Cronache dai Palazzi

Un governo è necessario, ancor più dopo l’attacco in Siria. Il presidente del Consiglio in carica per gli affari correnti, Paolo Gentiloni, ha comunque assunto una posizione di rispetto nei confronti della crisi siriana, manifestando nel contempo una certa prudenza: “Non dobbiamo dimenticarci della tragedia che c’è in Siria. L’uso di armi chimiche non può essere in nessun modo tollerato, ma “se dobbiamo immaginare una soluzione stabile e di lungo periodo, oltre che rispondere ai crimini, dobbiamo lavorare per la pace, quindi dare centralità all’Onu e ai tavoli negoziali”. In ogni modo “l’Italia non ha mai preso parte ad attività militari”, ha sottolineato Palazzo Chigi, e per di più riguardo ad ogni genere di attività in corso in Siria, “l’Italia non è direttamente coinvolta”. Nello stesso tempo il nostro Paese “in base agli accordi internazionali e bilaterali vigenti, continuerà a fornire supporto logistico alle attività delle forze alleate, contribuendo a garantirne la sicurezza e la protezione”.

Nel frattempo, a proposito della situazione siriana, hanno espresso la loro visione vari esponenti, a partire da Matteo Salvini: “Le bombe raramente risolvono i problemi” e “il presidente americano non può annunciare missili via twitter”, ha affermato il leader leghista. Anche Di Maio auspica una “soluzione pacifica” e “che non si arrivi alle bombe”. Tutto ciò mentre alla Camera i parlamentari pentastellati chiedono una relazione del presidente del Consiglio reggente, che molto probabilmente avverrà la prossima settimana. Il Partito democratico, invece, attacca il leader leghista chiedendo a Salvini di esplicare “chiaramente” le sue intenzioni “se vuole cambiare le nostre tradizionali alleanze internazionali”, ha affermato Maurizio Martina.

Anche dal versante opposto si levano delle critiche nei confronti di un eventuale intervento: “Non è possibile che Assad abbia utilizzato armi chimiche, il nostro governo si dissoci da una rappresaglia che sarebbe assurda”, ha dichiarato Paolo Romani (FI). Ciò che traspare è il fatto che il governo in carica non prenda le distanze dagli alleati, tantoché dalla Farnesina il sottosegretario Vincenzo Amendola sottolinea: “Il governo è a fianco dei tradizionali alleati del nostro Paese: Stati Uniti, Francia e Regno Unito. Salvini deve chiarire”.

Per quanto riguarda le consultazioni per la formazione del nuovo governo, Sergio Mattarella ha espresso chiaramente la necessità di proseguire veloci verso la meta, per raggiungere un’intesa possibile “da perfezionare comunque”. “Mi avete chiesto tempo e io ve l’ho dato”, ha affermato il presidente della Repubblica, ma ora occorre giungere ad un accordo “per cui agli attori più vicini a stringere un patto dico: serrate le file e chiudete, se ci riuscite, Aspetterò ancora qualche giorno per sentire se avrete novità”. È questa la sintesi del presidente Mattarella, tirando le somme dopo il secondo giro di consultazioni.

Nel frattempo è braccio di ferro tra i Cinque Stelle e il leader forzista. “Mai con Berlusconi” dicono i pentastellati. La mancanza di simpatia è reciproca. “Sappiate distinguere chi è democratico da chi non conosce l’Abc della democrazia”, ha affermato Berlusconi a ridosso delle consultazioni al Quirinale, prendendo in mano il microfono subito dopo l’intervento del leader leghista con un chiaro riferimento al M5S.

I due leader in testa, Salvini e Di Maio, non hanno ancora raggiunto un’intesa, anche a causa dei dissapori forzisti, ma continuano comunque ad auspicare “un governo di cambiamento” che, soprattutto per i pentastellati, dovrebbe prevedere una posizione subordinata per l’ex premier.

In sostanza, per il Movimento Cinque Stelle il cambiamento non è possibile con un governo che includa anche Forza Italia. Matteo Salvini vorrebbe, a sua volta, evitare il parricidio ma di certo si trova tra l’incudine e il martello. Tra l’altro, è in corso anche una disputa per la premiership di governo in quanto Luigi Di Maio aspira a diventare il primo inquilino di Palazzo Chigi, ma Matteo Salvini non sembra intenzionato a far parte di un governo con alla guida il leader pentastellato, come il leader leghista ha più volte dichiarato. Non a caso si prefigura la possibilità di una figura “terza” alla guida del nuovo governo, che possa mettere d’accordo i due leader. Non è escluso anche il mandato esplorativo e istituzionale per la presidente del Senato Maria Elisabetta Casellati.

Matteo Salvini, pur ribadendo che il presidente del Consiglio per il centrodestra deve essere “indicato dalla Lega”, manifesta la sua volontà di collaborazione: “Ho detto al presidente Mattarella che se i 5 Stelle ci sono, il lavoro può partire”, ha dichiarato il leader leghista. Nel contempo, come i pentastellati escludono un governo con Berlusconi, Salvini sembra non vedere un eventuale accordo con il Pd. “L’unico modo per far rientrare i Dem è un accordo tra loro e i 5 Stelle. In quel caso, tanti auguri…”, ha affermato il leader del Carroccio.

In definitiva, la matassa è ancora da sbrogliare. L’unica unità del centrodestra sta nel rivendicare Palazzo Chigi opponendo il 37 per cento della coalizione al 32 dei Cinque Stelle. “Mai un governo con Berlusconi e FI. Forza Italia potrebbe risolvere l’impasse facendosi di lato e consentendo così un governo M5S-Lega”, è invece il sunto dei pentastellati, espresso in una nota a ridosso delle consultazioni del capo dello Stato. Dopo tutto il Movimento Cinque Stelle cerca di aggiustare il tiro confidando nel “passo di lato” del leader forzista. Non “indietro”, ma di lato”, mentre il comunicato del centrodestra letto da Matteo Salvini (ma scritto insieme agli alleati e quindi anche insieme a Berlusconi) specificava che si avverasse un’alleanza “senza veti”. Nelle ore successive, inoltre, sono uscite allo scoperto le dichiarazioni delle capogruppo forziste Maria Stella Gelmini e Anna Maria Bernini: “Parteciperemo a un governo solo se ci sarà una dichiarazione esplicita del M5S perché ci sia pari dignità in tutto il centrodestra. Altrimenti la trattativa non parte”. Maurizio Martina abbassa invece i toni rispetto ad una settimana fa e afferma: “Le forze che hanno prevalso il 4 marzo hanno l’onere di governare. Faremo il nostro lavoro in Parlamento come minoranza”.

All’interno di un scenario politico alquanto complesso, l’accordo è auspicato ma non sembra venire a galla. Del resto anche all’interno del centrodestra rimangono delle cose da chiarire. Salvini guarda al M5S mentre Berlusconi potrebbe guardare al Pd.  E così l’asse Salvini-Di Maio rischia lo scollamento. Si tratta di un sistema spaccato e per certi versi bloccato ma la crisi in Siria reclama un’accelerazione. In tempi brevi l’Italia dovrebbe avere un nuovo governo con il rischio di dover dar vita ad un esecutivo non abbastanza forte e provvisorio. In sintesi prevale l’obbligo di trovare presto una soluzione per non tornare alle urne nel breve termine, ma la solidità della nuova squadra sarà da conquistare sul campo. Il rischio è che la faccenda si trascini ancora per un po’, nonostante il convincimento di un accordo ormai vicino e i continui richiami alla “responsabilità nei confronti del Paese”.

“Rifletterò alcuni giorni”, ha dichiarato il presidente Sergio Mattarella riferendosi alle consultazioni e rimarcando, purtroppo, che “il confronto tra i partiti per dar vita in Parlamento a una maggioranza che sostenga un governo non ha fatto progressi”. In definitiva le ipotesi potrebbero essere tre: preincarico (magari ad un esponente della Lega) mandato esplorativo o anche un incarico a pieno titolo ad una personalità al di sopra delle parti, che potrebbe guidare un esecutivo di tregua o di scopo, o del presidente. Le decisioni sono rimandate a metà della prossima settimana e l’obiettivo del capo dello Stato è ovviamente quello di “uscire dallo stallo” per restituire al Paese “un governo nel pieno delle sue funzioni”.

“Le attese dei nostri concittadini, i contrasti nel commercio internazionale, le scadenze importanti e imminenti nella Unione europea, l’acuirsi di tensioni internazionali in aree non lontane dall’Italia”, sono queste le urgenze messe a punto da Sergio Mattarella, pronto a prendere in mano la situazione qualora il nuovo governo stentasse a spiccare il volo.

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