Egitto, sempre meno libertà di stampa

Accusato spesso di imbavagliare la libertà di espressione e inibire qualsiasi forma di opposizione, pochi giorni fa il potere egiziano ha deciso di bloccare una ventina di siti Internet a scapito dei difensori delle libertà.

Zittire con accanimento. Il potere egiziano, che cerca di controllare la libertà di espressione nel Paese, sembra avere sempre più difficoltà a sopportare qualsiasi forma di critica. Nel mirino: i media dell’opposizione, i social network, i giornalisti, gli oppositori e gli attivisti per i Diritti Umani. L’ultimo esempio di questa politica di censura in corso in Egitto è accaduto mercoledì 24 Maggio con il blocco di più di una ventina di siti Internet. Se fra questi troviamo molti media del Qatar o finanziati da Doha, come il sito di Al Jazeera, vituperata dal Cairo e accusata di appoggiare la confraternita dei Fratelli Musulmani, altri media, critici nei confronti della Presidente Abdel Fattah al-Sissi, hanno subito le ire della censura. Tra questi Mada Masr, un media indipendente e progressista egiziano, che ha pubblicato delle inchieste sulla corruzione e la repressione subita dall’opposizione nel Paese. Stessa sorte ha subito il sito arabo dell’Huffington Post, HuffPost Arabi, la cui colpa è stata di aver pubblicato articoli  critici nei confronti del Governo egiziano. “Abbiamo la conferma che il sito di Mada Masr è stato bloccato, rimanete connessi per sapere dove ritrovarci”, ha twittato giovedì scorso il media che ha pubblicato sui social network una vignetta che raffigurava una porta chiusa nel bel mezzo del deserto.

Per giustificare queste misure, una fonte dei Servizi, citata dall’Agenzia di stampa egiziana ufficiale Mena, ha spiegato che i siti erano stati chiusi e sarebbero stati oggetto di persecuzioni per via del sostegno che apportavano al terrorismo. Ricordiamo che nel 2015 adottato una nuova legge antiterrorismo, una legge molto controversa, che prevede pesanti ammende ai giornalisti che davano notizie in contraddizione con i comunicati ufficiali. Definito da Reporters sans Frontières (RSF) “una delle più grandi prigioni per i giornalisti”, l’Egitto è al 161° posto della Classifica mondiale per la libertà di stampa 2017, classifica che misura la libertà della quale godono i giornalisti in 180 Paesi. L’ONG aveva denunciato con veemenza la condanna, lo scorso 25 Marzo, a un anno di prigione con condizionale dell’ex Presidente del sindacato dei giornalisti egiziani e di due altri suoi membri, accusati di aver ospitato due giornalisti perseguiti dalla giustizia.

Oltre all’imbavagliamento dei media, è il controllo di Internet e dei social network, che avevano avuto un ruolo importante durante il rovesciamento dell’ex Presidente Hosni Mubarak nel 2011, che sembra essere un sfida capitale per il potere egiziano. E’ comprensibile visto che sono quasi 40 milioni di internauti in Egitto e questo frammento di libertà è vitale per tutti coloro che vogliono esprimere la loro opinione e che non hanno accesso ai media e ai giornali pubblici. Da parte sua l’AFTE (Association for Freedom of Thought and Expression), una ONG che difende la libertà di espressione, ricorda che “un buon numero di egiziani hanno dovuto fare i conti con quello che avevano scritto in rete, qualcuno è anche stato perseguito, se non arrestato per insulti nei confronti del Presidente o divulgazione di notizie false”. Alla fine di Aprile è trapelato sulla stampa locale il progetto di legge presentato dal deputato egiziano Riad Abdel Sattar, che vuole il pieno controllo degli utenti Facebook, che in Egitto ha più di 30 milioni di iscritti. In nome della lotta contro il terrorismo, per accedere a Twitter o Facebook gli internauti sarebbero costretti a chiedere alle autorità dei codici di accesso personalizzati, collegati alla loro carta di identità. I trasgressori rischierebbero il carcere. Un altro parlamentare, Mohamed Kaci, ha suggerito di creare un Facebook “parallelo”, sulla falsariga del WeChat cinese.

Molti sono portati a  pensare che il clima di repressione che si sta accanendo sempre più sulla libertà di espressione sia legato all’avvicinarsi delle elezioni presidenziali previste per il prossimo anno. Lo scorso 23 Maggio, Khaled Ali,  avvocato paladino dei Diritti Umani ed ex candidato alla presidenza, è stato arrestato con l’accusa di “offesa alla morale pubblica”. L’arresto è avvenuto dopo la pubblicazione di una foto nella quale è sospettato di fare “un gesto osceno con la mano” davanti ad un tribunale. Membro di un Partito di sinistra, Khaled Ali ha recentemente lasciato intendere che potrebbe ripresentarsi alle presidenziali contro il Presidente uscente, Abdel Fattah al-Sissi. Forse il vero motivo dei suoi problemi giudiziari.

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