UE-Marocco, Accordo per il Sahara

E’ indubbio che la politica si trasformi sempre più spesso in real-politik quando ci sono in gioco affari economici, ancora più intricata diventa la questione qualora il tutto si intersechi con le antiche, ma non ancora del tutto sepolte, politiche coloniali dell’Europa che fu.  Abbiamo visto l’intervento degli stati occidentali e degli Stati Uniti nel favorire le primavere arabe in Tunisia ed Algeria, nell’intervento, per certi versi sciagurato e dilettantesco, in Libia. Una certa acquiescenza pragmatica verso l’Egitto ed il Marocco, malgrado i contrasti fra quest’ultimo e la Spagna riguardo le due enclavi di Ceuta e Tangeri. Per non scordare che la Turchia, con cui la UE stipula accordi miliardari e che è sempre sulla porta di accesso alla Comunità, occupa da 42 anni Cipro Nord, senza che questo pregiudichi le relazioni internazionali tra il paese di Erdogan e la UE.

La politica altalenante ed ancorata alla realtà economica si evince dal versamento di 259 milioni di euro proprio alla Turchia per un supporto finanziario destinato all’allargamento della comunità turco-cipriota. Ma anche nell’imposizione dell’etichettatura dei prodotti israeliani provenienti dai territori occupati, a parere del Consiglio per gli Affari Esteri della UE, la West Bank occupata non rientra negli accordi stipulati tra UE ed Israele, in quanto questi dovrebbero decidere autonomamente la destinazione dei beni prodotti in loco e non hanno mai demandato a Tel Aviv la gestione dell’economia.

La gestione dell’economia dei territori occupati si è rivelata una problema gravoso anche in merito al Sahara Occidentale, che è inserito dall’Assemblea Generale dell’ONU (Risoluzione n. 1542 dal 15 dicembre del 1960)  nella lista dei “territori non autonomi” sotto la supervisione del Comitato di Decolonizzazione delle Nazioni Unite. Questo territorio era sotto il dominio Spagnolo, ed in seguito agli accordi di Madrid finito sotto l’egida di Marocco e Mauritania, quest’ultima ritirò presto le proprie forze di fronte al crescere della forza della resistenza del Fronte Polisario, mentre il Marocco innalzò un muro di oltre 200 km. tuttora esistente. Al momento la Repubblica Sahrawi è riconosciuta da 81 paesi, ma non da ONU e UE, che però non ammettono nemmeno il dominio del Marocco, aggiungendo che questa zona non è nemmeno classifica come “terra nullius”, il panorama legale è decisamente complesso, ed il riconoscimento all’autodeterminazione del popolo sahrawi non è sufficiente a dare personalità giuridica al Fronte.

La UE stipulò un accordo con il Marocco nel 2007, poi rinnovato nel 2013, che prevedeva la liberalizzazione degli scambi dei prodotti agricoli e della pesca, riconoscendo anche ai pescherecci europeila possibilità di sfruttare le acque atlantiche del paese Nord africano dietro il pagamento di una sorta di “licenza” di 30 milioni di euro annui. La frutta e verdura prodotta nel Sahara Occidentale è destinata solo all’export. La produzione principale è rappresentata da pomodorini ciliegino (44.000 ton) e da meloni (20.000 ton) oltre che da peperoni e cetrioli su scala minore. Circa il 40% dei pomodori esportati con etichetta marocchina provengono infatti dal Sahara Occidentale. Tutto questo senza interessare i legittimi abitanti rappresentati dalla Repubblica Democratica Araba dei Sahrawi (Sadr), proclamata nel 1976 ed il cui governo è in esilio, malgrado l’ampio riconoscimento internazionale.

Il Fronte di Liberazione Nazionale è riuscito a farsi legittimare dalla Corte di Giustizia UE e quindi a poter presentare ricorso avverso l’accordo commerciale Marocco-UE. Il 10 dicembre 2015 la Corte ha dato ragione al ricorrente nella parte in cui l’accordo commerciale estende il valore dello stesso al Sahara Occidentale. Nei 251 punti articolati dalla sentenza, la Corte ha evidenziato le violazioni dei diritti di libertà, autodeterminazione e proprietà. La CGUE ha appuntato che l’accordo stipulato non ha tenuto conto che si tratta di un territorio conteso e che può influire sul diritto all’autodeterminazione dei popoli ivi stabiliti.

Non pago, il Consiglio UE ha deciso di proporre appello e l’avvocato generale Melchior Wathelet ha chiesto alla Corte Ue di annullare la sentenza del Tribunale in virtù della quale i due accordi si applicano al territorio, in quanto il Sahara occidentale non farebbe parte del Marocco.

In attesa di ulteriori sviluppi resta singolare la presa di posizione della sinistra europea, ignorando i diritti della minoranza sahrawi, il gruppo Socialisti e Democratici, ha valutato l’accordo “It’s a fair agreement for both sides and respects the Sahrawi people’s rights”. Questo quando poco tempo prima quattro eurodeputati pro-sahrawi, che stavano dirigendosi verso il Sahara Occidentale, erano stati fermati ed espulsi dalle autorità marocchine. Interlocutoria come solito Federica Mogherini, l’Alto Rappresentante dell’Unione, ha dichiarato che “il Sahara Occidentale è ancora considerato come un territorio non autonomo”, e quindi non sotto la sovranità del Marocco. La stessa, a colloquio con il Ministro degli Esteri marocchino Salahedin Mezouar, ha aggiunto che l’Unione Europea non considera pregiudicati dalla sentenza gli accordi bilaterali UE-Marocco.

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