Né sciacalli né colombe, è ora di reagire

Commentando gli attentati di Bruxelles, il Premier Renzi ha detto tra l’altro: “Non è il tempo degli sciacalli, ma neppure delle colombe”. Mi pare una buona definizione della situazione. Gli sciacalli sono quei politici di terz’ordine che profittano (alla Salvini) di eventi così tragici per trarne un miserabile profitto politico (onore al merito! Dopo la riunione dei Capigruppo parlamentari con Renzi, Romani ha riaffermato che, quando si tratta degli interessi del Paese, Forza Italia appoggia l’Esecutivo); e sciacalli ancora peggiori sono quelli che pensano di profittare dell’emozione e dell’indignazione generali per proporre barbare vendette contro membri e istituzioni di quelle comunità musulmane che nella grande maggioranza aspirano solo a una vita degna e pacifica (strano che si sia distinto su questo ignobile fronte un Consigliere PD, che ha parlato di “tagliare teste islamiche”!). Colombe sono tutti quelli che, in buona o in mala fede, nei centri sociali come in certe parti delle Chiesa, invocano a pappagallo un non meglio specificato “dialogo”. Dialogo con chi? Con chi ci odia? Con chi colpisce al cuore le nostre città, la nostra civiltà, massacra la nostra gente? Per favore, che gli irenisti e i dialoghisti a oltranza per una volta tacciano!

Perché gli attentati di Bruxelles hanno causato tanto e persino più dolore di quelli di Parigi, molto più letali? Perché la Francia è un grande Paese, capace di difendersi e di contrattaccare. Il Belgio è un piccolo, civilissimo Paese, aperto a tutti, multiculturale e persino troppo tollerante, non in grado di colpire a sua volta l’origine del male e quindi in definitiva più vulnerabile.

Non posso però nascondere un sentimento scomodo. A ogni attacco, sempre più feroce, ascoltiamo di tutto: indignazione, emozione, pianto, vediamo scene di terrore, i nostri governanti fanno fiere dichiarazioni di fermezza, promettono reazioni a tutto campo. Intanto vediamo marce di protesta, bandiere abbrunate, tributi di lacrime e di fiori, sinceri ma purtroppo inutili a cose fatte. E mi chiedo: ma che cosa stiamo aspettando per reagire? Il mostro del terrorismo non è un fantasma sconosciuto e oscuro: ha un’origine chiara e localizzabile, non si nasconde, rivendica anzi apertamente i suoi crimini, si chiama ISIS, ha la sua sede in una zona definita tra Siria e Irak e ora anche in Libia. Sono qualche migliaia, al massimo qualche decina di migliaia, di fanatici militanti. Di fronte hanno l’intero Occidente, la Russia, il mondo laico e civile. Che aspetta questo mondo a unirsi e schiacciare finalmente la testa dell’idra? Che aspetta questo mondo, che aspettano soprattutto America e Russia, ma anche Unione Europea, Turchia, Egitto, Iran, a superare le loro differenze e unirsi in una vera e propria guerra contro il Male?

Ci sono momenti nella Storia, come al tempo del Nazismo, in cui le differenze di vedute, le ambizioni, i calcoli, anche legittimi, devono essere messi da parte in nome di un interesse superiore e comune, di qualcosa che condiziona la stessa sopravvivenza di quella stessa civiltà che prevede e permette quelle differenze. Chi continua a far prevalere calcoli, egoismi, convenienze miopi, si assume una responsabilità suicida.

Parlando a Cuba, il Presidente Obama ha ripetuto che la priorità ora è combattere e sconfiggere l’ISIS. È ora che mostri che le sue parole divengono fatti.  Il mondo guarda agli Stati Uniti per guidare questo tipo di azione, come lo ha fatto in passato, contro il Nazismo prima e la minaccia sovietica poi. È grazie agli Stati Uniti se siamo ancora cittadini liberi di un libero Paese, in un’Europa libera. Dovremo ora sperare in Putin (e nelle sue mosse sempre ambigue) per superare la minaccia islamista, non meno grave?

Combattere l’ISIS è fondamentale ma, naturalmente, non è tutto. Renzi ha ragione: il nemico è dentro le nostre frontiere, spesso ha la nostra nazionalità. Moltissimo va dunque fatto sul piano interno! Di nuovo, a ogni attentato le nostre Autorità ci assicurano che tutte le misure sono state prese, che l’allerta è stata alzata. Vediamo le nostre città presidiate da agenti dell’ordine e Forze Speciali, con la sgradevole sensazione che si chiudano sempre le porte della stalla quando i buoi sono già scappati. Su queste colonne, l’on. Potito Salatto si è posta una domanda inquietante: come mai, dopo gli attentati di Parigi, che tra l’altro avevano diretti risvolti in Belgio, le Autorità belghe non hanno messo in atto nessuna efficace misura preventiva? Perché solo adesso fanno perquisizioni a tappeto nelle case degli estremisti? Se ne conoscevano nome e indirizzi, perché non si sono mosse prima (penso che ciò accada in Paesi meglio equipaggiati, come l’Inghilterra. E da noi?). Che cosa aspettiamo ad applicare misure di sicurezza prima e non dopo gli attentati che insanguinano le nostre città?

E Renzi ha ragione anche quando invoca la creazione di una forza di intelligence antiterrorista europea. Fa quasi rabbia pensare che è ancora non esiste. Cosa aspettiamo? E Renzi, si limiterà a declamazioni o le tradurrà in proposte rapide, serie, precise? E la NATO? Se non coordina e guida l’azione antiterrorista con la partecipazione americana ed europea e la collaborazione della Russia, con la quale ha fin troppi accordi di consultazione e di dialogo, che credibilità potrà mantenere per i Paesi mediterranei dell’Alleanza?

Poi avrà anche ragione il nostro Presidente del Consiglio, quando sostiene che ad ogni soldo speso per la sicurezza ne va speso uno  per l’educazione e la cultura o, come ora ha precisato, per un’ingente opera di bonifica e riqualificazione delle periferie urbane. Prima o poi si dovrà farlo, ma intanto la priorità è prevenire e combattere il Male con tutta la forza dello Stato. Non è il tempo degli sciacalli, ma neppure delle colombe. È il tempo di un popolo europeo e occidentale, orgoglioso delle sue radici e della sua civiltà, capace di guardare in faccia i suoi nemici e di abbatterli.

©Futuro Europa®

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