OCSE, Rapporto sui laureati italiani

Mentre l’Unione Europea punta su una “Politica di Sviluppo delle Competenze” sia come strumento per la creazione di nuovi e migliori posti di lavoro (che ricordiamo è uno degli obiettivi della Strategia Europa 2020. La Strategia UE a sostegno, tra le altre cose, dell’occupazione – Occupazione e Innovazione Sociale – e finalizzata a contribuire alla crescita e alla creazione di posti di lavoro, alla mobilità del lavoro e al progresso sociale) sia per elevare il benessere e il tenore di vita dei cittadini dei Paesi dell’Unione, mediante la formazione, il continuo aggiornamento professionale e tecnologico, una migliore professionalizzazione dei suoi cittadini. Anche a fronte delle numerosissime e complicate sfide legate alla sostenibilità, alla disoccupazione giovanile, all’invecchiamento demografico, passando per i cambiamenti climatici, l’inquinamento, l’energia sostenibile o piuttosto la migrazione.

Quello che occorrerebbe, in realtà, sarebbe di superare le sfide attuali, tenendo testa al ritmo e alla complessità dei cambiamenti globali e rispondendo efficacemente al fabbisogno di una popolazione mondiale il cui numero aumenta ogni giorno che passa. L’Unione, per salvaguardare il modello sociale europeo e la coesione sociale, ritiene imprescindibile e indifferibile un investimento idoneo funzionale alla promozione dei “Politiche a favore dei giovani” e “Politiche a favore dell’occupazione”, promuovendo una crescita inclusiva e sostenibile, superando le diseguaglianze.

E questo e stato sistematizzato in modo organico e strutturato già fin dal 2012, con la pubblicazione di una Raccomandazione del Consiglio dell’Unione Europea sulla “validazione dell’apprendimento formale e informale” con l’obiettivo di istituire “entro il 2018 – in conformità alle circostanze e alle specificità nazionali e nel mondo da essi ritenuto appropriato – modalità per la validazione dell’apprendimento non formale e informale che consentano alle persone di: ottenere una validazione delle conoscenze, abilità  e competenze acquisite mediante l’apprendimento non formale e informale, compreso, se del caso, mediante risorse educative aperte…”.

Ma, a fronte di tutto questo, l’Italia, stando al Rapporto OCSE: “Education at a glance 2017” (Strategia per le competenze), l’Italia è intrappolata in un basso livello di competenze generalizzato causato dal dato di fatto che “l’Università italiana non riesce a produrre laureati e quei pochi non trovano lavoro o ricevono addirittura meno dei loro colleghi senza un titolo di studio superiore”. In base ai dati del 2016 l’Italia è all’ultimo posto per occupazione di laureati: 64% rispetto alla media registrata dall’OCSE dell’83% e quella europea dell’82%.

Nel Rapporto, presentato dal Ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, e dal segretario generale dell’OCSE, Angel Gurria, si descrive una situazione di stallo che blocca anche la ripresa per il nostro Paese: una situazione in cui la scarsa offerta è accompagnata da una debole domanda da parte delle imprese. Si tratta, sostanzialmente, di una concausa di fattori: da un lato i lavoratori in alcuni casi, non si presentano sul mercato con una preparazione idonea, con un patrimonio di conoscenze tale che gli possa consentire di svolgere le diverse mansioni lavorative con competenze, dall’altra le aziende si adattano e non chiedono un migliore e continuo aggiornamento professionale. E anche a fronte di un miglioramento dei tassi di occupazione, la produttività resta ferma o registra un incremento percentuale veramente minimo.

Senza contare che il numero di iscritti (per valore assoluto) all’Università, in Italia, stando a quanto declinato in “Strategia per le competenze” è sceso dell’8% tra il 2000 e il 2015 e che, sempre stando ai dati del Rapporto, i laureati italiani hanno, in media, un basso tasso di competenze in lettura e matematica (26° posto in una classifica composta da 29 Paesi oggetto di analisi da parte dell’OCSE). Da migliorare ci sarebbe anche una maggiore pertinenza degli studi universitari rispetto alla domanda di competenze sul mercato del lavoro: “…i tassi di occupazione dei laureati sono bassi rispetto alla media OCSE e allo stesso tempo molte imprese non riescono a reclutare lavoratori con alte competenze per coprire posti di lavoro” e il “basso livello di competenza” è il principale fattore che blocca la crescita. Ed è innegabile, rimarca l’Organizzazione che l’Italia sta avendo maggiori difficoltà rispetto ad altri Paesi più avanzati a completare la transizione verso una tipo di Società più dinamico e fondato sulle competenze e capacità professionali, auspicato dall’Unione. Comprendiamo quindi, a questo punto, l’attenzione che la UE dedica a questi argomenti e il motivo per cui ha deciso, nel 2016, di adottare la nuova “Agenda Globale per le competenze per l’Europa”, con lo scopo di garantire a tutti, fin dai primi anni della scolarizzazione, possano essere messi in condizioni di sviluppare quante più competenze possibili consentendo, all’Unione, così, di trarre il massimo vantaggio dal capitale umano europeo, promuovendo l’occupazione, la competitività e la crescita tra i Paesi UE, che potranno, in questo modo, meglio far fronte alle sfide dello scenario internazionale  e rallentare la cosiddetta “fuga dei cervelli” mettendo  a punto metodologie e buone prassi sempre più efficaci per scongiurare questo fenomeno.

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