Cronache dai Palazzi

La battaglia sull’Italicum continua mentre nel Mediterraneo si mietono altre vittime, per cui scatta l’appello al Consiglio d’Europa, al quale Roma chiede un intervento più deciso per fronteggiare l’emergenza profughi. I punti salienti della bozza del piano presentato a Bruxelles sono l’ipotesi della distruzione dei barconi usati dai trafficanti di esseri umani con operazioni “chirurgiche” e il potenziamento dei fondi per le operazioni Triton e Poseidon e Frontex. Non sono esclusi inoltre più controlli nei Paesi di partenza, una banca dati comunitaria che raccolga le impronte digitali dei migranti e accordi per la dislocazione dei rifugiati nei vari Stati Ue.

Renzi sottolinea che con i migranti non arrivano solo innocenti, mentre il presidente Mattarella teme infiltrazioni terroristiche e ribadisce che occorre focalizzarsi sull’emergenza umanitaria senza sottovalutare l’aumento delle cellule dell’Isis che proliferano nei dintorni di Tripoli. Sergio Mattarella in visita in Slovenia – l’unico Paese dell’Unione che contribuì all’operazione Mare Nostrum – nel faccia a faccia con il capo di Stato Borut Pahor tesse quindi le fila di una doppia linea politico-solidaristica, e suggerisce prudenza a Roma per quanto riguarda  il bombardamento mirato dei barconi dei “trafficanti di merce umana” sulle coste della Libia. Si tratterebbe di un’operazione militare molto complessa e problematica – non è escluso che i trafficanti usino i profughi come “scudi umani” – sulla quale piovono interrogativi e perplessità. L’idea è di mettere a punto azioni mirate per distruggere i barconi prima della partenza e il Consiglio europeo ha affidato a Federica Mogherini una missione esplorativa per verificare la fattibilità di un’operazione di questo tipo.

In definitiva, Renzi difende i risultati sulla carta del summit europeo annunciando che per la prima volta prevale “un approccio strategico”. I fondi per le missioni Tritone Poseidon e Frontex risultano triplicati – dovrebbero diventare circa 9 milioni al mese –, una decisione appoggiata anche da Angela Merkel  che ha aggiunto: “Se abbiamo bisogno di più, li metteremo, non falliremo per mancanza di soldi”. La Germania ritiene finalmente prioritaria la “lotta al traffico di esseri umani, combattere contro le cause delle migrazioni, ma soprattutto salvare le vite umane e adottare le misure per riuscirci”.

Si prevede inoltre un maggiore coordinamento dei servizi di intelligence e il rafforzamento della cooperazione con i Paesi dell’Africa centrale – Niger, Mali, Sudan, ma anche Egitto e Tunisia – dai quali spesso provengono i migranti. Non è andato in porto invece l’obiettivo della redistribuzione dei profughi  nei diversi Stati membri dell’Ue. “Esistono dei trattati e non possiamo imporre di imperio una decisione di questo tipo – ha spiegato Renzi – si resta su una base volontaria, ma per la prima volta comunque si affronta e si stabilisce un principio di solidarietà reciproca”. In pratica l’ennesimo accordo suggellato sullo sfondo di migliaia di morti. Una solidarietà che lo stesso presidente del summit europeo, il polacco Donald Tusk, aveva auspicato fin dall’inizio dei lavori.

Il Consiglio europeo ha quindi rafforzato le intenzioni comuni e tutto ciò sembra soddisfare il premier Renzi che auspicava “una risposta organica, strategica e plurale” da parte dell’Unione europea incoraggiandola, fin da subito, a “fare l’Ue non solo quando c’è da fare il budget”. Il Consiglio di Bruxelles, il “dotto club di specialisti tecnici che sanno tutte le dinamiche geopolitiche” non dovrebbero dimenticare di “dare una risposta al dolore”, aveva ricordato Renzi prima di iniziare i lavori del Consiglio.

Lo storytelling renziano continua sul fronte interno. “È  come metadone”, afferma Enrico Letta. Secondo l’ex presidente del Consiglio il premier Renzi “racconta un Paese che non c’è” enfatizzando la percezione della realtà che in questo momento sembra valere più del reale. Renzi continua comunque il suo percorso con l’obiettivo di portare a casa l’Italicum che sta per approdare alla Camera dopo aver superato il vaglio della commissione Affari costituzionali, appositamente ridisegnata eliminando gli ultimi residui della “Ditta”, espressione della minoranza dem.

Il ministro Boschi auspica un confronto franco in Parlamento anche se le prerogative sono tutt’altro che concilianti. Rimane in piedi l’ipotesi della fiducia per evitare fino a 80 scrutini segreti. Se i gruppi rinunceranno al voto segreto il governo è comunque pronto a rinunciare alla fiducia. “È uno strumento previsto dal regolamento e legittimo – sottolinea il ministro per le Riforme riguardo al voto segreto -, ma mi auguro che i partiti rinuncino, le battaglie si possono fare a viso aperto”. Un’esperienza simile risale al 1993, quando sul Mattarellum i vari partiti trovarono un accordo rinunciando così al voto segreto. Il rebus dei numeri è però evidente, tantoché sono circa 40 i sì che ballano. L’Aventino delle opposizioni è pronto a dure battaglie e il primo fronte a colpire è quello dei forzisti che, attraverso la voce di Renato Brunetta, annunciano le loro intenzioni di richiedere “di procedere con voto segreto sulle pregiudiziali di costituzionalità”. E molto probabilmente sarà voto segreto anche sul voto finale.

A questo punto la contromossa di Palazzo Chigi potrebbe essere, con molta probabilità, l’apposizione della fiducia nelle votazioni sui tre articoli del provvedimento facendo così cadere gli emendamenti. I grillini, a loro volta, confermano che “in Aula verranno presentati pochi emendamenti per non fornire a Renzi l’alibi per il voto di fiducia”. Sulla richiesta di rinunciare al voto segreto i pentastellati non sono disposti a fare sconti: “Battaglia a viso aperto come chiede Boschi? Ok, ma ad armi pari. Fuori i 130 abusivi del Pd eletti con il Porcellum”, ammonisce il grillino Danilo Toninelli, primo firmatario della proposta di legge elettorale elaborata dal Movimento, denominata dalla rete Toninellum  che successivamente prenderà il nome di Democratellum. Una proposta depositata il 6 maggio 2014 e illustrata da una delegazione del Movimento 5 Stelle al presidente del Consiglio Matteo Renzi il 25 giugno dello scorso anno. In definitiva una fiducia sulle regole, senza che maggioranza e opposizione si sforzino di convergere verso una condivisione possibile, sarebbe un finale davvero raccapricciante per la politica italiana e alquanto sconfortante per il Paese. Le innumerevoli voci fuori campo soffocano inoltre il dibattito che risulta strozzato nel merito ancor prima di entrare in Aula. Un’Aula alla quale Renzi dichiara : “Non abbiamo mai paura di andare alle elezioni”.

Dal fronte governativo si cerca di gettare un po’ di acqua sul fuoco diffondendo dati positivi sulle assunzioni a tempo indeterminato che, secondo il ministero di Giancarlo Poletti, a marzo sarebbero 54 mila in più rispetto a quelli avviati nel marzo 2014. Dati definiti “confortanti” anche dal presidente della Repubblica: “Naturalmente sono ancora iniziali. Bisogna prenderli con cautela, però incoraggiano la fiducia”, afferma Sergio Mattarella.

Mentre la maggioranza di governo manifesta apertamente il proprio ottimismo, da sindacati e opposizioni piovono critiche e aspre polemiche. “Di quali dati stiamo parlando? Di quelli dell’ufficio stampa propaganda?”, si chiede sarcasticamente la leader della Cgil, Susanna Camusso, mentre Giorgio Ariaudo di Sel parla di “dati usati come spot di distrazione di massa”. Anche per Carlo Dell’Aringa del Pd “non bisogna lasciarsi andare ad un eccessivo ottimismo” perché “si riduce la precarietà, ma non si risolve il problema dell’occupazione”. Maurizio Sacconi di Area popolare mette invece in evidenza “i limiti della fonte amministrativa (i dati del ministero ndr) rispetto a quella statistica (l’Istat)”, e sottolinea che la seconda “fornisce un quadro più esauriente”. Secondo l’Istat, ad esempio, a fine marzo i contratti di lavoro in attesa di rinnovo interessano circa 7,3 milioni di dipendenti, di cui 2,9 milioni nel pubblico.

©Futuro Europa®

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