Omicidio al Cairo (Film, 2017)

Un film che non ti aspetti, girato da un regista – Tarik Saleh – svedese di nascita ma con il cuore legato al suo Egitto, che ambienta a Casablanca uno sconvolgente thriller politico rendendo la sua finzione felliniana così reale che pare di trovarsi al Cairo durante gli scontri della Primavera Araba.

L’azione si svolge nel 2001, alcune settimane prima della Rivoluzione, protagonisti una cameriera sudanese che ha assistito per caso a un omicidio e un poliziotto corrotto che deve indagare sul caso. L’omicidio è stato commesso da una persona troppo potente per essere arrestata, la polizia è pagata per insabbiare le prove e chiudere il caso come un assurdo suicidio, ma il poliziotto – in un impeto di coraggiosa incoscienza – cerca di andare fino in fondo per punire il colpevole. Non sveliamo altro, perché il film è pur sempre un thriller, vive di colpi di scena e di una confezione da giallo politico alla Elio Petri, condito con la violenza di un Fernando di Leo e il suo realismo cupo per dipingere un ambiente poliziesco marcio e corrotto.

Il protagonista è un personaggio vero, caratterizzato con cura, vedovo di una moglie che amava, solitario, in conflitto con il vecchio padre, dedito ad alcol e droga, solito ad accettare soldi per insabbiare casi. Non è il poliziotto senza macchia e senza paura da portare come esempio, tutt’altro, ma il suo impeto di ribellione nei confronti dei potenti che giocano con le vite umane e restano impuniti è straordinario. Il regista si ispira a una storia vera e ci fa capire con crude pennellate di realismo come in un Egitto così malridotto – un paese dove la giustizia è impossibile – sia stato possibile il verificarsi di un caso Regeni. Ottimo il mix tra immagini di repertorio e ricostruzione scenografica delle proteste, messe in scena a Casablanca con le piramidi dipinte sullo sfondo e un immenso murale di Mubarak costruito per essere cancellato dopo il trionfo rivoluzionario.

Terzo film di Saleh che gira con uno stile freddo e asciutto, documentaristico, senza concedere niente alla poesia e al lirismo, ma con chirurgica precisione penetra negli animi dei suoi personaggi che fa muovere senza la minima sbavatura nei meandri di una sceneggiatura ben oliata. Si comprende molto di più sull’Egitto e sulla situazione politica che ha prodotto la Rivoluzione che da troppi inutili dibattiti politico-televisivi. Il regista usa il genere noir come strumento per analizzare la realtà e ci riesce alla perfezione.

Il titolo della pellicola è fuorviante, sembra di essere di fronte a un semplice giallo con delitto e un commissario che indaga. In fondo, ma proprio in fondo, Omicidio al Cairo è anche questo, ma il suo specifico filmico, il significato e il significante sono ben altro: analizzare in profondità una società in crisi. E la pellicola centra il bersaglio.

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Regia: Tarik Saleh. Produzione: Svezia, Danimarca,Germania. Durata. 107’. Colore. Genere: Thriller politico. Interpreti: Fares Fares (Noredin), Mari Malek (Salwa), Yaser Aly Maher (Generale della polizia Kamal Mostafa), Slimane Dazi (Uomo dagli occhi verdi), Ahmed Seleem (Hatem Shafiq), Mohamed Yoursry (Momo), Hania Amar (Gina).

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[NdR – L’autore dell’articolo ha un suo blog “La Cineteca di Caino”]

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0 Comments

  • Il film centra il bersaglio eccome! Gran film di denuncia questo The Nile Hilton incident!

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