Spagna, oggi di nuovo al voto

La fola del Belgio che stando senza governo guadagnò un 2% di PIL pare avesse attecchito anche in Spagna, visto che gli amici iberici lo sono da 6 mesi.  La situazione politica spagnola rappresenta una storia già vista, due partiti principali, il Partito Popolare (PP) di centro-destra, il Partito Socialista (PSOE) di centro sinistra, poi varie formazioni a radicazione locale tra cui la più importante è quella catalana.

Ma, parallelamente alla situazione italiana, dalla crisi è spuntata una nuova forza di rottura che ha coagulato il malcontento popolare, Podemos, identico al movimento di Grillo l’emulo spagnolo ha vissuto le stesse fasi di crescita arrivando ora ad imporsi come elemento nuovo che va ad intromettersi nel classico duopolio destra-sinistra.

Una differenza tra le situazioni spagnola ed italiana in realtà si trova, se al recente voto amministrativo il Movimento 5 Stelle ha raccolto i voti che non aveva preso al primo turno dimostrando una forza di attrazione sconosciuta a PD e Lega, in Spagna tutto si è svolto nell’ambito di un processo di aggregazione. Podemos si presenta come “Unidos Podemos” unendo le proprie forze a quelle di molti partiti minori soprattutto di sinistra, scontenti delle politiche messe in atto dal PSOE. Questa coalizione arriverà facilmente a battersi per il secondo posto, e cosa succederà a questo punto? Che se il PP, presumibile primo partito non troverà alleati, non avrà forze sufficienti a governare in autonomia, a questo punto Iglesias ed il Podemos potrebbero essere incaricati di formare il nuovo governo.

In tutto questo scenario si sono introdotti vari scandali che hanno colpito il PP, da intercettazioni a carico del ministro Fernandez Diaz ad una contabilità segreta scoperta nel partito di Rajoy. Anche la Spagna vive quindi un momento di riassestamento politico dopo le elezioni del 2015 in cui il Partido Popular (PP) e il Partido Socialista Obrero Espanol (PSOE) raccolsero complessivamente appena il 50% dei voti (28,7% il PP e 22% il PSOE),quando solo nel 2008 erano all’80%. Di pari passo la nascita di Podemos (20,7%) ed, in misura minore,di Ciudadanos (13,9%).

Se la crisi economica ha ristrutturato il panorama politico spagnolo, creando una situazione magmatica in via di stabilizzazione, gli iberici hanno perlomeno evitato di trovarsi a capo del paese un Matteo Renzi. Non per niente, malgrado sotto i Pirenei i danni provocati dal cataclisma che ha attraversato l’Europa siano stati superiori ai nostri, loro ora vantano una crescita del 3,2% anche se con una ampia flessibilità, ma ben superiore ai risultati raggiunti dall’Italia.

©Futuro Europa®

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