione”, per arrivare ad ogni cittadino.

In  questo contesto le frontiere abolite ma in parte ricostituite rappresentano un nodo da sciogliere. “Emblematica la trasformazione del Brennero da elemento di separazione ad anello di congiunzione e di vita comune, che improvvide iniziative, paradossalmente a un secolo dalla fine della prima guerra mondiale, rischiano di contraddire”, ha sottolineato Mattarella ricordando che “65 milioni di profughi in varie parti del mondo danno la misura di un fenomeno epocale”. In sostanza gli europei dovrebbero riscoprire “le ragione del rilancio dell’Unione o è prevedibile il declino del continente rispetto ai protagonisti della vita internazionale”. Astio e toni da rissa rischiano in effetti di coltivare divisione nella società, già apertamente segnata da diverse contraddizioni.

Le dissonanze sono note a proposito di vari argomenti fondamentali, dalla flax tax voluta dalla Lega al reddito di cittadinanza reclamato dai Cinque Stelle; per finire con la situazione dei migranti. Per il presidente della Repubblica un “governo del cambiamento” è un evento positivo ed è inoltre fondamentale che Palazzo Chigi segua un percorso ben delineato per risolvere varie questioni. La forte voglia di innovazione non dovrebbe però compromettere “la reputazione di un Paese ordinato, bene amministrato e coeso”. Da qui l’accenno al Far West per cui certi episodi rappresentano delle “barbarie” e dovrebbero suscitare “indignazione”.

Sullo sfondo la legge sulla legittima difesa e l’allarme di Mattarella a proposito del razzismo diffuso: “Il veleno del razzismo continua ad insinuarsi nelle fratture della società e in quelle tra i popoli. Crea barbarie e divisioni. Compito di ogni civiltà è evitare che si rigeneri”. Forme diffuse di intolleranza e forme sottili di xenofobia possono rappresentare dei pericoli, che si ripresentano nel corso della Storia. Il razzismo continua ad insinuarsi nei meandri della società e tra i popoli, e la volontà di “supremazia di uomini su altri uomini considerati di razze inferiori” si traducono molto spesso in “volontà di dominio, violenza, segregazione, pulizia etnica”. Sentimenti e atteggiamenti pericolosi che rischiano di trasformare la società in un Far West dove si reclama la legittima difesa.

In questo contesto Sergio Mattarella ha rievocato la persecuzione degli ebrei presupposto dell’Olocausto, e il terribile Manifesto della razza firmato nel ’38. Pagine storiche “infamanti riscattate con la solidarietà di pochi”. Non si tratta di razzismo per il ministro dell’Interno, bensì “noi chiediamo la semplice parità dei diritti e doveri”, ha affermato Salvini interpellato sull’argomento sollevato dal capo dello Stato. “Bruciare cose con roghi tossici non fa parte di legalità, i bambini devono andare a scuola, le auto vanno assicurate e va fatta la dichiarazione dei redditi”, ha puntualizzato il titolare del Viminale, specificando inoltre che “in Italia ci sono 150 mila rom ma i problemi sono limitati a 30 mila, che si ostinano a vivere nell’illegalità, nei campi, probabilmente spinti da chi ci guadagna. Il problema è questa sacca parassitaria, potrebbero essere anche eschimesi o islandesi”, ha ammonito il ministro dell’Interno.

In un contesto dissestato si inserisce il decreto Dignità che nelle intenzioni del ministero del Lavoro e dello Sviluppo economico dovrebbe ripristinare alcuni fondamentali diritti dei lavoratori, a partire dal lavoro stabile. Il lavoro è una forma di dignità. Alla Camera per ora nelle commissioni riunite Lavoro e Finanze, il decreto dovrebbe arrivare in Aula lunedì per poi passare al Senato. Al centro del dibattito per l’appunto l’esame dell’articolo 1 che riduce da 36 a 24 mesi la durata massima dei contratti a termine, argomento molto discusso come l’utilizzo dei voucher in particolare nel settore del turismo, ma i buoni lavoro sono reclamati anche dal settore agricolo. Potranno ricorrere ai voucher molto probabilmente anche le piccole aziende alzando il limite attuale di 5 dipendenti a 8 (anche se il mondo dell’imprenditoria chiede di arrivare alle aziende fino a 10 dipendenti), ma solo riferendosi a strutture ricettive come ostelli e alberghi e non per gli esercizi come bar e ristoranti, i quali reclamano comunque anch’essi l’utilizzo dei buoni lavoro. Tra le modifiche inoltre l’aumento dell’indennizzo sui licenziamenti per quanto riguarda la procedura di conciliazione, dato che si passerà da 2-18 mensilità a 4-27 mensilità. In pratica l’indennizzo massimo per chi viene licenziato senza giusta causa e segue la procedura della conciliazione e di 27 mensilità.

Gli imprenditori a loro volta continuano a reclamare più semplificazione in quanto leggi e decreti attuativi potrebbero rendere più burocratici o più costosi gli adempimenti, con il rischio che il tutto si traduca in minore occupazione. Si levano in particolare dal Veneto le proteste più forti, territorio dove la Lega ha ottenuto molti voti. “La Lega che in Veneto ha incassato molto deve tenere presente che artigiani, commercianti e piccoli imprenditori si attendono una risposta adeguata su un decreto che va assolutamente rivisto”, ha affermato il presidente di Unioncamere Veneto, Mario Pozza. Il vice ministro leghista dell’Economia Massimo Garavaglia assicura che il Carroccio “risponderà con i fatti, vedremo quando arriveremo all’articolo 1”. Intervento apprezzato dal presidente di Confindustria Veneto, Matteo Zoppas, che ha dichiarato: “Accogliamo l’apertura del viceministro; fin dalla sua nascita abbiamo messo in guardia sulle criticità del decreto Dignità, e soprattutto le negative conseguenze occupazionali”. Per di più Zoppas sottolinea che “sono le imprese a creare lavoro ed è un errore in un momento di crisi, creare ulteriori disagi”. La protesta si allarga e arriva, ad esempio, anche in Emilia Romagna,  dove Pietro Ferrari, presidente di Confindustria Emilia Romagna, ammonisce dicendo che “il decreto non faceva parte dei programmi di governo” e, in particolare, “non percepisce le necessità reali del sistema imprenditoriali”. Ferrari non crede “ si possa creare più lavoro con i decreti”.

“Il nostro obiettivo è migliorare il decreto e garantire più lavoro, più diritti agli imprenditori e ai lavoratori”, ha puntualizzato il vicepremier Matteo Salvini aggiungendo che il governo non fa “decreti per togliere o tornare indietro”. Nel mirino le causali per giustificare il rinnovo dei contratti a termine e l’eventuale aumento aggiuntivo del contributo aziendale. Esentati dalle nuove regole, per ora, i rinnovi dei contratti fino al 30 settembre e il vicepremier Luigi Di Maio, di fronte alle telecamere di La7, ha annunciato un nuovo bonus per le aziende  che trasformeranno i contratti a termine in contratti a tempo indeterminato. Quest’ultimo provvedimento si riferisce però ad un emendamento per ora messo da parte, in quanto occorre trovare la necessaria copertura finanziaria dato che, secondo quanto dichiarato anche da Di Maio, occorrerebbero 300 milioni l’anno. In pratica si tratterebbe di “un abbattimento fino al 10% sul costo del lavoro” per le aziende che assumeranno a tempo indeterminato, mentre aumenta dal 20 al 30 per cento la percentuale dell’organico di un’impresa con contratti a termine o somministrati.

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