Lezioni popolari

La scorsa settimana, ci sono stati due pronunciamenti popolari che fanno riflettere. Nella Repubblica Ceca, la destra, nelle sue varie espressioni, ha stravinto le elezioni politiche, relegando i socialdemocratici al terzo posto. In Lombardia e Veneto, i referendum per una maggiore autonomia hanno dato risultati non entusiasmanti, certo, ma comunque chiari. Quella brava persona che è il Presidente Maroni, ci ha tenuto a dire che la faccenda non ha niente a che vedere con la Catalogna, e neppure il Veneto pensa al separatismo (anche se di Zaia mi fiderei molto meno). Ma, insomma, l’insofferenza di parti importanti del Paese verso il centro è palese.

Il caso ceco va visto da vicino. La Repubblica Ceca è uno dei Paesi più prosperi dell’UE, ha una crescita annuale superiore al 3% del PIL, la disoccupazione è limitatissima (2,5%). Non è dunque l’economia il motore della corsa a destra. Di solito lo è la sicurezza, legata ai problemi di immigrazione. Questo fattore avrà certo giocato, ma in quel Paese l’immigrazione è, relativamente, limitata. E dunque? Dunque la parola d’ordine è stata la riconquista di una maggiore autonomia nazionale rispetto all’Europa. In sostanza, una sorta di sciovinismo tipo inglese. Irrazionale, forse, ma che non fa che confermare l’insofferenza crescente in certe marche europee e il sempre più robusto “vento di destra” che pare traversare quella parte d’Europa.

In Veneto e Lombardia, come ho detto più sopra, non mi sembra che si possa parlare di “plebisciti”. In Veneto ha partecipato poco più del 50% degli aventi diritto, in Lombardia meno del 40%. In sostanza, complessivamente più della metà della popolazione lombardo-veneta ha dimostrato la propria indifferenza. Ma i risultati sono ovviamente legalmente validi. E politicamente? Politicamente, la istanze lombardo-venete sono ora sul tappeto e sarà impossibile ignorarle. Non credo che il Governo in carica, nel tempo limitato che gli resta e con i limiti che sappiamo, potrà fare molto. Ma il prossimo si troverà nell’obbligo di negoziare seriamente. Berlusconi ha già dato un segno delle sue vedute (come sempre, poco responsabili): auspica che l’autonomia si estenda a tutte le Regioni d’Italia. Ciò però ha una contropartita: ogni Regione dovrebbe imparare a far da sé; cosa possibile, finanziariamente e organizzativamente, per quelle del Nord, molto, ma molto dubbia, poniamo, per la Calabria. Una domanda, inoltre, s’impone: cosa resterebbe allo Stato, e quindi all’unità nazionale che esso rappresenta? Giustizia, sicurezza interna, politica estera, difesa? O nemmeno queste?

Sempre sul piano politico, non è giusto negare che la Lega ha confermato una certa capacità di convocazione popolare. Il risultato dei referendum, buono o mediocre, è suo; Berlusconi e FI sono stati semplici comprimari (Fratelli d’Italia, di cui sempre meno capisco l’innaturale connubio colla Lega, addirittura contrari). Ciò dovrebbe far riflettere Berlusconi e l’insieme della destra europea e moderata. Il dilemma è chiaro: mantenere l’alleanza con la Lega, indispensabile per vincere al Nord, ma senza farsi trascinare dal suo massimalismo, capace di alienare buona parte dell’elettorato, specie al centro e al sud. Ma l’insieme delle affermazioni della destra dovrebbe far seriamente e rapidamente riflettere soprattutto la sinistra. Ma questa sempre più ciecamente impervia alla realtà. Di voto in voto, la destra cresce in Europa e in Italia, ma i vari Bersani, D’Alema, Speranza vi restano superbamente indifferenti. Le “prove di dialogo” appena sbozzate non durano un giorno. Tutta presa dalle sue meschine beghe di bottega, questa gente, invece di unirsi per far fronte al pericolo, si immerge nelle ripicche nei dispetti personali (l’ultimo, contro la Boschi). Se alla fine tutta la sinistra, PD incluso, perderà, come penso, se lo saranno tutti  largamente meritato.

Riflettano però anche a Bruxelles. Pensare all’Europa in termini di fughe istituzionali in avanti sarebbe ora, più ancora che utopico, suicida. L’Europa amministri bene quello che c’è, acceleri su temi che tutti sentono come importanti: sviluppo economico, sicurezza delle frontiere, immigrazione, magari difesa comune. E si ricordi dell’aurea legge della sussidiarietà.

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