Trionfalismi prematuri

Si è scritto molto, e non a torto, sull’arroganza di Matteo Renzi, castigata dai fatti. Ora il PD sta facendosi un bagno di umiltà e di autosacrificio, e in questa prima fase postelettorale mi sembra che la privativa della superbia sia passata a Salvini e, in misura minore, a Di Maio.

Il leader della Lega si atteggia a vincitore assoluto e quindi candidato naturale, anzi necessario, a guidare il governo, parla e straparla come se a Palazzo Chigi ci fosse già, sfida Bruxelles e rimbecca Mario Draghi, a cui non arriva neppure alla caviglia. Tanto trionfalismo mi sembra, a dir poco, prematuro. La Lega è il terzo partito, molto dietro ai 5 stelle e dietro anche al PD. Salvini, è vero, può appoggiarsi sull’intero Centrodestra, risultato la prima coalizione. Però il Centrodestra non è  un insieme omogeneo. Dentro c’è di tutto e non è difficile pensare che, al di là dell’ovvia voglia di andare al potere, le differenze, anche profonde, tra le sue varie anime, prima o poi verrebbero alla luce, anche su temi centrali e soprattutto primo fra tutti sull’Europa. Salvini appartiene al gruppo degli euro-scettici, anzi degli euro-ostili, come le sue smargiassate confermano ogni giorno. FI è parte dei Popolari europei, europeisti  convinti e ortodossi. Berlusconi proclama di essere “il regista” della coalizione. Spero che ce la faccia a contenere le pulsioni antieuropee del suo alleato, o almeno a ricondurle nell’ambito di quel riformismo che già Renzi predicava. Ma avrà un bel daffare, se vuole ancora contare qualcosa.

Il punto essenziale, che Salvini e compagni fingono di trascurare, è però che il Centrodestra non ha i numeri per governare da solo. È possibile un appoggio da parte del PD o dei grillini? Mi pare, almeno per il PD, una strada in salita, ma non credo che neppure l’appoggio  grillino sia facile da realizzare.

Le stesse considerazioni dovrebbero suggerire un po’ meno di trionfalismo anche a Di Maio. A dire il vero, parlando dall’alto del suo 32% dei voti, qualche titolo in più ce l’avrebbe. E va osservato che i suoi toni sono meno arroganti. Salvini dice: spetta a me governare. Di Maio dice: non può esserci un governo senza di noi. A guardar bene, sono posizioni diverse.

Ma anche per i 5 Stelle vale lo stesso limite: da soli non hanno la maggioranza. Per farcela, dovrebbero avere l’appoggio della sinistra, terza forza nel Paese con il suo 22% complessivo. Se si sta a quanto emerge in seno al PD, sembrerebbe peraltro una possibilità alquanto utopica.

AL di fuori di questa ipotesi, la sola teoricamente possibile sarebbe un accordo tra i 5 Stelle e la Lega (o l’intero Centrodestra). Gli ostacoli, in verità, anche di carattere personale, appaiono molti e quasi invalicabili, ma in politica non si sa mai. Dopotutto, come si è scritto da molte parti, Lega e 5 Stelle hanno programmi non incompatibili. Vedremo. Ma intanto è giusto dire che i trionfalismi degli uni e degli altri sono, quanto meno, esagerati.

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