La profezia di Fidel

La geopolitica delle Americhe sta cambiando e cambierà sempre più grazie a un Papa che viene proprio da quelle parti e che probabilmente sarà candidato al Nobel per la pace per essere riuscito in questo storico riavvicinamento tra Cuba e gli Stati Uniti.

Ma fare davvero la pace non sarà così semplice; delegazioni di stranieri arrivano sull’isola ogni settimana perché le cose di cui discutere sono molte. E gli avvocati americani si sfregano le mani perché per loro il lavoro è assicurato. Basta pensare alla grande diatriba tra la famiglia Bacardi che rilevò i diritti dei vecchi proprietari della fabbrica di rum Havana club e Pernod Ricard, azienda francese a cui Fidel nel 1992 affido la commercializzazione del rum oltre confine. Insomma c’è di che aspettarsi delle belle, anche in virtù dell’annunciato,  dai francesi, nuovo marchio chiamato “Havanistas” con cui pare siano pronti a invadere il mercato USA. E naturalmente qualche gatta da pelare riguarda i sigari e i loro maggiori compratori. Insomma non sarà una passeggiata. L’embargo ancora esiste e sarà il Congresso a deciderne il futuro, ma nel frattempo gli affari si fanno e i viaggi delle delegazioni si sprecano. Sono appena andati via da L’Avana più di un centinaio di uomini d’affari e politici inglesi, che hanno firmato con il governo locale investimenti turistici per milioni di euro.

Un mercato piccolo quello di Cuba, nemmeno 12 milioni di abitanti , ma con grandi potenzialità e tutto da fare, praticamente vergine. I ristoranti a conduzione familiare, i cosiddetti Paladar, crescono come funghi; si mangia spesso male, ma hanno grande successo; anche i tassisti sono moltiplicati e hanno anche tariffe più care rispetto al passato; l’unica cosa che non è cambiata sono le loro macchine: oltre alle storiche c’è una grande quantità di catorci aggiustati alla meglio che sputano fumo nero dovuto a benzina poco raffinata e filtri che esistono dagli anni Cinquanta. Ma certamente il processo è iniziato e non si fermerà: i cubani intanto preparano progetti di riqualificazione delle loro strade più belle, anche di quelle fuori del centro storico. La famosa Quinta Avenida, bellissima arteria di ottre 7 km che dal Malecon porta verso fuori città a ovest, verrà bonificata e tutte le altrettanto bellissime residenze che ci sono saranno destinate solo ad ambasciate o a qualificati centri di business. Insomma mancano i soldi, non le idee e la materia prima è abbondante.

E Fidel, nella sua comoda tuta, guarda e valuta. Giorni fa ho letto alcune sue interviste del 1973: certamente fu profeta quando disse a un giornalista argentino, facendo sicuramente amara ironia, “gli Stati Uniti verranno a dialogare con noi quando avranno un presidente nero e nel mondo ci sarà un Papa Latino Americano”.

Ecco, la profezia si è avverata: ora, la Storia lo può giudicare.

©Futuro Europa®

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1 Commento per "La profezia di Fidel"

  1. Giovanni Jannuzzi | 6 Maggio 2015 a 18:24:43 | Rispondi

    Cara collega, mi ha dato grande voglia di visitare Cuba. Deve essere interessante assistere a un Paese che in pochi mesi passa dal Medioevo alla contemporaneità. Mi capitò di vederlo a Praga nel 1990 e fu un’esperienza indimenticabile.

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