Aleppo, tornano a cadere le bombe

E’ di questi giorni l’annuncio, da parte del Cremlino, della liberazione della città siriana di Aleppo, teatro di durissimi combattimenti tra le forze governative di Assad e i ribelli. La notizia è stata comunicata dall’ambasciatore russo Vitaly Churkin alle Nazioni Unite, dopo il raggiungimento di un accordo per l’evacuazione del settore orientale della città, ultimo quadrante in mano a milizie anti-Assad, espugnato dall’esercito di Damasco.

Con la mediazione di Russia e Turchia, sono stati predisposti dei corridoi per trasferire ribelli, familiari e feriti nel nord del Paese. L’Onu, non coinvolto nei piani di salvataggio, ha chiesto, per il tramite del suo inviato speciale per la Siria, Staffan de Mistura, di aver accesso alla supervisione delle operazioni.

Imprecisi sarebbero i numeri sui civili intrappolati dal conflitto: cinquantamila per le Nazioni Unite, il doppio secondo fonti locali. Oltre 360 combattenti si sono arresi nelle ultime ore e, come riferisce il Centro russo per la riconciliazione delle parti in guerra, 329 sarebbero stati graziati.

La Turchia sta lavorando all’ampliamento di campi d’accoglienza nell’area settentrionale siriana e almeno un migliaio di civili sarebbe già arrivato nelle strutture della Mezzaluna Rossa, allestite a Idlib. Nei prossimi giorni, si attende, dunque, il grosso del flusso, stimato fino a circa cinquantamila persone. Anche la Farnesina si è mossa per assicurare, in questa delicata fase, il rispetto del diritto internazionale e delle Convenzioni di Ginevra. In realtà, le procedure d’evacuazione non sono ancora iniziate: la televisione d’opposizione Orient ha raccolto testimonianze in loco, secondo cui circa venti autobus forniti dal governo, per provvedere al trasferimento di civili e ribelli, sono tuttora fermi e inutilizzati. Il cessate il fuoco, garanzia necessaria per lo svolgimento delle operazioni di sgombero dal quartiere est, non ha evidentemente retto a causa di una recrudescenza degli scontri e della mancata coesione all’interno delle forze filo-governative su alcune condizioni dell’accordo.

L’Iran, alleato siriano, in particolare, per acconsentire all’osservanza della tregua avrebbe chiesto la restituzione di suoi soldati in ostaggio presso gli insorti; inoltre, esistono ancora minime sacche di resistenza che Assad e alleati vogliono sradicare ad ogni costo. Il prezzo è un dramma umanitario senza precedenti e, a farne maggiormente le spese, sono stati e continuano ad essere soprattutto i civili inermi e indifesi, presi in trappola tra l’incudine e il martello, senza un posto dove rifugiarsi.

Rupert Colville, portavoce delle Nazioni Unite, ha riportato la notizia della morte di ottantadue civili, durante le manovre di rastrellamento dell’esercito, impegnato a stanare i miliziani dai loro presidi. Tra le vittime, figurano undici donne e tredici bambini, specchio della ferocia indiscriminata con cui ambedue i contendenti si sono affrontati. Alla fine, Assad è riuscito a mantenere la rigida leadership nel Paese, seriamente compromessa prima dell’intervento decisivo del partner russo, e, ora che gli Stati Uniti – da sempre interessati ad appoggiare fazioni avverse al regime in Siria – hanno un nuovo presidente poco incline ai coinvolgimenti militari all’estero e più cordiale con Putin di quanto non lo sia stato in precedenza Barack Obama, ha via libera per premere sull’acceleratore finché non avrà debellato completamente la ribellione.

I dati raccolti sul campo da Medici Senza Frontiere sono critici: raid aerei che hanno distrutto ospedali e ucciso ricoverati e personale medico, vittime colpite tra due fuochi senza possibilità di scampo, ondate di profughi in viaggio verso l’Europa in cerca di salvezza.

Le bombe sono tornate a cadere, l’evacuazione è rinviata, ma già si parla di una nuova tregua e della possibilità di trasferire finalmente altrove tutti i civili intenzionati ad abbandonare Aleppo. Cosa che, nel continuo avvicendarsi di momenti di pausa con riprese delle ostilità e rappresaglie, ci auguriamo tutti dal profondo. Intanto, a Parigi, i francesi spengono la Torre Eiffel in segno di solidarietà.

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