Corrado Farina, un regista in prestito alla scrittura

Corrado Farina (1939-2016) comincia la sua attività come regista di pellicole a passo ridotto, organizzatore di cineclub, giornalista e saggista. Negli anni Settanta gira molti documentari: I tarli, Freud a fumetti, Salgari della nostra infanzia, Di città si muore, Fumettophobia, Dossier 131, Concerto per Courmayeur, C’erano una volta Stanlio e Ollio… Aiuto regista di Dacia Maraini per L’amore coniugale, trasposizione sul grande schermo del romanzo di Moravia. Come regista gira solo due lungometraggi, ma entrambi rientrano nella tematica fantastica, molto vicina alla cinematografia horror. Corrado Farina lavora per la televisione, dirige spot pubblicitari e da quando il cinema di genere non produce molte possibilità di lavoro è un apprezzato romanziere.

Corrado Farina contrae la malattia del cinema in giovanissima età, frequentando le sale cinematografiche della sua città, come appassionato divoratore di pellicole. Frequenta l’università, scrive di cinema su alcuni giornali studenteschi e politici, partecipa alla nascita del Centrofilm di Gianni Rondolino, dirige il Centro Universitario Cinematografico e realizza una ventina di film a passo ridotto insieme a un gruppo di amici. Si laurea in giurisprudenza, ma trova lavoro presso lo Studio Testa, una grande agenzia di pubblicità, come copywriter, dove in cinque anni scrive e dirige un mezzo migliaio di spot pubblicitari, che al tempo si chiamavano caroselli.

Farina ha sempre avuto una grande passione per i fumetti e negli anni Settanta si lascia affascinare dalla Valentina di Guido Crepax pubblicata su Linus. Scrive alcuni articoli, pubblica un saggio su Crepax con la Sipra e confeziona una serie di strip intitolate Il grande persuasore. Farina lascia Torino quando si rende conto che il suo rapporto con il mondo della pubblicità si sta deteriorando. La nuova meta è Roma, che raggiunge insieme alla moglie e ai figli. Comincia a fare l’aiuto regista e subito dopo realizza due lungometraggi: Hanno cambiato faccia (Primo Premio al Festival Internazionale di Locarno, 1971), e Baba Yaga (da una storia a fumetti di Guido Crepax, 1973).

In seguito si dedica quasi esclusivamente a servizi televisivi e documentari, sia per il circuito cinematografico che per aziende pubbliche e private (Fiat, Alfaromeo, Italsider, Henkel, Telecom, Enel, Enea) ed enti istituzionali (Presidenza del Consiglio dei Ministri, Istituto Luce, Rai Educational). Farina non si considera un documentarista partito dalla fiction, ma un regista di fiction prestato – per quasi trent’anni – al documentarismo. La prova di questo sta nel fatto che ogni volta che la cosa è stata possibile ha fatto ricorso, anche nella sua attività di documentarista, agli attori e ai codici strutturali propri della fiction. Negli anni Novanta si dedica soprattutto alla realizzazione di programmi composti in tutto o in parte da materiale di repertorio. Farina considera un’esperienza stimolante i cosiddetti “film di montaggio” e trova bellissimo utilizzare pezzi di vecchi film a complemento di discorsi di vario genere.

Baba Yaga è stato il suo ultimo lungometraggio, non è più riuscito a farne altri, a causa dell’insuccesso commerciale. Non sono mancati i progetti, costantemente rifiutati dai produttori con motivazioni di questo tipo: “troppo intellettuale”, “troppo sofisticato”, “troppo difficile”. Il genere fantastico non è amato dai produttori italiani, che prediligono storie più solari e mediterranee. Perlopiù i suoi progetti erano invece parenti del genere “fantastico”. Il regista lo ha sempre difeso in ogni sua versione: quella “bassa” del film dell’orrore, quella “media” dell’interscambio fra realtà e fantasia, quella “alta” della metafora più o meno futuribile dell’esistenza umana. Alcuni esempi di progetti mai realizzati sono Il ritorno di Ulysse Smithson, una parafrasi dell’Odissea sui reduci dal Vietnam, scritta con Giulio Albonico; Il prezzo del pericolo, da un racconto di Robert Sheckley; La morte di Megalopoli, da un romanzo di Roberto Vacca; Storia di sesso e di fumetto, una commedia erotica scritta sulla falsariga di Le belle della notte e di Sogni proibiti. Il progetto che più si è avvicinato alla realizzazione, verso la metà degli anni Ottanta, è stato Un posto al buio, variazione moderna in chiave “noir” de Il fantasma dell’Opera di Leroux, che stava per essere prodotto da Franco Cristaldi.

Il soggetto di Un posto al buio è all’origine della recente attività di scrittore: è diventato il primo dei suoi romanzi pubblicati (Biblioteca del Vascello, 1994). In seguito ne ha scritto uno sulla morte di Emilio Salgari: Giallo antico (Fògola Editore, 1999), uno tratto da un vecchio soggetto: Storia di sesso e di fumetto(Mare Nero, 2001), Dissolvenza incrociata (Fògola Editore, 2002), Il calzolaio (Marcovalerio, 2004), che è una storia noir di feticismo, e infine i più recenti Il cielo sopra Torino (Fògola, 2006) e L’invasione degli Ultragay (Zero 91, 2008).

Corrado Farina fa in tempo a scrivere una preziosa autobiografia: Attraverso lo specchio – Film fatti e film visti, quasi una storia del cinema attraverso le sue parole (Il Foglio Letterario, 2016).

©Futuro Europa®

[NdR – L’autore dell’articolo ha un suo blog “La Cineteca di Caino”]

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