Mia moglie è una bestia (Film, 1988)

Ogni tanto dobbiamo fare qualche passo indietro per riassaporare il gusto del fare cinema comico negli anni Settanta e Ottanta, quando bastavano un’idea geniale, magari un pizzico surreale, il comico del momento e dei buoni sceneggiatori, per mettere in scena un film da proiettare in sala durante il fine settimana.

Mia moglie è una bestia è uno dei tanti parti della fervida fantasia di Castellano & Pipolo, un vero e proprio marchio di fabbrica che attraversa quarant’anni di cinema italiano. Franco Castellano (Roma, 1925 – 1999) e Giuseppe Moccia (Viterbo, 1933 – Roma, 2006) sono soprattutto sceneggiatori, due dilettanti di lusso (ingegnere il primo, bancario il secondo) prodotti dalla grande scuola di satira del Marc’Aurelio, scrivono molti film per Totò e Tognazzi, s’inventano il Celentano comico cinematografico su cui pochi avrebbero scommesso (Innamorato pazzo e Il bisbetico domato), collaborano con Enrico Montesano, Massimo Boldi, Renato Pozzetto, scrivono film per i migliori registi comici italiani e ne dirigono in proprio almeno una ventina. Attila flagello di Dio (1982), resta il loro capolavoro trash, interpretato da Diego Abatantuono, ma anche molti film interpretati da Celentano sono ormai entrati nella storia del cinema comico italiano.

Mia moglie è una bestia è uno dei loro ultimi film, non tra i migliori, ma sicuramente originale e scritto su misura per le doti comiche di Massimo Boldi, al tempo molto più bravo e versatile di quanto non lo sia adesso, ingabbiato in squallidi ruoli che si riciclano a ogni pellicola. In breve la trama. Si parte da un antefatto datato trentamila anni fa, all’età della pietra, con Boldi uomo preistorico a caccia di Cafi (il nome dell’organo sessuale femminile al contrario) insieme al gruppo di cavernicoli. Tutto serve per mostrare l’incontro tra un lontanissimo antenato del protagonista e la bella preistorica, travolta da una valanga di neve. In tempi moderni Boldi è Gianni, un pubblicitario milanese che tutti credono pazzo, persino la compagna Pucci (D’Obici), perché soffre di allucinazioni. Uno psichiatra dai metodi violenti vorrebbe internarlo, ma lui opta per un periodo di riposo a Cervinia, dove incontra Huc (Grimaldi), la donna preistorica ibernata. L’incontro scatena una serie di qui pro quo tipici della commedia all’italiana condita di casti risvolti erotici, con un paio di nudi semi integrali della bella Grimaldi, sex-symbol del momento. Abbiamo due professori che vorrebbero catturare la preistorica per studiarla, ma finiscono per ingabbiare la compagna di Gianni. A un certo punto Huc sembrerebbe una visione prodotta dalla follia di Gianni, perché è il solo a vederla, ma il finale spiega tutto e fa capire che non era certo un sogno. Ottima la sequenza nel traffico milanese con l’incontro tra l’uomo e la donna sopra i tetti delle auto e il trionfo dell’amore dopo una serie di situazioni paradossali.

Mia moglie è una bestia è un film ben sceneggiato, una volta accettato l’elemento surreale e la tesi strampalata sull’ibernazione lo spettatore non fatica a seguire una storia narrata con credibilità, a base di colpi di scena. Certo, la colonna sonora non è un capolavoro, anzi, siamo ai limiti del fastidioso, fotografia ed effetti speciali non raggiungono la sufficienza, ma la recitazione degli attori compensa tutto. Massimo Boldi aveva doti naturali di attore comico dai risvolti surreali e cabarettistici, purtroppo sprecate e stemperate nel tempo con l’assuefazione a tristi ruoli replicanti. Eva Grimaldi è di una bellezza selvaggia e prorompente, interprete ideale per una donna che proviene dall’età della pietra. Il film gode di trovate verbali legate al gusto del tempo (Sei la forza di cento braccia! Pastamatic!, era una gag pubblicitaria) ma anche di macchiette tipiche del Boldi anni Ottanta (Cipollino, tachicardia, Mi hai fatto un male pazzesco!) e di un paio di citazioni di film (Sotto la pelliccia niente, Vado l’ammazzo e torno…) in funzione comica. Comicità fumettistica, da cartone animato, cinema comico – fantastico condito da un pizzico di erotismo come non si produce più e che al tempo incontrava i gusti del pubblico. Da riscoprire, come buona parte della produzione della coppia Castellano & Pipolo.

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Regia, Soggetto, Sceneggiatura: Castellano & Pipolo (Franco Castellano e Giuseppe Moccia). Aiuto Regista: Alessandro Metz. Direttore di Produzione: Cesare Jacolucci. Fotografia: Carlo Poletti. Colore: Telecolor spa. Montaggio: Antonio Siciliano. Organizzatore di Produzione: Maurizio Pastrovich. Scenografia: Massimo Corevi. Costumi: Silvio Laurenzi. Musiche: Bruno Zambrini. Edizioni Musicali: Slalom srl, Bmg Ariola spa. Produzione: Mario e Vittorio Cecchi Gori per la Cecchi Gori Group e Tiger Cinematografica srl. Produttori Associati: Bruno Altissimi e Claudio Saraceni per la Maura International Film srl. Distribuzione: Columbia Pictures Italia. Operatore alla Macchina: Massimiliano Sano. Fotografo di Scena: Vincenzo Savino. Fonico: Benito Alchimede. Mixage: Danilo Moroni. Doppiaggio: Dea 5. Teatri di Posa: Empire Studios. Sigla Finale: Mia moglie è, di Zambrini, Castellano e Pipolo, canta Massimo Boldi. Interpreti. Massimo Boldi (Gianni Bertani), Eva Grimaldi (Huc), Valeria D’Obici (Pucci), Mattia Sbragia (Paolini, lo psichiatra), Gianni Bonagura (professore), Gianni Franco (collega di Gianni), Valerio Isidori (assistente del professore), Silvia Annichiarico (moglie del collega), Milla Sannoner (titolare della pellicceria), Roberto Ceccacci (commissario), Michele Iannelli, Francesco D’Alcese, Maria Silvana Raffaeli, Orazio Stracuzzi (vicino di casa di Gianni).

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 [NdR – L’autore dell’articolo ha un suo blog “La Cineteca di Caino”]

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