Ambiente, Macron sfida Trump

Minimizzato dai Tg, meglio descritto dalle testate cartacee e on line, è in atto uno scontro di icone che sta modificando l’immaginario collettivo: quello tra Macron e Trump sulla politica estera e sull’Ambiente, che in ultima analisi è uno scontro ideologico tra l’America e l’Europa. Un confronto che, sull’economia e la lotta ai cambiamenti climatici, sta favorendo il ‘paladino per l’Ambiente’ Macron anche grazie alla posizione anti-Ambiente di Trump, isolata nel mondo ma anche nel suo Paese. Uno scontro nel quale, complici anche i personaggi, Trump e Macron appunto, l’America non appare più il ‘Nuovo Mondo’, ma il vecchio, e la ‘Vecchia Europa’ una giovane promessa.

Finita l’era Obama, il presidente francese, europeista ma anche erede di un orgoglio nazionale antico, ha capito che la ‘battaglia per il Clima’ – ormai percepita come una questione geopolitica su scala mondiale determinante per il futuro dell’Umanità – lamentava un vuoto di leadership: un vuoto a livello civile, dato che Papa Francesco, promotore con l’enciclica Laudato si’ dell’ ‘ecologia integrale’ e costantemente presente dall’assemblea ONU del settembre 2015 nel dibattito sul Clima, è una figura di carattere religioso. Oltre all’uscita di scena del presidente Usa come leader dell’economia sostenibile del futuro, a Macron non è sfuggita neppure la recente debolezza di Angela Merkel – leader di un Paese-guida nella costruzione di un’economia sostenibile e nella lotta al cambiamento climatico come la Germania, ma impacciata dalle questioni interne – e con un blitz napoleonico ha fatto irruzione nel vuoto che all’improvviso gli si è parato davanti. Compiendo, con questo atto, un gesto molto meno scontato di quello che sembra: perché la questione incide sull’economia del futuro, che è produzione e ‘maneggio di denaro’, ma anche orientamento dei costumi attraverso i consumi, che nella società mercantile globalizzata significa ‘parlare al mondo’.

Macron ha capito che la crisi del 2007 – trionfo paradossale, allegro naufragio del liberismo estremo che tuttavia si ripropone a guidare il mondo – ha riportato in auge la battaglia per l’etica a governo dell’economia: una battaglia da secoli molto ‘europea’, come dimostrano varie correnti filosofiche, gli ordinamenti di numerosi stati e l’esistenza, in Europa, del welfare. Il liberismo, protagonista della crisi, di etica non sa nulla. La battaglia per il Clima è una battaglia per l’etica dentro e forse al disopra dell’economia, e combatterla significa rappresentare il sogno di un diverso ‘Nuovo Mondo’, ha capito Macron. Se masse di aspiranti microimprenditori del Terzo Mondo continuano a ispirarsi al Sogno Americano liberista dell’arricchimento personale costi quel che costi, altre masse di produttori e consumatori evoluti producono e consumano responsabilmente. Le dirigenze delle multinazionali cominciano a fare i conti con l’etica dell’economia, a partire da un aspetto della ‘sostenibilità’ come le eque condizioni di lavoro: sta accadendo ad Ikea, ad Amazon, a Ryanair, ha notato il presidente francese. “Ce n’est qu’un debut”, ha intuito probabilmente, sia pure in giacca e cravatta.

Il mondo cambia, ed è pronto a diventare ‘Rinnovabile’, ha visto il leader francese: se da una parte Trump tira il freno, dall’altra l’industria mondiale delle Rinnovabili accelera, e gli investitori lasciano carbone e petrolio in favore del sole, dell’acqua e del vento, ha constatato. Sta succedendo con la Banca Mondiale, e con tanti fondi divenuti ‘verdi’. Sta succedendo da anni anche negli Usa: dove la economicamente potente California, già governata dal ‘verde’ repubblicano Schwarzenegger e ora idealmente guidata dal patron della ‘elettrica’ Tesla, Elon Musk, si è messa alla testa di una lunga cordata di stati e città ecologisti, Washington compresa. E con l’operazione ‘Make your planet great again’ – provocatoria risposta allo slogan elettorale di Trump – Macron ha attirato in Francia ricercatori e imprenditori ‘green’ degli Stati Uniti: ‘rubando’ agli Usa i protagonisti del cambiamento e facendo di loro, gratificati dalla visibilità del progetto divulgato in inglese su internet, non più oscuri tecnici ma paladini di una ‘mission’ epocale mondiale per il futuro dell’Umanità e della Terra.

“Stiamo perdendo la battaglia per il Clima”, ha detto Macron a Parigi, davanti a decine di leader mondiali, durante l’ One Planet Summit organizzato a due anni dalla COP21 di Parigi, che segnò la ‘svolta’ pro ambiente del mondo, Usa compresi. Ma il messaggio non è disfattista, tutt’altro: è ‘veloce’ come Macron, veloce come può consentire una tecnologia delle Rinnovabili ormai evoluta e rallentata solo dagli interessi carboniferi, è l’urgenza di far presto con le politiche per il Clima, urgenza  imposta dal precipitare dell’equilibrio climatico, ma urgenza nella quale anche lui si muove bene. Lui, ma non solo, anche l’economia: dal 2019 la Banca Mondiale non finanzierà progetti ‘fossili’, venti grandi banche e l’ottanta per cento dei gestori patrimoniali e duecento grandi investitori valuteranno il rischio climatico nei progetti e promuoveranno la riduzione delle emissioni, la banca olandese Ing smetterà nel 2025 di finanziare progetti basati sul carbone, l’assicuratrice Axa non stipulerà polizze con aziende collegate alla produzione di centrali a carbone.

La strategia della Cop21 di Parigi, basata sulla iniziativa delle aziende sostenuta dalla creazione di un immaginario e di un marketing mondiale ‘ecologista’ piuttosto che sulla coercizione dei soggetti inquinanti, sta realizzandosi, altroché: Macron lo ha visto, lo ha ‘consapevolizzato’ con l’One Planet Summit e ora guida la battaglia per il Clima. E di Trump, ‘uscito’ dall’Accordo di Parigi, dice: “Non sono pronto a rinegoziare, ma sono pronto a dargli il benvenuto se decidesse di tornare”.

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[NdR – L’autore cura un Blog dedicato ai temi trattati nei suoi articoli]

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